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Songs of Conquest – Heroes of Might and Magic ha finalmente un degno erede?

Recensione

Anche se non conoscete Songs of Conquest, è molto probabile che conosciate Heroes of Might and Magic, un nome praticamente mitologico in ambito videoludico.

Se, come me, gironzolavate nel mondo videoludico sul finire degli anni ’90, quasi certamente avrete incrociato, anche solo per sentito dire, questa saga che per più di un decennio rappresentò uno dei punti apicali del genere della strategia a turni, grazie ad un equilibrio perfetto di meccaniche, ambientazione e coinvolgimento, tanto da essere ancora giocatissima nonostante il suo capitolo più famoso, il terzo, sia uscito nel 1999 (anche il quinto si difende bene, ndr).

È lampante che trovare un erede ad una saga così importante, dopo che essa stessa langue di nuovi capitoli da ormai quindici anni, possa essere un’impresa ardua; la buona notizia è che un gruppo di sviluppatori dal freddo nord dell’Europa, armati di talento e di uno sconfinato amore per questa saga, probabilmente sia riuscito a  crearlo.

Loro si chiamano Lavapotion, e questo è Songs of Conquest, che dopo due anni passati in accesso anticipato esce ora in versione completa su Steam e ci offre una celebrazione di quei mitici titoli “di una volta” con un tocco di modernità.

Gameplay

Songs of Conquest, se siete veterani dei già citati classici, vi farà sentire a casa.

Innanzitutto, le modalità di gioco constano di quattro campagne e della possibilità di customizzare la nostra partita per intero, su scenari predefiniti o generati in modo procedurale, in locale o in multiplayer, come si confà ai titoli moderni.

Le campagne, che nel gioco base sono appunto quattro, si concentrano ciascuna su una delle quattro fazioni presenti nel gioco; pur non avendole ancora terminate, e tra poco vi spiego il perché, posso sicuramente dirvi che sono il miglior modo di imparare il gioco e soprattutto le differenze tra gli schieramenti, ciascuno ottimamente caratterizzato e ben distinto dagli altri per tipo di approccio alla partita.

Quattro fazioni, quindi: gli Arleon, classici umani da fantasy; la Baronia di Loth, che schiera negromanti e non-morti; Barya, dal design esotico, tra ogre corazzati e moschetti; infine, i Rana, credo i miei preferiti, uomini-ranocchio che in difesa subiscono ma in attacco spaccano. Vi garantisco che amerete giocarle tutte, date le peculiarità caratteristiche che si riscontrano a livello di truppe e gestione delle battaglie.

Vi starete chiedendo: va bene tutto, ma come si gioca? In soldoni, avremo il nostro eroe, qui chiamato Branditore che, al comando delle sue truppe gira per la mappa esplorando, gestendo insediamenti e combattendo, in vista del raggiungimento di un obiettivo (nelle campagne) o della sconfitta dell’avversario. Il tutto si svolge a turni: il Branditore avrà un certo numero di punti movimento da spendere per muoversi sulla mappa, finiti i quali non resterà altro che passare il turno ed attendere il movimento dei nemici.

Le mappe sono ricche di posti da esplorare.

L’esplorazione è sempre stata uno dei pilastri fondamentali dei vecchi HoMM, e anche qui la formula si conferma vincente: amerete spingervi sempre un po’ più in là, alla ricerca di oggetti, materiali e rovine da razziare, conquistando nel contempo villaggi ed avamposti che saranno la fonte dei nostri introiti e il modo che avremo di rimpinguare le fila del nostro esercito, che tendono a svuotarsi in modo troppo rapido. Esplorando, inoltre, si fa esperienza, e in un titolo che mischia strategia ed RPG, l’esperienza è fondamentale.

Il nostro Branditore, infatti, è un vero e proprio personaggio da far livellare, permettendogli così di gestire eserciti via via più grandi, di aumentare la potenza delle truppe e così via.

La parte della gestione dei villaggi non è da sottovalutare, perché l’economia è a tutti gli effetti la spina dorsale della partita: se vogliamo vincere, abbiamo bisogno di truppe e risorse, e senza una oculata gestione dei limitati spazi di costruzione e delle ancor più limitate risorse per far evolvere gli edifici ci ritroveremmo in breve tempo condannati ad una sconfitta prematura. Per quanto riguarda questo aspetto, i Lavapotion hanno optato per un approccio differente dal passato: non c’è più una schermata della città, ma la gestione avviene tutta sulla mappa, e le scelte da compiere sono difficili.

Infine, dopo tanto girovagare, troveremo qualche nemico da prendere a pugni sul grugno: il combattimento avviene su mappe ad esagoni dedicate ed è anch’esso gestito a turni.

Le mappe delle battaglie sono separate.

A differenza dei titoli storici, il Branditore non partecipa direttamente agli scontri, ma è un vero e proprio generale fuori campo che però interviene grazie al lancio degli incantesimi. Qui riscontriamo una grossa e bella novità: per lanciare gli incantesimi sarà necessario accumulare diverse forme di energia magica, che combinate permetteranno di lanciare svariati incantesimi; la novità sta nel fatto che la raccolta di tale energia dipende dalle truppe che schiereremo in battaglia, ciascuna delle quali è in grado di rifornire la fonte di mana al proprio turno. Altra novità sono le unità “bardo”, in grado di picchiare, certo, ma anche di ispirare le truppe con i loro canti; perfettamente in tono con il titolo, direi.

Va da sé che quindi la costruzione degli eserciti influenzerà pesantemente le tipologie di incantesimi che ci ritroveremo a poter lanciare nella fase di battaglia, aggiungendo così un ulteriore strato di pensiero strategico nella costruzione del nostro approccio preferito alle battaglie.

Per il resto, le battaglie sono divertenti e tese, e finora non mi sono mai ritrovato a simularle automaticamente, perché mi divertono molto e sono una parte riuscitissima.

Ho ancora da dire qualcosa sulle campagne: le ho provate tutte, ne sono soddisfatto, e vi posso anche dire che in certi frangenti il gioco non esita a tirarti sonore vangate sui denti; il livello di difficoltà “Giusto”, l’equivalente del normale, ha dei picchi non banali in cui si suda assai, e non perché siamo in estate. Sì, questo è il motivo per il quale non le ho ancora finite, sono impegnative.

Riguardo al lato narrativo, non aspettatevi la Divina Commedia, ma un onesto scenario fantasy, interessante, con la parte giocosa che supplisce ad una narrativa semplice. Per mio gusto, tra le campagne le mie preferite sono quella dei Rana, nelle quali dovremo riguadagnare la libertà del nostro popolo in fuga dagli schiavisti, e quella di Loth, con una adorabile società segreta di negromanti.

Grafica e sonoro

Io adoro la pixel art.

E quella di Songs of Conquest è strepitosa, portandoci in un mondo incantevole, incantato e pieno di pericoli. Ci sono molti scorci da fiaba, e colori e dettagli sono semplicemente perfetti. Nulla da dire nemmeno dal punto di vista del design delle truppe e degli ambienti, tutto eccellente. Il motore grafico, poi, è leggerissimo e non dovreste avere problemi di sorta con qualsivoglia caffettiera di PC.

Ditemi se non è meraviglioso.

Dal lato sonoro e musicale, anche qui siamo messi benissimo: la colonna sonora è giustamente epica ed accompagna splendidamente l’azione, e vi sfido a togliervi dalla testa il tema principale.

A proposito: vi siete chiesti come mai il gioco si chiami Songs of Conquest? È presto detto: al termine di ciascuno scenario delle campagne, un bardo intonerà una canzone relativa alla vittoria appena ottenuta; devo dire che questo fatto mi ha stupito e l’ho apprezzato molto.

Le canzoni finali sono una chicca.

Conclusioni

Nell’incipit dell’articolo dicevo che il titolo di Lavapotion potrebbe essere l’erede di Heroes of Might and Magic che tutti stavamo aspettando, e ribadisco il condizionale, ma per due motivi principali: il primo è Heroes of Might and Magic III è ancora oggi un capolavoro immortale ed immenso; il secondo è che, partendo da solidissime basi, Songs of Conquest è appena partito per il suo viaggio, e dovrà mostrare quanto di buono ha sotto il motore con i contenuti che arriveranno nel prossimo futuro. Senza dubbio, finora, il supporto è stato eccellente e i due anni di accesso anticipato ci hanno restituito un titolo ricco e maturo.

Per me è pienamente promosso anche così, ma non vedo l’ora di vedere cosa possa riservare questo piccolo grande titolo; al momento un’espansione è stata annunciata, ma in quanto a longevità non siamo messi affatto male, dato l’ottimo generatore di mappe.

Dimenticavo quasi di dirvi che Songs of Conquest è tradotto in una miriade di lingue, tra le quali, udite udite, anche l’italiano; a mio parere si tratta di una traduzione piuttosto scolastica, ma meglio di un calcio nei denti, no?

Insomma, che siate veterani degli strategici a turni “di una volta” oppure no, fatevi un giro su Songs of Conquest e amatelo: vi troverete, in men che non si dica, a dire “un altro turno, e poi smetto”.

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Nerdando in breve

Songs of Conquest è il risultato di un progetto pieno d’amore: per il genere, per i classici del passato, per i giochi fatti bene. Bellissimo.

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