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GYLT – Significato nascosto

Gylt

Bullismo

Forse questo è uno dei titoli più “facili” da interpretare, almeno tra quelli che ho selezionato per questa rubrica che mi sta tanto a cuore. Tuttavia ho scelto di affrontarlo per due ragioni, primo perché qualcosa potrebbe comunque essere sfuggito, e secondo perché il tema di fondo è secondo me cruciale e la metafora che Tequila Works ha saputo creare è stata a mio avviso delicata e allo stesso tempo potente e funzionale.

Ambientato a Bethelwood, Maine, Gylt è un survival horror che ci mette nei panni di una ragazza alla ricerca della cugina scomparsa. Sulla sua strada un gruppetto di bulli che la spinge a cercare rifugio tramite la funicolare che unisce la vecchia miniera al centro città. Qui incontra uno strano bigliettaio, dall’evocativo nome Charon, e tramite la funicolare giunge in una versione distorta della città e della scuola, in cui ritrova immediatamente Emily, la bambina scomparsa, ma, purtroppo, scopre che questa versione della scuola è infestata da orribili mostri che pietrificano le loro vittime.

Ne sono la riprova i dieci minatori scomparsi che Sally Kauffman, la nostra protagonista, incontra in giro per il campus in stato di pietrificazione (e che potrà liberare grazie ad una particolare pietra collezionabile) mentre raccoglie diari, lettere e disegni che la aiuteranno a comprendere la natura di questo non-luogo che fagocita le persone.

L’indizio principale ci arriva fin dal titolo, quel GYLT che si pronuncia proprio come guilt (e ne è una versione arcaica), colpevole, e che ci mette già sui giusti binari. Altri indizi non sono solo i messaggi minatori in giro per la scuola, scritti un po’ ovunque, ma anche i manichini fossilizzati in pose evocatiche che davvero poco lasciano all’immaginazione.
GYLT è una enorme metafora del bullissimo e dei danni che queste azioni possono causare nelle persone che ne sono vittima.

Ma c’è di più. Per tutta la durata della partita siamo propensi a immaginare Emily come fuggita, persa, a seguito del bullissmo subito, mentre Sally che, essendo più grande, si sente in obbligo di difenderla, ha cercato di proteggerla prima e di salvarla dopo.
Tuttavia man mano che procediamo nella storia, scopriamo che Emily prova un profondo rancore nei confronti della cugina, e se subito non riusciamo a spiegare questa difficoltà nel farsi aiutare, se non come mero infantilismo, nel climax finale scopriremo che invece Sally stessa, pur senza rendersene conto, è una dei suoi carnefici. E per questo ancora più dolorosa e crudele.

Cos’ha fatto di così sbagliato Sally? Principalmente non è stata in grado o non ha avuto la forza di proteggere Emily, ma c’è di più: Emily è stata letteralmente abbandonata da Sally che, di fronte alla scelta se stare con la cugina o restare con i suoi amici, ha scelto questi ultimi. Vigliaccheria? Superficialità? Non lo sapremo mai, ma quel che è certo è che Emily non riesce a sopportare il tradimento di quella che le aveva promesso di starle sempre accanto e di proteggerla. E questo dolore la sconvolge e la fa perdere nella versione distorta di Bethelwood dove viene portata da un enorme mostro fatto di paura e dolore incarnati.

Il finale è straziante: nel momento in cui Emily e Sally, finalmente riconciliate, tornano alla funicolare, Charon rivela loro che solo chi ha il biglietto può fuggire dal mondo incubo. Saremo noi, quindi a decidere il destino delle due bambine e chi deve sacrificarsi restando per sempre intrappolato.
Tuttavia c’è una terza via, per quanto difficile.
Abbiamo parlato dei minatori pietrificati, le cui storie sono altrettanto dolorose e piene di tensione. Liberando ognuno di essi, si ottiene un frammento di biglietto. Se entro la fine saremo riusciti a liberarli tutti e dieci, Charon potrà costruire un nuovo biglietto e consentire a entrambe le bambine di salvarsi.

La miniera

Questo per quanto riguarda la storia esplicita, il plot che possiamo seguire giocando. Ma c’è molto di più da scoprire. Leggendo i diari dimenticati scopriamo come la compagnia mineraria che ha installato la miniera abbia scoperto che all’interno della montagna c’era molto di più che semplici minerali da estrarre.
La miniera stessa era affamata e aveva il potere di far emergere la medesima insaziabile fame in coloro che vi lavoravano.

La montagna si ciba della paura che riesce ad evocare, genera un nuovo mondo, distorto, in cui intrappola le persone e le loro paure e qui ne ruba l’essenza vitale, creando quei quarzi rossi che a Sally servono per poterli liberare dalla loro prigionia. La situazione precipita quando la montagna inizia a collassare e una frana sommerge e distrugge metà della città.
Per la compagnia mineraria è l’occasione di mettere a tacere la scomparsa dei minatori, e quindi costruisce una copia identica della città sull’altro lato della montagna, trasferendo lì tutti i residenti.

Ricominciano le estrazioni minerarie, ma la situazione non migliora: i minatori entro breve vengono nuovamente colpiti dalla maledizione della montagna, perdendo la gioia di vivere, venendo piegati dalle loro stesse paranoie.
Chi ha tentato di salvarsi e di salvare i colleghi è stato allontanato e licenziato.

Scopriamo quindi che la Bethelwood in cui Sally è imprigionata è sì una dimensione alternativa, popolata da creature che sono l’incarnazione di paure, gelosie e paranoie, ma è anche una città fisica, quella che è stata abbandonata dopo il crollo.
Gli indizi c’erano in effetti: in una delle scene esterne si può notare una seconda funivia, capendo così che nella sua fuga per tornare a casa, Sally ha preso quella sbagliata finendo quindi nella città distrutta.

Non è chiaro cosa muova esattamente i fili, però nella sezione finale di gioco, se abbiamo liberato tutti e sei i canarini sparsi nel mondo di gioco, abbiamo accesso a un’area altamente tecnologica posta al di sotto della piazza della città. Qui troviamo una sorta di potere ancentrale imbrigliato da qualche macchinario, che però ha portato alla pietrificazione dell’ennesimo lavoratore.

La storia della bambina

Ma veniamo all’ultimo grande dilemma: la storia di Emily. La scopriamo non solo dai suoi diari sparsi ovunque, ma anche dai disegni che possiamo trovare e recuperare. Da bambine Emily e Sally erano molto unite, poi i genitori si sono trasferiti altrove portando Emily con sé. La bambina ha passato molte ore felici in compagnia del nonno, che amava raccontarle storie meravigliose.
Con la malattia e la morte del nonno, la famiglia torna a Bethelwood e le due ragazze si riuniscono.

Le cose, però, vanno male e iniziano gli atti di bullismo, compresi quelli di Sally, indiretti ma ugualmente dolorosi.
Questo ci dà anche un grande indizio su chi sia Charon. In uno dei diari leggiamo di una testimonianza di una donna dagli occhi luminosi, e l’autore suggerisce che possa trattarsi di un fantasma.
In una delle ultime sequenza, Charon è mostrato proprio con la stessa tipologia di occhi: è il fantasma del nonno, che porta Sally nella Bethelwood distorta per salvare l’adorata nipote.

Questo spiega anche la scena finale in cui le bambine, se riescono a salvarsi entrambe, regalano a Charon l’orsacchiotto di Emily, poco prima che lui sparisca nel nulla, la sua missione compiuta.

Resta un ultimo dettaglio da raccontare: i canarini. Come detto sono sei da trovare e liberare, ma perché?
Per chi non lo sapesse, i minatori portavano con loro una gabbietta con dentro dei canarini, era il loro “salvavita”: se l’aria diventava tossica, i piccoli uccelli erano i primi a cadere e questo per secoli è stato il modo in cui i minatori cercavano di salvarsi la vita dalle esalazioni della montagna.

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