Sebbene sia un’appassionata di videogiochi e mi piaccia parlarne e scriverne, ammetto di non essermi mai interessata particolarmente agli eventi che li riguardano. Prima della conclusione del 2024, però, sono venuta a conoscenza dell’Indie Cup Europe grazie alle storie Instagram di Giulia Martino, aka la @gamergiurista, la quale è riuscita ad accendere in me una curiosità tale che mi ha spinto a chiederle un’intervista per saperne di più su questo festival e soprattutto sulla sua esperienza di giurata.
Per chi non la conoscesse, Giulia Martino non è solo una giurista, da qui parte del suo nickname, ma anche una scrittrice e game critic che collabora con quotidiani, come Il Manifesto, e con le più importanti testate della stampa italiana specializzata nel gaming, tra cui FinalRound, per cui cura la rubrica mensile Radar, dedicata ai videogiochi indipendenti più interessanti in uscita entro il mese successivo. È giurata in competizioni nazionali e internazionali dedicate ai videogiochi, tra cui Red Bull Indie Forge e Indie Cup, pertanto non potevo rivolgermi a persona migliore per soddisfare tutte le mie curiosità attraverso un’intervista scritta.
Kiarakala: Ciao Giulia, grazie ancora per aver accettato di rilasciare questa intervista, partirei con una domanda semplice per spiegare a chi ci legge quello che è l’argomento cardine di questa “chiacchierata”. Che cos’è l’Indie Cup?
Giulia Martino: Indie Cup è un festival dedicato a videogiochi indipendenti (quindi piccole produzioni, lontane dai budget dei titoli tripla A) provenienti da varie aree geografiche, a seconda dell’edizione. È organizzato da GTP Media da ben otto anni a questa parte e, nel corso del tempo, ha visto la partecipazione di più di 2.400 videogiochi. È completamente gratuito per gli sviluppatori ed è monitorato da publisher e stampa; è un’ottima occasione per dare visibilità al proprio progetto in corso di produzione. Hanno partecipato a Indie Cup quelli che poi sono diventati grandi nomi del panorama del videogioco indipendente: Balatro, The Rise of the Golden Idol, 1000x Resist, Chained Echoes, A Little to the Left, Melatonin, Paper Trail, Inkulinati, Slay the Princess, giusto per citare alcuni nomi.
K: Questa è la quarta volta che rivesti il ruolo di giurata, potresti spiegarci come avviene la fase di giudizio, visti i numerosi giochi in gara?
G: Il numero di videogiochi in gara dipende molto dall’edizione. A Indie Cup Europe ’24 hanno partecipato ben 451 titoli, mentre nell’edizione appena conclusasi di Indie Cup Ukraine ’24 i videogiochi in gara erano 63. È logico che l’area europea complessivamente considerata fornisce molti più candidati! Ogni edizione di Indie Cup si articola in due fasi: durante la prima si dà uno sguardo ai trailer e ai video di gameplay (spesso commentati dagli stessi sviluppatori) dei giochi in gara, ed è facoltativo provare le demo eventualmente messe a nostra disposizione; durante la finale, invece, si provano le demo dei finalisti e si fornisce un feedback scritto ai dev. Quest’ultimo è un aspetto molto apprezzato, perché in giuria ci sono giornalisti, critici, sviluppatori, producer, content creator, esperti di marketing, manager: insomma, si ottengono delle opinioni molto sfaccettate, frutto dell’expertise di ciascuno dei professionisti presenti in giuria.
K: Quali effetti ha questo ruolo nella tua vita, sia come critica videoludica che come videogiocatrice?
G: Partecipare a Indie Cup mi permette di tenermi aggiornata su ciò che “bolle in pentola” nello spettacolare calderone dello sviluppo indipendente di ogni regione geografica toccata dal festival. Ho partecipato in qualità di giurata a Indie Cup Canada ’23, Indie Cup Ukraine ’23, Indie Cup Europe ’24 e Indie Cup Ukraine ’24: in tutte le edizioni sono rimasta stupita dalla creatività dei dev e dalla molteplicità di idee di design messe in campo, oltre che dalla varietà di temi trattati. In particolare, a livello personale sono molto toccata dalle storie degli sviluppatori ucraini, che in poche righe di bio riescono a condensare percorsi spesso tortuosi fatti di resistenza e grande, grandissima tenacia.
K: Su Atacore.it hai parlato dei giochi finalisti che ti hanno colpito di più nel corso di Indie Cup Europe ’24 (ci tengo a specificarlo), tra questi hai nominato titoli che hanno catturato assolutamente anche la mia attenzione per esempio Hollow Home, Phonopolis e The Darkest Files. Ma mi piacerebbe sapere tra i vincitori qual è il gioco di cui attendi attendi maggiormente l’uscita e perché?
G: L’edizione di quest’anno di Indie Cup Europe è stata ricchissima di sorprese. Sono stata felicissima di provare le demo di Phonopolis e di The Darkest Files, in particolare, per ragioni molto diverse. Nel caso di Phonopolis, ho apprezzato la matericità del lavoro di Amanita Design (autori di Samorost, Botanicula e Chuchel, tra gli altri): immaginate 1984 di George Orwell, ma completamente interattivo, coloratissimo e fatto tutto di cartone. Pura bellezza. Attendo ancora di più The Darkest Files, la cui uscita è prevista nei primi mesi del 2025, perché parla di una delle vicende giudiziarie più sconvolgenti del Novecento: l’operato della squadra del pubblico ministero tedesco Fritz Bauer, fondamentale per assicurare giustizia a tante vittime del regime nazista. Fu Bauer a scoprire, nel 1957, il recapito del criminale di guerra Adolf Eichmann, fuggito in Argentina. The Darkest Files mi pare molto più rigoroso di altri titoli investigativi che inseriscono processi al loro interno; quelli di titoli come la serie Ace Attorney sono assolutamente non realistici. Non c’è nulla di male, ma da giurista non vedo l’ora di trovarmi in un’aula virtuale a sostenere le argomentazioni del mio caso con indizi dotati di verosimiglianza storica.
K: Giochi come Hollow Home, Phonopolis e The Darkest Files trattano argomenti un po’ scomodi come la guerra in Ucraina, le dittature, distopiche e non, e temi politici. Secondo te è vero che i giochi indie osano di più nella scelta dei temi da trattare rispetto ai giochi tripla A delle majors?
G: Rispondo senza esitazioni: sì. È verissimo. Ritengo che ogni scelta di game design e tematica abbia aspetti politici: Call of Duty è un gioco fortissimamente politico. Tuttavia, si inserisce all’interno di un filone che fa capo in via diretta alla propaganda imperialista statunitense, tanto che la serie ha forti legami produttivi con il Pentagono e si è sempre avvalsa della consulenza di esponenti dell’esercito degli Stati Uniti d’America. Siamo abituati a questo “rumore di fondo” che mira, ad esempio, a delegittimare molte popolazioni del Medio Oriente – rappresentandole come popoli di terroristi – e spesso non ci facciamo caso. Il punto è proprio questo: rafforzare dei messaggi politici senza che la popolazione ci faccia caso. Meno si dà nell’occhio, meglio è; lo sciroppo deve avere il sapore più neutro possibile affinché la popolazione continui a berlo senza fare storie. Ecco, videogiochi come Hollow Home, che ricostruisce il dolore della popolazione ucraina nei primi mesi dell’invasione russa su larga scala iniziata nel febbraio 2022, o The Darkest Files, che prende di petto temi come il totalitarismo e il nazismo in un periodo in cui l’estrema destra è sempre più forte in Germania, Austria e molti altri Paesi europei (e non solo), fanno scelte estremamente coraggiose, e per questo sono davvero importanti.
K: Dopo aver partecipato a quattro edizioni, hai notato grandi differenze rispetto alle due precedenti, svolte nel 2023?
G: Le modalità di svolgimento di Indie Cup Canada ’23, Indie Cup Ukraine ’23, Indie Cup Europe ‘24 e Indie Cup Ukraine ’24 sono state le stesse. Certo, nella prima fase di Indie Cup Europe ’24 mi sono ritrovata con più di duecentocinquanta titoli nella mia categoria, Critics’ Choice, e la prima fase di analisi è stata davvero impegnativa! Naturalmente abbiamo avuto più tempo per farci la nostra idea e girare agli organizzatori la lista dei nostri videogiochi preferiti: Indie Cup Europe ’24 ha richiesto molto più tempo per il suo svolgimento rispetto alle altre edizioni del festival a cui ho partecipato.
K: Cosa ti piacerebbe vedere di più nelle edizioni future dell’Indie Cup?
G: Sono molto felice delle modalità di svolgimento del festival, in linea generale. Mi piacerebbe se si riuscisse ad arricchire ogni edizione con live su Twitch e talk: per capirci, un po’ come si fa in Italia con gli IVIPRO Days, ma anche in convention su Steam come LudoNarraCon. Non è semplice, naturalmente, anche perché GTP Media è un’organizzazione che ha sede in Ucraina: trovo che stiano già facendo un lavoro eccellente.
K: Mi piacerebbe ora farti invece delle domande che riguardano il tuo lavoro e la tua vita da gamer.
Scrivi di videogiochi, un lavoro che immagino nasca in primis da una passione, qual è l’origine di questo amore per i videogiochi?
G: Sono una videogiocatrice appassionata fin da quando ero bambina. La mia famiglia ha sempre dedicato attenzione e interesse a questo mio amore, sicuramente anche perché non ha mai pregiudicato i miei risultati scolastici! Magari in caso contrario le cose sarebbero andate diversamente… Essere cresciuta in un ambiente dialogante e stimolante mi ha “legittimata” senza alcun problema a videogiocare. Non l’ho mai trovato strano e non me ne sono mai vergognata, come so che è invece successo ad altre mie conoscenze. Paradossalmente, sono dovuta arrivare all’età di quasi trent’anni, quando ho iniziato a scrivere di videogiochi, per sentirmi dire che “i videogiochi non sono una passione da ragazze”. Se lo dico ai miei genitori – ed entrambi hanno più di sessant’anni! – si mettono a ridere!
K: Recensire videogiochi è spesso visto, dai non addetti ai lavori, come il lavoro dei sogni, ma è davvero tutto rose e fiori come si crede?
G: Assolutamente no. Come dico sempre, non bisogna farsi mettere i piedi in testa: se una realtà ti chiede di lavorare gratuitamente, non è una realtà seria. Il lavoro va pagato in maniera giusta: lo dice la nostra Costituzione. Da questo punto di vista, personalmente mi sento soddisfatta. Lo sono molto meno sul piano collettivo: spero che sempre più persone si rifiutino di lavorare gratuitamente per realtà che fanno soldi sulla loro pelle.
K: Abbiamo tutti dei giochi che ci hanno colpito particolarmente e giocarli è stata un’esperienza così intensa che vorremmo non solo condividerla con altri ma addirittura dimenticarla per potere rivivere tutte le emozioni provate la prima volta.
Quindi, per concludere l’intervista, qual è il gioco che ci vuoi consigliare e che vorresti dimenticare di aver giocato per poter rivivere da zero le emozioni provate?
G: Sicuramente Kentucky Route Zero. È uno dei (pochi) videogiochi che parlano concretamente della mia vita. È talmente tanto reale che in alcuni punti mi sono messa a urlare per la disperazione e ho dovuto spegnere la Nintendo Switch. Eppure, tornavo lì dopo pochi minuti. Per me è stata una lunga seduta da uno psicologo che mi ha detto tutto ciò che avevo bisogno di sentirmi dire. Me lo ha detto in faccia, chiaro e tondo. Kentucky Route Zero rispecchia tutte le qualità che cerco in una persona cara: ha le idee chiare, è onesto e diretto, sa pure essere brutale quando serve, ma è sempre profondamente poetico.
Ringrazio ancora di cuore Giulia Martino per aver soddisfatto tutte le mie curiosità rispondendo a tutte le mie domande e spero che questa intervista abbia incuriosito pure voi sull’Indie Cup e i videogiochi in gara. Io sicuramente ora vado a spulciarmi per bene il sito dell’Indie Cup e proverò qualche demo.
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