Recensione
Sviluppato dal team cinese Pollard Studio, Karma è un horror psicologico che segna il debutto del giovane gruppo di sviluppatori intenti a esplorare la percezione del sé all’interno del mondo e di come questo cambi modificando le variabili che lo descrivono.
Come suggerisce il nome del titolo, c’è una profonda correlazione tra cause ed effetto che guida gli eventi del gioco, condizionando direttamente le relazioni tra i personaggi e la loro timeline.
Costruire avventure story-driven, con fortissima componente narrativa, sarà il marchio di fabbrica di questo Studio, nella continua esplorazione e scoperta di come ogni singola decisione possa influenzare l’intero mondo, con l’obiettivo di regalare ai giocatori un profondo sistema di immersione, scoperta ed emozione che si rifletta nel mondo reale.
Trama
Quello che inizia come un altro caso per l’agente Roam Daniel McGovern, lo vede sotto copertura in un mondo di inganni e tradimenti, dove tutto ciò che si conosce inizia a essere messo in discussione, compresa la propria identità.
Questo incipit non lasciava presagire nulla di buono, ma la realtà quotidiana del nostro protagonista è persino peggiore. Per sommi capi: quando ci svegliamo, scopriamo di non ricordare chi siamo ma la ricerca della nostra identità è solo ad un paio di cassette (quelle del walkman) di distanza. Inizia così un lento e inesorabile percorso tra i ricordi, un percorso non lineare in cui passato e futuro vengono fruiti in ordine sparso e in cui dovremo essere bravi a raccogliere i più piccoli indizi per dipanare una matassa quanto mai ingarbugliata.
Ben presto ricorderemo quindi il nostro nome: Daniel, e come le nostre abilità sono messe a frutto dalla Leviathan Corp, un ente governativo in confronto al quale la Stasi della Germania Est sembra un campeggio e i suoi agenti boy scout. Non solo ogni azione dei cittadini è strettamente monitorata passo per passo, ma nemmeno i pensieri più reconditi sono esenti da accurata indagine. Guidati da una potente ed eterea IA chiamata prosaicamente Mother, le nostre indagini non si limiteranno ad azioni investigative classiche, ma avremo modo di entrare negli anfratti della mente dei sospettati, e non sempre sarà facile distinguere cosa è reale e cosa no, cosa è frutto dell’immaginazione o semplice incubo e cosa invece rappresenta una vera minaccia alla nostra salute (fisica e mentale).
Muovendo i passi in questo mondo onirico che non disdegna strizzare l’occhio alle visioni di Lynch, KARMA: The Dark World è sì ambientato durante una ucronica Guerra Fredda in cui gli scienziati dell’Unione Sovietica hanno fatto passi da gigante, ma è anche un chiaro e lampante campanello d’allarme per quella che non sembra essere eccessivamente fantascienza.
Se esplorare la mente diventasse uno strumento da interrogatorio, come potremmo mai difenderci dagli agenti di un’intelligenza superiore in cui i mezzi sono sempre giustificati da un fine oscuro e inquietante?
Gameplay
Si comincia con quello che sembra un walking simulator, ma che ben presto lascia il campo ad esplorazione, investigazione e puzzle. C’è davvero molto da scoprire e da fare e raramente le risposte sono chiare come avremmo sperato.
Ci muoviamo in un ambiente inquietante e bizzarro, che oscilla pericolosamente tra le suggestioni (spaventose) di 1984 e i deliri onirici del grande maestro David Lynch. Allo stesso modo non è inusuale vedere cambiare il mondo attorno a noi e quel che avevamo appena esplorato può improvvisamente svelare nuovi e inattesi indizi da raccogliere per comporre il quadro d’insieme.
Allo stesso modo avremo accesso alle memorie degli indagati e dovremo ricostruire le loro vite per scoprire quanti stanno mentendo o dicendo la verità, quanti sono pericolosi sediziosi o invece fedeli lavoratori della Leviathan Corp. E non sarà sempre facile distinguere tra amici e nemici. Il tutto mentre verremo portati a dubitare anche di noi stessi e della nostra missione.
KARMA: The Dark World si gioca in prima persona, con esplorazione non lineare che mi ha ricordato Layers of Fear (anche per i corposi jump scare che hanno turbato la quiete di casa mia). Il livello di tensione è pressoché costante, grazie anche ad un comparto sonoro di ottimo livello che sottolinea in modo marcato i diversi passi che compiremo.
Comparto tecnico
KARMA: The Dark World è sviluppato da un team relativamente piccolo, 19 persone, che hanno messo davvero tutto in questa produzione indipendente. Non siamo davanti a un’opera perfetta, ovviamente, che però sfrutta in modo diligente le proprie limitazioni trasformandole in punti di forza.
Mi riferisco, ovviamente, ai classici muri invisibili: quel piccolo ma onnipresente espediente che limita l’esplorazione ad ambienti più piccoli di quanto non sembrino. Lo abbiamo visto in mille titoli (principalmente non open world) ed è da sempre una delle sfide più grandi per ogni studio: far sì che il giocatore non venga strappato dall’illusione che sta vivendo, quando va a sbattere contro un confine “tecnico”.
Allo stesso modo ho trovato davvero intrigante il modo in cui lo studio si è concentrato su pochi volti a discapito di una grande quantità di personaggi: è normale vedere poca cura nei poligoni dei comprimari, o texture ripetute o sagome abbozzate o tenute sullo sfondo per celarne i minori dettagli. Qui è stata invece sfruttata tanto la dinamica onirica (i personaggi come statue di legno) quanto la metafora dello schermo (ancora rimandi a Orwell) che non solo non stonano, ma anzi arricchiscono di contenuto l’intera opera.
Insomma: quando fare di necessità virtù, diventa un punto di forza.
Lato controlli devo dire che non ho riscontrato grossi problemi: i cue point sono abbastanza evidenti e questo ci aiuta nell’esplorazione e nella raccolta dei collezionabili. Allo stesso modo non mi è capitato di restare bloccato più di tanto, giusto il tempo di spremermi le meningi per capire qual era il meccanismo nascosto dietro un puzzle e poi via con il prossimo. Coi comandi, dicevo, siamo molto vicini al walking simulator a cui, però, si aggiunge la “corsa” (che non è proprio in stile olimpionico, ma ci consente di muoverci un po’ più rapidamente).
Seguendo questa logica, niente hud di gioco, a parte uno scarno menù in cui rivedere le note raccolte e gli oggetti in nostro possesso, per cui tutto lo schermo è dedicato al gioco, la cui immersività totalizzante è uno degli obbiettivi dichiarati da Pollard Studio.
Ottima la colonna sonora del gioco, che è disponibile anche su un video Youtube del canale di Wired Productions.
Conclusioni
Fin dai primi trailer, KARMA: The Dark World si è mostrato capace di suscitare davvero tanto interesse (online sono presenti decine di video dedicate alla demo disponibile pre-rilascio) e devo dire che anche le mie aspettative erano decisamente alte. Ebbene: sono felice di dire di non essere stato deluso.
Sicuramente l’ambientazione ha fatto molto, ma ho apprezzato la capacità con cui lo studio è stato capace di mescolare tematiche diverse, come l’Intelligenza Artificiale e le sue implicazioni morali, di fatto modernizzando la visione distopica di Orwell, con le suggestioni oniriche di Lynch e, perché no, un pizzico di body horror alla Cronemberg.
Avrete notato come i personaggi del mondo in cui ci muoviamo appaiono (non tutti) rappresentati con un televisore al posto della testa: qui la metafora si fa davvero potente e mi ha richiamato immediatamente alla memoria la critica sociale di Romero con i suoi “zombi” consumisti.
Insomma: questo titolo mi ha sicuramente centrato e le piccole sbavature tecniche sono davvero di poco conto in confronto alla capacità che ha avuto di assorbirmi al suo interno.
Mi sento di consigliarlo agli amanti dell’ucronia, delle storie immersive e disturbanti. Agli appassionati del cinema di Lynch e naturalmente a tutti coloro che sotto sotto hanno paura che il Grande Fratello (o grande Madre in questo caso) esista davvero.
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Nerdando in breve
KARMA: The Dark World è un horror psicologico immersivo che mescola Orwell con Lynch.
Trailer
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