Chi conosce il mondo delle serie animate sa bene che si tratta di un contesto particolare. Spesso ci sono produzioni strutturate e profonde che vengono tacciate perché sembrano “per bambini” e altre che si professano per adulti, ma che diventano presto vuoti esercizi di stile. Non farò nomi per evitare di scatenare guerre civili. A sorpresa, però, un’ottima eccezione a questa regola (speriamo, eccezione ancora per poco) è nata niente meno che dal nostro Paese, e dalla Sicilia non di meno: Il Baracchino.
Recensione
Se anche voi, come diversi di noi in redazione, seguite un minimo la stand-up comedy e la comicità più giovane della scena italiana, quasi sicuramente apprezzerete Il Baracchino. Non era nelle mie aspettative di quest’anno aprire l’app di Prime Video e trovare una serie animata in bianco e nero, in animazione mista, di produzione interamente indipendente e italiana, doppiata e ispirata dagli stand-up comedian (e non solo) che seguo da anni. Ah, ed è pure bella eh!
La vicenda racconta di Claudia, giovane idealista della comicità che decide di ravvivare un locale di cabaret a cui è molto affezionata, appunto, Il Baracchino. Per farlo, cercherà di reclutare un gruppo di comici particolarmente scalcinati, incorrendo nelle ire di Maurizio, unicorno proprietario dello stabile, che ormai nemmeno ci prova più. Proprio a fare niente. In tutto questo, si farà sentire la forte assenza della compianta zia di Claudia, una comica di successo, soprattutto nel cuore di chi frequentava e gestiva il locale, che deve fare i conti con il vuoto lasciato da lei. Insomma, si ride per non piangere, però poi ti tocca.
Facciamo però un passo indietro: da dove spunta fuori questa serie? La storia narra questo: nel profondo del Mediterraneo… l’isola della Sicilia! Qui c’è la città di Palermo, dove Salvo Di Paola e Niccolò Cuccì, per farla breve, creano uno studio di animazione, lo chiamano Megadrago e creano questa brillante stagione di sei puntate. Volete sentire nel dettaglio cosa è successo? Salvo Di Paola (che nel mentre pure lui è diventato comico di stand-up) è stato recentemente ospite al podcast Tintoria dove ha parlato dello studio e della serie, prodotta da Lucky Red.
Ma Tintoria non è solo uno spazio in cui il co-creatore de Il Baracchino ha raccontato il lavoro di animazione, perché tutti i doppiatori della serie sono stati ospiti, prima o dopo, del podcast. E chi non lo è stato, è perché quel podcast lo ha creato. Oltre alla protagonista, doppiata da un’ottima Pilar Fogliati, troviamo infatti Daniele Tinti e Stefano Rapone, ma anche Luca Ravenna, Edoardo Ferrario, Michela Giraud, Yoko Yamada, Frank Matano, lo stesso Salvo Di Paola e ultimi ma non meno importanti, Lillo e Pietro Sermonti. Un cast relativamente piccolo, ma incisivo.
Questo perché i personaggi sono stati quasi tutti creati intorno all’interprete, un po’ come viene fatto in grandi produzioni hollywoodiane e il risultato è ottimo. Non è quell’effetto “persona famosa che doppia un personaggio a caso tanto per fare pubblicità”. L’animazione è al servizio della recitazione e viceversa e da questo rapporto scaturisce un prodotto ottimo.
Non fatevi ingannare però: la serie non è un contenitore di battute e demenzialità gratuita. La brevità degli episodi e il medium dell’animazione aiutano ad avere un ritmo scandito al millesimo, che alterna momenti comici a momenti più drammatici e riflessivi. Anzi, mi viene da dire che la comicità sia più uno sfondo che il centro narrativo della serie. I pugni allo stomaco sono sempre dietro l’angolo, ma anche ottime battute inaspettate che funzionano grazie sia ai dialoghi, sia ai doppiatori. Si può dire che fa riflettere, ma ogni tanto fa pure ridere.
Trama
Come accennato prima, Il Baracchino è questo posto che, a mio parere, mischia un po’ la storia del Derby, storico locale del cabaret di Milano con un nome che richiama il Bagaglino, l’importante compagnia teatrale romana di varietà, che ha dato i natali alla professione di tanti cabarettisti.
Qui, il proprietario Maurizio, unicorno nano, cerca di gestire una barca totalmente alla deriva, vicina ormai ad affondare. Insieme a lui, l’inserviente (letteralmente) Gerri e la ben più motivata Claudia, che ha grandi progetti per risollevare il Baracchino. Questi progetti prevedono di raccogliere degli scalcinati stand-up comedian dalla strada e sfruttarli per creare un nuovo cuore pulsante della comicità nel locale.
Chi sono? Abbiamo Luca, un piccione paninaro milanese che adora battute sul guano e con un’aggressiva appartenenza culturale al mondo volatile. C’è Marco, che è la morte, letteralmente. Sì, il tristo mietitore ha pensato di darsi alla comicità nel suo tempo libero. Nel gruppo, anche Leonardo Da Vinci, il famoso inventore toscano del rinascimento, che per motivi oscuri si diletta con battute scurrili e infine John Lumano, un essere che cerca disperatamente di passare come umano, ma che umano, palesemente, non è. Completano il tutto dei personaggi leggermente meno presenti: fra loro troviamo Tricerita, una femmina di triceratopo molto carina e gentile, Noemi Ciambell (miglior nome a mani basse) una comica femminista un po’ ruvida e Donato, che è un donut parlante. Ultimo ma non meno importante, Larry Tucano, comico idolo dei boomer, che ama fare le tipiche battute sulle mogli.
Non voglio ovviamente dirvi troppo, perché già dal primo episodio ci sono colpi di scena e assurdità che non voglio svelarvi, ma vi posso dire questo: La comicità e la gestione del Baracchino sono un espediente per colmare il vuoto del personaggio più importante della serie: la zia della protagonista, Tatiana. Il rapporto che Claudia e Maurizio avevano con lei e quello che tra i due si è venuto a creare di conseguenza è il centro della storia e non fatevi ingannare dalle apparenze: è un racconto semplice ma profondo, che non lascia niente a considerazioni superficiali e soprattutto non permette mai di pensare che i personaggi siano in qualche modo monodimensionali, neanche i meno presenti.
Stile
L’altro punto forte de Il Baracchino è ovviamente l’aspetto grafico. Quello che colpisce prima è sicuramente lo stile di animazione misto. Il primo parallelo che può solo onestamente venire in mente è quello con Lo Straordinario Mondo di Gumball, che riprende la stessa tecnica di avere personaggi molto variegati con altrettante tecniche di animazione (e a mio modesto parere, anche qualche nota demenziale nelle situazioni). C’è chi è un personaggio di plastilina in stop motion, un foglio di carta ritagliato, in animazione 2D o 3D, animato a framerate diversi, con texture fotografate o disegnate in vari stili o addirittura, c’è John Lumano che è direttamente una marionetta con tanto di fili.
Altra cosa molto interessante, è il bianco e nero usato per tutta (?) la serie, che è semplicemente perfetto e grazie anche alla varietà estetica dei personaggi, risulta sempre molto vibrante. È una scelta particolare e per certi versi coraggiosa, ma ha un senso e credo che potrebbe anche evolversi in una auspicabile futura seconda stagione.
A livello di dialoghi e storia, la serie entra perfettamente nelle mie corde: una comicità fresca, non forzata e ammiccante quanto basta. A fare da contraltare, parecchi momenti seri, tristi e riflessivi. Sicuramente più di quanti potessi pensare inizialmente. Il Baracchino è anche però costellato di chirurgiche citazioni e inside jokes: ad esempio, vediamo Maurizio, che come il suo doppiatore Lillo, si diletta nella pittura di miniature nel suo tempo libero oppure le piccole chicche di Marco, la morte, che riceve una chiamata che è palesemente collegata al suo interprete, Stefano Rapone. Non mancano rimandi a famosi tormentoni della comicità e meta-dialoghi che minano pericolosamente la stabilità della quarta parete, passando per spiazzanti e divertentissime scurrilità e momenti di nonsense perfettamente sensati nel contesto del locale.
In conclusione
Da incuriosito e poi da interessato, Il Baracchino mi ha conquistato. Il profumo delle migliori serie animate dell’orbita di Cartoon Network unito alla miglior fotografia della stand-up comedy italiana è una ricetta vincente, arricchita da una qualità tecnica senza precedenti e da una brillantezza generale che rendono questa serie un gioiellino di sei episodi. Spesso, mi sono trovato di fronte a prodotti animati che, anche se apparentemente fuori target, mi hanno dato più di innumerevoli serie e film in live action. Penso soprattutto al buon Adventure Time, che dietro un’estetica surreale e scanzonata, nascondeva un racconto di introspezione e consapevolezza che non si vede dall’esterno. Con il suo semi-seguito uscito su HBO Max, Fionna & Cake, ho capito definitivamente che la maturità e la profondità non sono esclusive di una forma tradizionalmente “per adulti”.
Se un cosiddetto cartone animato, tutto colorato e con le faccine, poteva lasciarmi in quelle condizioni, significa che non c’è limitazione stilistica alle belle storie e anzi, a volte lo stile apparentemente discordante può essere un punto a favore della narrazione. Credo che questa sia la qualità maggiore de Il Baracchino. L’animazione mista, per quanto pazza, è un armadio di maschere per ogni personaggio. Ogni stile permette un’espressività con connotazioni e sfumature diverse. Luca il piccione non può fare le stesse espressioni di John Lumano e questo li rende più vivi e più veri di quanto avrebbe fatto la stessa identica storia raccontata tutta, magari, con lo stile usato per animare Claudia o Jerry Tucano.
Detto ciò, devo essere sincero: questa è una serie tendenzialmente per adulti, possibilmente giovani. E ciò la rende un tentativo direi unico nel nostro Paese e oserei dire raro nell’intera scena europea. Una serie animata originale, italiana e fatta da giovani, prodotta, fra tutti i posti, in Sicilia è da applausi, anche solo per il coraggio. Aggiungiamoci che è pure bella e ti resta dentro, cavolo. Spero proprio che arrivi ad avere almeno due stagioni. Così una la guardo (e pure le altre).
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Nerdando in breve
Il Baracchino è una serie animata tutta italiana, disponibile su Prime Video, che racconta un tentativo di far rinascere il locale del titolo con un rostro di stand-up comedian improbabili e sgangherati. La particolare animazione mista in bianco e nero è il fiore all’occhiello di questa perla ricca di emozioni, che potrebbe arrivare a strapparvi una risata, fra una lacrima e l’altra.
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