Sviluppato dalla indie polacca Bloober Team, Layers of Fear è un horror visionario e psicologico. Partendo dall’originale concept dell’arte pittorica, il protagonista di questa avventura in soggettiva si troverà ad esplorare le profondità di una mente distorta e perversa, in una discesa lenta ed inesorabile verso la follia. La visione in soggettiva non fa che ampliare il senso di immersione nella dimora infestata (da un poltergeist? Oppure dalle proiezioni psicocinetiche dell’artista stesso?), in un contesto in cui, con un crescendo di ansia e pathos, anche il solo svoltare un angolo può proiettare in un orrore indicibile.
Non sono un grande fan dei giochi horror (survival o no) ma non perché non mi piaccia il genere, anzi, sono morbosamente affascinato da quel che la mente dei progettisti può partorire: lo considero non solo una forma di alta creatività, ma anche un canale di sfogo per un inconscio che la società ci chiede costantemente di tenere sotto chiave.
Il mio problema, con questi giochi, è che mi spaventano. Mi spaventano molto.
Eppure ne sono attratto, e quindi eccomi ad imbracciare il controller e ad affrontare questi livelli di paura da cui non so bene cosa attendermi.
Non ci metto molto a capire che la notte avrei affrontato un sonno agitato. L’ambientazione (una villa vittoriana del XIX secolo) è ampia ma soffocante per la ricchezza degli oggetti e dei particolari. Davvero eccelsa l’opera di ricostruzione degli interni, come la sala da musica, le cucine e le stanze da letto: chi ha avuto modo di visitare qualche maniero ottocentesco riconoscerà, nel lavoro dei ragazzi di Cracovia, grande cura e passione. Ad aumentare il senso di disagio, poi, ci pensa la tempesta, che fa muovere gli alberi fuori delle finestre, agitando le ombre e dando una luce sinistra all’ambiente. Quindi i suoni, che sembrano provenire da dietro l’angolo, per poi sparire in nulla come ad esempio una porta che sbatte o il pianto di un bambino; infine ci sono le illustrazioni, crude al punto da risultare disturbanti. Personalmente ho trovato davvero agghiaccianti le immagini dedicate a cappuccetto rosso dove la favola, ben nota a tutti, è ripresa nei suoi contorni più macabri che non lasciano nulla all’immaginazione.
Spesso l’orrore è solo latente, appena accennato e per questo assume ancor più forza: talvolta capita di vedere un’immagine apparentemente innocua, senza connotazione ma poi, avvicinandosi e osservando meglio, si ha la sensazione che ci sia qualcosa di “sbagliato”. E allora ci si ferma ad analizzare ed ecco apparire i contorni di qualche particolare che mozzano il fiato e fanno sudare freddo.
Dopo cinque minuti di gioco ero già sulla punta del divano.
Dopo quindici minuti stavo già pensando di metter via il controller e compensare con un episodio di Spongebob.
Eppure non sono riuscito a staccarmi: la voglia e il bisogno di aprire un’altra porta o di svoltare un altro angolo, era troppo forte.
Nella mia prima sessione ho giocato per oltre due ore con i capelli dritti in testa e quel fastidioso formicolio alla nuca che precede la scarica di adrenalina.
In conclusione questo gioco, parte del programma Id@Box e al momento in game preview su Xbox One e Steam, è sicuramente uno degli horror più originali e disturbanti della cur-gen di console. Non è adatto ai deboli di cuore, ma chi ha fegato a sufficienza troverà ottimo pane per i suoi denti.