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NerDisney #27 – Oliver & Company

I miei ricordi

Credo di aver praticamente consumato la videocassetta di Oliver & Company quando facevo le elementari, era uno dei miei preferiti in assoluto! Uno dei motivi per cui mi piaceva tanto, oltre ovviamente alla presenza di cani e gatti parlanti, è la sua modernità: per la prima volta un classico Disney era ambientato in un mondo “simile” al mio, ci troviamo infatti nel 1988 a New York tra grattacieli e taxi gialli invece che nei soliti mondi incantati o bucolici delle favole. La trama inoltre è coinvolgente ed è quasi una crime story a tutti gli effetti, tra malavitosi, ricatti e rapimenti… Ma partiamo dall’inizio, con l’immancabile scena strappalacrime Disney che è stata inserita proprio nelle sequenze iniziali, per toglierci subito il dente (e farmi consumare i primi fazzoletti): una scatola piena di cuccioli di gatto viene abbandonata in mezzo alla strada con la semplice scritta “gattini in regalo”, uno alla volta tutti i micetti vengono scelti e portati via tranne, ovviamente, il nostro rosso protagonista. E poi che succede? Ma ovviamente piove! La scena in realtà è molto bella, in quanto si svolge tutta di seguito sulle note di una canzone (Once upon a time in New York City) che celebra la bellezza di New York.

Poco dopo la pioggia arriva il bel tempo e con esso compare un altro dei personaggi principali del film, il cane randagio Dodger, che indossa bandana e occhiali da sole proprio come un vero tough newyorkese anni ’80, con tanto di camminata spavalda e mosse di ballo cool. Cane e gatto ovviamente dopo qualche difficoltà fanno amicizia, e Dodger, il duro dal cuore d’oro, addirittura invita il cucciolo a vivere con lui, la sua banda di cani e il suo sfigatissimo ma bonaccione padrone umano, invischiato nella malavita locale: si scopre infatti che il poveraccio deve dei soldi a un tremendo mafioso (disegnato in uno stile che più villain anni ’80 di così non si può), padrone di due malvagi dobermann che non mancheranno di infastidire la banda di cani, in particolare la bellissima Rita. Mentre Dodger inizia il gattino alla vita malavitosa e ai furti, arriva la classica bambina buona e dolce che trova Oliver e decide di prendersi cura di lui, anche se mi sono accorta che gli prepara un pasto con dentro il cioccolato… lievemente mortale per i gatti! Dopodiché gli eventi precipitano: lo sfigato progetta un ricatto, la bambina viene rapita, il mafioso si arrabbia, inseguimenti e botte fino al sospirato lieto fine, ma senza farci mancare un altro elemento tipico dei film del periodo (e di tanti altri in futuro), cioè la scena in cui ci fanno credere che il protagonista sia morto solo per farlo riprendere poco dopo.

Il classico più anni ’80

L’atmosfera anni ’80 è protagonista di Oliver & Company quasi quanto lo stesso micino: l’ambientazione newyorkese del periodo è resa benissimo grazie agli sfondi disegnati nervosamente, quasi a schizzo, con colori sgargianti e la confusione tipica della grande mela. Riguardando il film qualche giorno fa non ho potuto fare a meno di associarvi altri lungometraggi animati e non della mia infanzia come Tre scapoli e un bebè (1987) e Senti chi parla (1989), anch’essi ambientati a New York nello stesso periodo, oppure Charlie – Anche i cani vanno in paradiso (1989).

Curiosità

Il nome del gatto protagonista non è stato scelto per caso: l’idea iniziale dell’animatore Pete Young infatti era quella di fare un film basandosi su Oliver Twist (ma con i cani) e sul musical di Broadway Oliver!. La trama inoltre avrebbe dovuto essere più dark, con la tragica morte dei genitori del micio a opera dei dobermann del malavitoso e un conseguente desiderio di vendetta che avrebbe sicuramente oscurato la vita e il carattere di quello che invece è stato poi reso come un dolce e innocente gattino.

Fagin, l’umano padrone di Dodger, inizialmente avrebbe dovuto essere un cane, poi invece è stato trasformato in umano che tra i vari disastri che combina avrebbe dovuto rapire un panda dallo zoo… Sinceramente sono molto contenta che questa parte sia stata eliminata.

La città di New York è stata rappresentata molto fedelmente soprattutto nelle scene panoramiche iniziali grazie a uno studio molto approfondito di foto scattate anche dalla prospettiva che avrebbe un cane. Inoltre, ben 15 milioni di dollari sono stati investiti per l’utilizzo del software CAPS per realizzare gli 11 minuti di animazione in cui la città stessa prende vita, tra taxi, metropolitane e scooter.

Nel cast spicca la partecipazione di Billy Joel che doppia il cane Dodger sia nel parlato che nel cantato e che pare abbia reso molto felice la figlia partecipando al film; troviamo inoltre Bette Midler (Georgette) e Cheech Marin (il chihuahua messicano Tito).

La colonna sonora

La colonna sonora di Oliver & Company è stata composta da J.A. Redford e comprende 5 bellissime canzoni, delle quali nessuna, stranamente, è cantata dal micio protagonista. Spicca tra tutte, oltre alla già citata Once upon a time in New York City, Why should I worry, cantata da Billy Joel; non posso non citare inoltre Perfect isn’t easy, cantata da Bette Midler nei panni della favolosa cagnolina Georgette.

Come è invecchiato?

Beh sicuramente quella invecchiata sono io: sono sempre stata una persona dalla lacrima facile, ma tra tutti i classici questo decisamente non è uno di quelli che da piccola mi faceva piangere, e invece riguardandolo adesso mi sono fatto fregare dalla sequenza iniziale con i cuccioli abbandonati, in particolare quando Oliver sotto la pioggia decide di… miagolare, semplicemente: il mio cuore non ha retto. Un’altra delle cose che mi ha fatto riflettere su come si cambia crescendo è un personaggio in particolare che da piccola detestavo e che invece adesso è diventato il mio preferito del film, cioè la barboncina Georgette: viziata, arrogante e vanitosissima, con la sua canzone in cui si comporta come una vera diva del cinema anni ’50 mi ha assolutamente conquistata! E il fatto che sia doppiata dalla grande Bette Midler ha sicuramente aiutato.

Nonostante il film abbia quasi 35 anni secondo me ha retto bene il passare del tempo, se osservato con distacco e soprattutto con affetto per il decennio in cui è ambientato. I disegni e le animazioni sono fatti bene, tralasciando gli sfondi forse un po’ troppo abbozzati per i miei gusti, non paragonabili ai capolavori di classici di decenni precedenti.

Il messaggio principale del film è sicuramente universale e valido in qualsiasi periodo storico, soprattutto adesso: specie, razze e colori non sono importanti, ciò che conta è ciò che abbiamo nel cuore, che siamo cani o gatti o umani non conta, possiamo tutti vivere insieme e volerci bene a prescindere dalle nostre differenze.

Altro messaggio che, aggiungerei, forse trapela dal film: non fatevi prestare soldi da mafiosi newyorkesi con due dobermann!

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