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The Last Duel – Quando il punto di vista cambia tutta la storia

Era tanto tempo che non tornavo al cinema per un’anteprima stampa e direi che la ripartenza è stata col botto: The Last Duel sono 152 minuti di fiato sospeso, tensione, romanticismo, brutalità e un sacco di emozioni forti e contrastanti che mi hanno tenuta sveglia nonostante le poche ore di sonno alle spalle. Da persona con la palpebra pesante, quando un film riesce a intrattenermi per oltre un’ora, già ha vinto; se arrivo sveglia al finale, dev’essere davvero valido, ma questo qui mi ha proprio sconvolta e quindi ora vediamo di fare un attimo di chiarezza e di capire come mai.

Recensione

Ridley Scott dirige Matt Damon, Adam Driver, Jodie Comer e Ben Affleck in una storia drammatica e brutale ambientata nella Francia del XIV secolo. Il film è prodotto da 20th Century Studios e sarà al cinema dal 14 ottobre 2021. La storia si basa sull’omonimo libro di Eric Jager, edito in Italia da Bur Rizzoli.

Trama

The Last Duel racconta la vicenda di Marguerite Carrouges (Jodie Comer) che, stuprata, anziché adattarsi alla consuetudine dell’epoca (la quale prevedeva un tacito assenso), denuncia pubblicamente la violenza carnale subita.

Lì per lì non ci si rende conto che sia questa la vera trama del film, in quando la medesima vicenda è narrata da tre punti di vista differenti. Il primo è quello di Jean de Carrouges (Matt Damon), lo sfortunato scudiero del re di cui seguiamo le vicende in guerra, e che decide di difendere l’onore dell’amata moglie sfidando a duello il colpevole di tale oltraggio. Il secondo è quello di Jacques Le Gris (Adam Driver), che ci viene presentato come l’ex compagno d’armi di Carrouges, ora più incline a una vita agiata, che, innamorato di Marguerite, non riesce a resistere alla passione del suo sentimento convincendo la donna amata a concedersi a lui. Il terzo è infine quello di Marguerite, che ripropone non solo la vicenda narrata nel suo svolgimento, ma anche il ritratto non più così romanzato dei due precedenti narratori, ora descritti più realisticamente come pessime persone.

Manco a dirlo, “l’Ultimo Duello” del titolo è quello che si svolgerà fra i due uomini, riprendendo ipotesi a lungo sostenute sull’ultimo duello autorizzato in Francia.

Resa

Magistralissima Jodie Comer. Tutto il cast bravissimo, per carità, lodi ed encomi non si sprecano: ciascun personaggio riesce a mostrarsi vittima e carnefice della stessa vicenda a seconda del narratore, riuscendo a mettere in scena lo stesso personaggio, che compie le medesime azioni, con gli stessi panni, negli stessi attimi, ma con quella sottile differenza che stravolge completamente l’ottica con cui la si racconta. Soprattutto Damon, da marito fedele e amorevole riesce a ricostruire il ruolo di un uomo possessivo e violento, dalla cui moglie è attratto unicamente per vanità e desiderio di generare un erede maschio. È impressionante vedere come, pur mantenendo invariati abiti, taglio di capelli e cicatrice sul volto, riesca con una sola occhiata a connotare in modi diametralmente opposti il personaggio che interpreta.

Ma Jodie Comer, mi ha obbligata a distogliere lo sguardo dalla scena. Si è immedesimata talmente tanto nella parte, che durante la scena della violenza ho avuto il forte desiderio di mandare avanti veloce, saltare il passaggio, arrivare subito al dopo. Invece no, Scott ci obbliga a guardare, a essere spettatori di una violenza drammatica e brutale di cui è proprio il dramma l’unica parte che viene resa esplicita. “Non si vede nulla” ma si vede tutto: lacrime, una bocca che rimane aperta per lo sgomento, incapace di muoversi per l’inerzia che subentra dopo la disperazione. Lacrime, sconforto, paura di denunciare, coraggio di denunciare. Senza paura, il coraggio è solo un modo di agire di persone impavide e avventate. Agire nonostante la paura, questo sì che è coraggio, e Jodie Comer ne imprime ogni minima sottigliezza in modo disarmante.

Poi sì, belli i costumi, i paesaggi, i castelli, la luce e tutto il resto. Diciamo che ero così presa dalla trama che non ho prestato particolari attenzioni ai dettagli, ma sicuramente non ci sono state grosse stonature o me ne sarei accorta, presumo. Tuttavia, va anche detto che non sono una cultrice di storia medievale: non so se sia accurato dal punto di vista della verosimiglianza di scenografie e costumi, però sicuramente rendeva l’idea di una Francia alle prese con la guerra dei Cent’anni. Se poi amate la storia e volete fare le pulci ad armature, abiti e ricostruzioni storiche, fate pure.

Conclusione

The Last Duel mi è piaciuto? Sì, molto. Lo riguarderei? Non penso proprio. Bello, sicuramente ricco di emozioni forti ben rese e coinvolgenti, ma non il tipo di emozioni con cui personalmente amo empatizzare quando mi metto a guardare un film. Mi piacciono molto i film d’azione e di fantascienza (e quelli con i mostri grossi), ma quando ci sono in ballo storie vere e drammatiche, se posso, distolgo lo sguardo.

Inoltre, questo è un film ambientato più o meno nel ventennio 1370-1390, eppure non riuscivo ad accettare le immagini che avevo di fronte pur sapendo che i fatti narrati, all’epoca, erano socialmente accettati. La rabbia verso quanto accadeva, la delusione di scoprire, man mano che il film procedeva, che tutti i personaggi apparentemente solidali con la protagonista erano in realtà ancor più meschini di quanto immaginassi, sono sentimenti con cui non vado molto d’accordo.

Tuttavia, come vi dicevo all’inizio, se un film riesce a tenermi così tanto incollata allo schermo, a farmi arrabbiare, intenerire, piangere, arrabbiare di nuovo e poi uscire dalla sala con addosso il residuo di tutte queste emozioni contemporaneamente, non si può dire che non abbia intrattenuto, e principalmente questo mi aspettavo che avrebbe fatto. Quindi “ci sta”.

Poi oh, i combattimenti erano splatter a sufficienza, avrei potuto limitarmi a dire questo e tanto mi sarebbe bastato per promuoverlo come film meritevole di essere visto, quantomeno da persone poco suggestionabili. Se lo siete, andate a vederlo, che poi magari ne riparliamo.

Nerdando in breve

Uno stupro raccontato da tre punti di vista differenti nella Francia del XIV secolo, ossia secoli prima che fosse ritenuto un crimine contro la persona. Il marito la cui moglie viene violentata, il violentatore e, astutamente solo infine, la violentata, raccontano la stessa vicenda in modi concordi ma sufficientemente diversi da poter raccontare tre storie differenti, il cui finale però è uno solo, e non sarò certo io a dirvi quale.

E Ben Affleck?

Il ruolo di Ben Affleck all’interno del film è paragonabile a quello di questo paragrafo all’interno della recensione: c’è, ma è abbastanza marginale rispetto a tutto il resto. Nella seconda narrazione del fatto, riveste i panni dell’aiutante del protagonista (che in quel momento è Le Gris), solo che poi c’è la terza, quella di Marguerite, e a lui resta solo il ruolo di spettatore passivo.

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