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The Fall Guy – Una lettera d’amore al cinema d’azione

Di Antonio Petito

A volte la vita ci mette di fronte a delle coincidenze veramente strane.
In Italia il primo maggio è la giornata dedicata alla celebrazione dei lavoratori di ogni tipo, ed è veramente un fatto curioso che l’uscita italiana di The Fall Guy, nuovo film del regista David Leitch (Atomica Bionda, Hobbs & Shaw, Deadpool 2, Bullet Train), incentrato sulle vicende di uno stuntman -protagonisti silenti dei film d’azione e molto spesso ignorati da pubblico e addetti ai lavori- sia uscito in una data così significativa.

Il contesto

The Fall Guy è l’ennesima tessera che va a comporre il puzzle dell’action moderno, un genere che negli ultimi 10-15 anni sta vivendo una vera e propria rinascita artistica, distaccandosi dal canone proposto da saghe già famose e consolidate come la Fast Saga, fatto di set giganteschi, CGI massiccia e tendenzialmente poca attenzione alla storia.
Tutto inizia nel 2014, quando Chad Stahelski, leggenda degli stuntman Hollywoodiani (in collaborazione con lo stesso Leitch, co-regista non accreditato) propone il primo John Wick, un action atipico, d’ispirazione orientale e che oltre a mettere in scena una solida storia da classico revenge movie mostra una particolare attenzione alle coreografie di combattimento, che occupano gran parte dello screentime e rappresenteranno ciò che colpirà di più gli spettatori.
Quello che in principio era stato pensato come un piccolo film dal budget contenuto, si è poi rivelato un enorme successo, capace di generare svariati sequel e tanti altri prodotti direttamente derivati o anche solo stilisticamente ispirati ad esso, creando un vero e proprio filone cinematografico.

Dopo Stahelski e Leitch infatti, anche altri stuntman hanno preso coraggio, provando a portare le loro storie su schermo, dando vita a film molto apprezzati come i due Tyler Rake (Sam Hargrave), Io sono Nessuno (Iliya Naishuller) e Day Shift (J.J. Perry), senza contare gli innumerevoli prodotti simili usciti in streaming, dando vita ad un sostanzioso revival del “cinema di botte”, che andrà sempre più mischiandosi con altri generi.

Le romantiche botte di The Fall Guy

Collegandoci al concetto di “commistione di generi” legato all’evoluzione dell’action, va detto che The Fall Guy non fa eccezione, alzando dove possibile l’asticella e combinandosi con la tipologia di film che tutti pensiamo più lontana dal cinema d’azione: la commedia romantica.

L’ultima fatica di Leitch infatti, ricalca più o meno tutte le caratteristiche messe in mostra nei suoi precedenti film, sia nel bene che nel male: un’ironia molto pungente, un comparto visivo essenziale ma fantasioso e una certa “stanchezza” dal punto di vista della scrittura.

La scrittura

Volendo cominciare da un punto (non troppo) debole, The Fall Guy è probabilmente un film con qualche lungaggine di troppo.
Intendiamoci, è quasi sempre divertente e sul pezzo, ma a volte cerca di ricordare allo spettatore in maniera fin troppo didascalica che è anche una rom-com, utilizzando dei passaggi non molto fluidi che tendono un po’ a spezzare il ritmo, abbassando la soglia dell’attenzione.

Per il resto, la trama è abbastanza basic e segue una specie d’indagine non troppo intricata, inserendo una piccola parte thriller gestita in maniera semplice e comprensibile.

Molto apprezzabile la caratterizzazione del protagonista. Oltre ad essere supportato dall’ennesima ottima prova attoriale di Ryan Gosling -che ormai non fa neanche più notizia- il nostro Colt Seavers vivrà una serie di situazioni estreme alle quali dovrà adattarsi, galleggiando tra traumi del passato che dovrà provare ad affrontare e superare, cercando allo stesso tempo di rimediare a vecchi errori fin dove possibile. Trovo sempre molto stimolante quando viene proposta la contrapposizione tra un personaggio fisicamente forte, capace di cavarsela da solo, ma che comunque presenta delle fragilità di fondo, di qualunque tipo esse siano. È forse ciò che realmente differenzia questi “nuovi eroi” dai vecchi personaggi in stile Dom Toretto (V. Diesel,Fast Saga) e Bryan Mills (L. Neeson, Saga di Taken), i quali anche di fronte alle perdite più devastanti non mostrano quasi mai vere e proprie crescite o elaborazioni, sembrando spesso troppo asettici e molto poco umani nelle rispettive caratterizzazioni. Alla fine però ci sta, sono film che puntano su altro.

Un tributo ai protagonisti invisibili: gli stuntman

Parlando della simpatica e a tratti macchinosa introduzione del tema amoroso, va fatta una considerazione: la storia tra i personaggi di Gosling e Blunt, non è l’unico amore che viene mostrato nel film. Esiste infatti un amore distaccato dalla trama, portato avanti per tutta la narrazione, vale a dire quello per il cinema d’azione e tutte le figure che gli danno vita.

Non mancheranno momenti di satira nei confronti dell’industria, che spesso relega gli stuntman a figure marginali, senza riconoscere loro i giusti meriti, direzionando tutte le attenzioni verso professionisti che sono già seguiti grazie al fatto di prestare la faccia ai vari personaggi.

Per fare qualche esempio rapido e intuitivo, basta citare alcuni dei nomi visti in precedenza; sapete chi ha coordinato molte delle scene d’azione più apprezzate del Marvel Cinematic Universe? Sam Hargrave. Stahelski invece è stato giusto la controfigura di Keanu Reeves in Matrix, film che lo ha reso l’attore super amato e conosciuto che è oggi. Sono tutti incarichi importanti, eppure i nomi di queste importantissime figure vengono fuori soltanto ora che occupano in prima persona la cabina di regia. Tramite alcune battute caustiche, Leitch con grande coraggio si prende la responsabilità di muovere una critica tutt’altro che banale verso Hollywood, che forse dovrebbe iniziare a guardare alcuni elementi con un occhio sensibilmente diverso.

Tornando al film in sé, gli appassionati dei dietro le quinte e del “come nasce la magia” rimarranno estasiati dagli elementi tipici dell’industria inseriti nella narrazione: armi di scena alternate a quelle reali, dimostrazioni di come molte delle scene più appassionanti vengono girate e scene quotidiane ambientate sui set che -per quanto sopra le righe e in linea col registro del film- potrebbero non essere eccessivamente distanti dalla realtà stando ai racconti di chi vive il cinema giorno per giorno.

The Fall Guy è un film da non perdere?

Al netto dei difetti elencati, The Fall Guy è un film che va visto. Pur non essendo il migliore di David Leitch è comunque un qualcosa che consolida la sua posizione come regista dallo stile riconoscibile, con pattern precisi che lo rendono un autore capace di proporre una piacevole versione in salsa americana degli action “alla Guy Ritchie”.
Cosa molto curiosa, considerando che il buon Leitch ha finora lavorato su adattamenti di romanzi (Bullet Train) e graphic novel (Atomica Bionda) oppure in franchise già avviati, riuscendo nel mai semplice compito di unire originalità e spirito d’adattamento.
Lo stesso The Fall Guy deriva dall’omonima serie americana, arrivata in Italia col titolo di Professione Pericolo. Un buon motivo per recuperarla? Questo lo deciderete voi, io dal canto mio lo farò sicuramente.

Contatti dell’autore dell’articolo, che ringraziamo tantissimo per il suo tempo:
Instagram: https://www.instagram.com/ilpetito/
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