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NerDisney #31 – Aladdin

I miei ricordi

Aladdin è il primo film di cui ho memoria piena di averlo visto al cinema quando uscì nel 1993 – quasi un anno dopo l’uscita americana del dicembre 1992 – davvero altri tempi. Fu amore a prima vista e fu una delle videocassette che conservai con più cura. Una di quelle videocassette letteralmente consumate, avendo come risultato una memoria di ferro di praticamente tutti i dialoghi e le canzoni. Merito del misto di azione, canzoni e battute davvero geniali. Cosa che mi ha sempre reso non dico inferiore ma almeno strana la versione originale, visto quanto la versione italiana è impressa nella mia memoria.

Diamanti allo stato grezzo (e non)

Con Aladdin siamo in pieno Rinascimento Disney, anzi siamo proprio nella fase apicale del periodo. L’idea stessa di un adattamento del racconto viene da una delle figure chiave del periodo, Howard Ashman, musicista e autore delle canzoni sia de La Sirenetta (1989) che de La Bella e la Bestia (1991). Il progetto incontrò molte difficoltà produttive e di scrittura. All’inizio fu bocciato dal presidente della Disney Michael Eisner e fu poi riesumato quando i registi John Musker e Ron Clements, freschi del successo de La Sirenetta, lo scelsero tra i vari progetti in sviluppo, preferendolo anche a Il re leone.

Tra le tante riscritture, accadde anche una tragedia: Ashman, malato di AIDS, muore nel 1991. Al compositore Alan Menken, fido collaboratore di Ashman, viene affiancato Tim Rice. I due scriveranno insieme A whole new world (da noi Il mondo è mio), che vincerà l’Oscar come miglior canzone.  Ashman, Rice e Menken saranno tutti e tre accreditati alla colonna sonora. Nonostante i problemi, all’uscita il film è un assoluto successo, il più grande incasso dell’anno e il maggior incasso di un film animato di sempre – primato che però durerà pochissimo.

I motivi sono tanti. Partiamo da quello più evidente: il film è animato in maniera incredibile. Siamo in un momento in cui gli studios Disney hanno finito il rodaggio e la nuova generazione di animatori è nel suo picco qualitativo. Le aggiunte digitali e l’uso del software CAPS per i colori danno all’animazione ancora più forza. Alcune sequenze sono davvero bellissime, tra le migliori mai create. Sopratutto tutte le parti relative al Genio mostrano tutta la genialità e la bravura degli animatori.

E qui passiamo al secondo motivo: i personaggi. Il Genio passa come un bulldozer su tutto il film, nonostante arrivi abbastanza tardi rimane il personaggio più indelebile del film. Merito di Robin Williams che lo doppia nella versione originale – da noi Gigi Proietti fece un lavoro immenso ma è molto diverso dall’originale – ma anche di una grande storia, nella quale il Genio è anche un personaggio tragico. Come tragici sono per certi versi Aladdin e Jasmine. Tutti i protagonisti di questo film, anche il cattivo Jafar, sono “vittime” che non possono essere quello che vogliono e tutti cercano di nascondere la propria vera natura per farsi accettare dagli altri. Ma alla fine l’importante è essere onesti con se stessi e gli altri. Una bella lezione inserita in un film dal ritmo indiavolato ma con la necessaria dose di romanticismo.

Curiosità

Robin Williams improvvisò i dialoghi del film, prassi molto rara nei film d’animazione. Gli animatori diedero a Williams delle tracce di dialogo e lui andò a ruota libera, imitando più di 52 personaggi nel corso delle sessioni. Il capo animatore del Genio, Eric Goldberg, a sessioni finite selezionò i passaggi migliori e costruì le scene attorno alle varie battute. Per dissidi vari con Disney, Williams non doppiò il personaggio nel sequel Il ritorno di Jafar e venne sostituito da Dan Castellaneta, meglio noto come la voce originale di Homer Simpson.

Lo stile dei personaggi e degli ambienti fu ispirato da quello del cartoonist Al Hirschfeld, che poi fu alla base dello stile usato nel segmento Rapsodia in Blue di Fantasia 2000. Un’altra grande ispirazione per il film fu la pellicola del 1940 Il ladro di Baghdad. Aladdin all’inizio era più piccolo e più simile a Michael J. Fox, mentre la versione finale è ispirata principalmente a Tom Cruise.

Colonna Sonora

Come già accennato, la colonna sonora fu scritta da Ashman, Menken e Rice ed è una delle più giustamente famose della storia Disney. Il primo scrisse il testo di Arabian Nights, A friend like me e Prince Ali, mentre sono di Rice One Jump Ahead e A whole new world. Ashman scrisse anche Proud of your boy, considerata una delle sue migliori canzoni, ma la canzone fu scartata perché si riferiva ad una stesura diversa del film in cui compariva anche la madre di Aladdin.

A whole new world, nella versione cantata da Peabo Bryson e Regina Belle vinse un Grammy come miglior canzone dell’anno, unica canzone Disney a riuscirci. Nel versione in DVD del 2004 in Italia pensarono bene di farla cantare a Gigi d’Alessio e Anna Tatangelo.

Live Action e Seguiti

Visto l’enorme successo, Aladdin diede il via ad una delle mode più nefarie del periodo: i cheapquel, ovvero i seguiti a basso costo dei Classici Disney. Nel 1994 uscì direttamente in home video Il ritorno di Jafar, prodotto nelle filiali estere. Due anni dopo fu la volta de Aladdin e il re dei ladri. In mezzo, venne prodotta una serie animata con nuove avventure di tutti personaggi. Non rivedo nessuna di queste produzioni da quando ero bambino e credo che mi terrò il ricordo immacolato.

In aggiunta, nel 2019 è uscito il remake live action, diretto da Guy Ritchie, con Mena Massoud nei panni di Aladdin, Naomi Scott in quelli di Jasmine e Will Smith in quelli del Genio. Come tutti i film di questa recente ondata di remake è una copia carbone dell’originale con meno verve, smussato di qualunque possibile controversia e con aggiunte trascurabili. Meglio riguardarsi l’originale.

Com’è invecchiato

Mi fa strano parlare d’invecchiamento per un film uscito quando ero bambino – ahimè, signora mia sto invecchiando anch’io – ma 30 anni iniziano ad essere abbastanza e qualche considerazione si può fare. Da un punto di vista tecnico e di ritmo il film non è invecchiato di una virgola, tranne forse qualche sequenza nella caverna delle meraviglie dove si nota l’intervento in CGI. Come film è assolutamente fruibile da chiunque anche oggi e dà ancora le piste a tanti film appena usciti.

Sono invecchiate e temo lo diventeranno sempre di più, alcune citazioni del Genio. Passi Arnold Schwarzenegger/Terminator, ma non sono sicuro che in tanti riconosceranno le parodie di Groucho Marx, Jack Nicholson, Rodney Dangerfield, Arsenio Hall e via dicendo. Non è un grosso problema, ma penso renda alcune battute meno divertenti.

Ad essere invecchiata è la rappresentazione dell’Oriente o almeno come noi giudichiamo quella rappresentazione. Anche al momento dell’uscita Aladdin fu oggetto di parecchie polemiche da parte di associazioni arabe, accusando il film di stereotipare il mondo arabo. Le polemiche portarono Disney a modificare un verso di Arabian Nights già nel 1993. Nel tempo si è parlato spesso di come alcuni personaggi negativi hanno connotati stereotipati mentre i personaggi buoni hanno tratti somatici più simili a quelli di bianchi anglosassoni.

Aladdin può essere accusato genericamente di orientalismo con tutto quello che ne consegue. Non ho la pretesa di volervi spiegare una gigantesca teoria antropologica in due righe, ma c’entra come noi Occidentali ci rapportiamo all’Oriente alla mistica che diamo a quel mondo. È un discorso lungo e complesso, che in effetti si può applicare ad Aladdin. Quanto questo discorso influenzi la fruizione del film è un altro paio di maniche. Rivedendo il film su Disney+ non ho avuto impressioni particolarmente negative, è più una riflessione esterna al film che non interna ad esso. Almeno questo è stata la mia esperienza.

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