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Clock Tower: Rewind – Il ritorno dell’orrore

Recensione

Correva l’anno 1995 quando a qualcuno, in terra nipponica, venne una brillante idea: quali sono due cose che piacciono a tutti? I giochi punta e clicca e gli horror. Benissimo: uniamoli in un videogioco solo.
Il termine survival horror sarebbe stato coniato solo l’anno dopo, durante la campagna per il lancio del primo Resident Evil, ma i ragazzi di Human Entertainment avevano visto lontano.
Oggi, a distanza di davvero tanti anni, esce per tutte le piattaforme il porting del celebre Clock Tower: The First Fear con un nuovo nome: Rewind.

Trama

In Clock Tower: Rewind vestiamo i panni della giovane e bella Jennifer Simpson, una ragazza orfana che, con le sue amiche, viene adottata dal misterioso Simon Barrows, uomo molto ricco ed estremamente riservato. La loro tutrice, Mary, porta le ragazze attraverso un fitto bosco fino alla magione Barrows per far la conoscenza del loro benefattore.
Tuttavia le cose precipitano rapidamente: dopo essere state lasciate sole, Jennifer va alla ricerca di Mary, per poi scoprire subito dopo che anche le sue compagne sono scomparse.

Inizia così per Jennifer una lenta discesa verso l’orrore e i misteri che circondano il maniero. Un orrore fatto di immagini inquietanti, scoperte sconvolgenti e soprattutto tanta, tanta adrenalina scatenata da un losco e distorto individuo armato di un paio di forbici imponenti con le quali porrà termine alla vita della nostra povera ragazza, se non sarà abbastanza rapida da fuggire, scaltra da nascondersi, forte da ribellarsi al suo inseguitore.

Gameplay

Come detto siamo davanti ad un classico punta e clicca a due dimensioni, con componenti “action” in cui dovremo fuggire o comunque reagire molto rapidamente. Il confronto con Bobby, il mostro armato di forbici, è solo uno degli elementi che spezzano il ritmo esplorativo, calmo e compassato, classico delle avventure grafiche, ma sicuramente anche il più frequente. A nostra disposizione la possibilità di scappare o nascondersi, esplorando la casa, infatti, troveremo diversi elementi ambientali adatti allo scopo. Possiamo anche tentare di fronteggiare l’avversario, ma dovremo essere rapidi coi comandi. In caso di morte, si riparte dall’ultima stanza esplorata.

Come tutti i punta e clicca che si rispettino abbiamo abbondanza di enigmi e puzzle. Alcuni abbastanza semplici, altri un po’ più contorti da risolvere. Non sempre le cose che faremo avranno buoni risultati, ma quasi tutte ci porteranno verso uno dei molti finali a disposizione.
Clock Tower: Rewind vanta infatti ben nove finali differenti e non tutti piacevoli. Molto dipende dall’ordine in cui svolgeremo le cose e dalle decisioni che prenderemo. In alcuni casi possiamo anche fuggire anzitempo, arrivando a rapida conclusione senza però aver sviscerato tutti i segreti del gioco.

Ogni partita, poi, presenta degli elementi di randomicità che rendono diversa l’esperienza del giocatore: gli elementi possono spostarsi di partita in partita e persino le stanze possono trovarsi in posizioni differenti.
Le combinazioni, quindi, sono molte e tutte da esplorare, cosa che garantisce davvero un’ottima longevità a questo titolo.

Comparto tecnico

Iniziamo con le note dolenti. La grafica è sicuramente un punto di forza e si accompagna ad una colonna sonora di primo piano. Tuttavia gli effetti sonori sono abbastanza “vecchi” (se non proprio queli dell’epoca) e risultano decisamente stereotipati.
I comandi sono poco precisi e non sempre la nostra Jennifer fa quello che ci saremmo aspettati. La gestione dell’inventario (nella mia prova su PC) è abbastanza nefasta e rende l’esplorazione quanto meno frustrante.

Aggiungo anche che la comparsa di Bobby, oltre a far venire dei sacrosanti infarti, è gestita sia in modo scriptato che randomico. Alcune azioni esplorative danno il via alla comparsa del “mostro”, ma non è detto che di partita in partita lo facciano apparire. Questo è bene, rende il tutto dinamico e imprevedibile, tuttavia l’implementazione è piuttosto naif: mi è capitato di scappare attraverso un pertugio, tornare indietro e invece di sbattergli direttamente sulla faccia, scoprire che era scomparso nel nulla. Questo era sicuramente logico negli anni ’90, ma adesso risulta difficile da digerire. Ricordate le polemiche sulle capacità di “teletrasporto” di Mr. X di RE2?

Stiamo parlando di altra produzione e altra levatura, me ne rendo conto. Tuttavia è innegabile che spezzi un po’ il ritmo e che ci strappi dall’illusione in cui ci siamo chiusi avviando il titolo. Nel complesso l’esperienza di gioco risulta poco fluida, legnosa ed imprecisa nella risposta dei comandi: a volte troppo lenti nel reagire come vorremmo e forieri di prematura dipartita della povera Jennifer.

Al netto di questi elementi, resta comunque un titolo godibile se siete amanti dei classici e se subite il fascino dei giochi retrò.

Conclusioni

Clock Tower: Rewind è chiaramente ispirato a due classici dell’orrore nostrano, che omaggia a piena mani. Il primo è sicuramente Suspiria, di Dario Argento: lo riconosciamo nella trama di fondo e nella protagonista che condivide nome e aspetto con l’attrice originale (Jennifer Connelly). Il secondo è la più celebre delle pellicole del maestro romano: Profondo Rosso, a cui si ispira chiaramente per la figura di Mary. I rimandi non finiscono qui, ma non voglio spoilerare alcunché.

A valle di tutte le considerazioni, molto di questo titolo deve al romanticismo retrò della scelta stilistica, dei rimandi ai classici del passato di cui per molti versi è stato persino apripista (seppur la versione originale non venne distribuita fuori dal Giappone). Resta sicuramente un prodotto di nicchia, che mostra il fianco al tempo passato nonostante possa fregiarsi di una colonna sonora eccellente e una graphic art spettacolare.

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Nerdando in breve

Clock Tower: Rewind fonde avventure grafiche e survival horror.

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