Quando le arti comunicano
Il cinema è famoso come la settima arte ed è innegabile che, fin dagli albori, abbia saputo declinarsi ed esprimersi in modi sempre nuovi, definendo i propri linguaggi e stilemi ma spingendosi anche oltre i margini, proprio come ogni forma d’arte sa fare.
Talvolta, però, il cinema ha voluto incontrare le sue controparti, omaggiandole e adattandole al proprio linguaggio, dando vita ancora a qualcosa di nuovo e allo stesso profondamente radicato.
E, in questo, cinema e pittura hanno dimostrato in più di un’occasione di avere un rapporto privilegiato e felice.
Sotto questo punto di vista, Profondo Rosso, capolavoro del 1975 di Dario Argento (e che al momento in cui scrivo puoi trovare nel catalogo di Prime Video ma anche di Plex), si dimostra uno degli esempi più riusciti e originali al tempo stesso.
In occasione di Halloween, ho voluto riguardare la pellicola (terrorizzandomi come fosse la prima visione) e ho riscoperto i numerosi legami del film con il mondo della pittura: così, ho pensato di raccontarteli.
Il film
Se non lo avessi ancora guardato, oltre a consigliarti di andare subito a recuperarlo, ti racconto di cosa parla Profondo Rosso: dopo una conferenza sullo spiritismo in teatro, la sensitiva tedesca Helga Ullman, che aveva percepito la presenza di un assassino in platea ma non era riuscita a identificarlo, viene brutalmente assassinata nel suo appartamento.
Il pianista jazz Marc Daly, che si trovava in strada insieme all’amico Carlo, assiste casualmente all’omicidio e si precipita in casa ma non riesce a intercettare il misterioso autore.
Sentendosi coinvolto, Marc inizia la sua personale indagine insieme alla giornalista Gianna Brezzi e allo psichiatra Giordani.
Il legame con la pittura
Se hai già visto il film, sai quanto i quadri rivestano un’importanza fondamentale nella trama di Profondo Rosso. Forse è proprio per questo che tutta la pellicola, nella sua messa in scena, tiene presente il mondo dell’arte pittorica, utilizzandolo per dare vita alle proprie sequenze.
Già l’utilizzo preponderante del colore rosso, chiaro rimando anche al titolo, si collega direttamente alla pittura: il rosso è considerato il colore del sangue, certo, ma anche delle emozioni passionali e incontrollabili, dell’ira e dell’avventatezza. Nel corso di tutto il film, le tinte scarlatte, accese e vibranti, ricorreranno in più di una sequenza.
Ma con il suo film Dario Argento si spinge ancora oltre, omaggiando la pittura in maniera ancora più dichiarata e inequivocabile. È impossibile, infatti, non cogliere il rimando a Giorgio De Chirico e ai suoi quadri nella scena in campo lungo in cui Marc e Carlo parlano davanti alla fontana, vicino al Blue Bar. Tutta la piazza, caratterizzata da prospettive deformate e ambigue, si configura come uno spazio surreale e metafisico, un luogo dell’irrealtà che fa correre la mente al pittore dell’incomunicabilità per eccellenza.
E, a proposito del Blue Bar: è impossibile non notare la sua incredibile somiglianza con quello che appare nel quadro I Nottambuli di Edward Hopper, altro celebre pittore legato ai temi dell’incomunicabilità.
Non a caso, il Blue Bar non è mai esistito: è stato fatto realizzare da Dario Argento appositamente per le riprese.
Il mistero dei quadri
Ma al di là della resa scenica adottata da Dario Argento per il suo film, come dicevo prima, in Profondo Rosso i quadri e la pittura rivestono un’importanza cruciale nell’economia del racconto (non ti spiego il perché, lo scoprirai guardando il film).
Come ogni buon thriller che si rispetti, Profondo Rosso racchiude un mistero legato ai suoi dipinti anche nella realtà. Le opere, infatti, sono attribuite a Enrico Colombotto Rosso, artista torinese celebre per i suoi soggetti distorti e inquietanti e per questo scelto da Dario Argento per il suo film. È ormai accertato, però, che l’accordo per l’utilizzo delle opere sul set non andò a buon fine e il regista chiamò un altro autore, Francesco Bartoli, affinché realizzasse delle copie a partire dalle fotografie conservate dal registe e che vediamo apparire nel film.
Ed è a questo punto che sorge il mistero: che fine hanno fatto i quadri originali? Nonostante Profondo Rosso sia stato girato nel 1975, non è stato ancora possibile rispondere a questa domanda. Dalla produzione hanno sempre dichiarato di non saperne nulla ed Enrico Colombotto Rosso, scomparso nel 2013, non ha mai chiarito il mistero, anche se i suoi parenti in vita hanno dichiarato che in casa loro sono presenti diversi quadri molto simili a quelli visti nel film di Dario Argento. Il mistero resta irrisolto ma la sensazione di angosciante inquietudine che tali opere, originali o copie che siano, continuano a imprimere resta immutata.
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