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Lorenzo Ghetti e Francesco Guarnaccia raccontano Fabula

Il 6 maggio per Saldapress esce Fabula, il divertente fumetto di Lorenzo Ghetti illustrato da Francesco Guarnaccia, che si occupa di raccontare lo spinoso tema delle fake news in un mondo fantasy.

Per l’occasione, la casa editrice ha organizzato un incontro virtuale grazie al quale abbiamo avuto l’occasione di scambiare quattro chiacchiere con i creatori del fumetto.

L’incontro

Apre l’incontro Jacopo Masini, responsabile ufficio stampa Saldapress, il quale si dichiara particolarmente soddisfatto dell’opera, in quanto i due autori hanno trovato un modo molto originale, sovvertendo le regole comuni, per raccontare il tema delle bufale. A tal proposito ci tiene a far notare una peculiarità del titolo: il fumetto si chiama Fabula, che è proprio l’anagramma della parola bufala.

Visto che non è ancora uscito, eccovi due righe di trama. Nel magico mondo fantasy in cui è ambientata l’avventura di Rita e Gidil, non esistono i social network, tuttavia l’informazione al grande pubblica viene fatta dai bardi, cantori che diffondo notizie sulla base dei consensi che raccolgono. In questo contesto facciamo la conoscenza di Umbra e Mania, gli scagnozzi del principale villain per conto del quale gestiscono la diffusione delle bufale, nello stesso modo in cui esse vengono diffuse nel mondo reale. Il modo di diffusione delle bufale è l’unico elemento attinente alla realtà, tutto il resto è sovvertito. Nel fumetto, i vaccini sono una bufala, perché tutti sanno che sono i magici braccialetti delle fate a salvarti dalle malattie; la terra non è tonda, come vorrebbero indurti a pensare, ma un biscotto al cioccolato poggiato su Criceto cosmico, e così via. In un contesto simile, Rita e Gidil si occuperanno di fare fact checking nel modo più rischioso e rocambolesco possibile: andando a verificare o smentire personalmente ogni fake news, girando a piedi l’impervio mondo in cui vivono.

Il target di Fabula? Chiunque.

Nel fumetto compaiono molto i social network, sotto forma di bardi ma pur sempre con un sacco di riferimenti alla realtà. ci si potrebbe quindi aspettare che sia rivolto a una ben precisa fascia di pubblico, e invece no. Fabula è partito come webcomic in inglese, quindi in fase di scrittura è stato letto da un pubblico specifico, che per via del format è limitato. Lorenzo ci racconta che la sua famiglia ha letto la storia man mano che ne venivano pubblicati i capitoli, e di volta in volta gli facevano i complimenti, dimostrando così di capirne il contenuto, che quindi è adatto a un pubblico adulto. Contemporaneamente però, un cuginetto di otto anni che parla meglio l’inglese dell’italiano, ha sempre preteso di leggere in sua compagnia ogni episodio e ogni volta si è dimostrato incuriosito ed entusiasta perciò, per quella che è la sua esperienza, Fabula è adatto a un pubblico dall’ampio spettro di età. Francesco aggiunge che nella composizione dell’opera si sono concentrati più sul lato narrativo che su quello contenutistico, di modo che, anche chi non sapesse nulla dell’argomento centrale, comunque potrebbe apprezzare la storia che fila perfettamente e regge così com’è.

Va detto infine che entrambi sono appassionati dei cartoni animati alla Cartoon Network (citano Steven Universe e Adventure Time), e quel tipo di programmi, che sicuramente ha influenzato il taglio di Fabula, piace addirittura più ai grandi che ai piccoli, per cui non c’è davvero da preoccuparsi: il fumetto è per tutti.

Influenze esterne: la genesi creativa dell’opera

Leggendo Fabula il primo elemento che salta all’occhio sono le immagini bizzarre e surreali, al limite del no sense, che ne costellano le pagine sgargianti. Chiedendo quale sia stato il processo creativo che ha portato alla creazione del fumetto, Francesco si indica la testa. “È stato un po’ un rimbalzarsi le idee”, ci spiega Lorenzo: “le pagine a taccuino sono tutte idee di Francesco, sia come concept sia come scritte.” Le fake news invece sono opera di Lorenzo, ma Francesco ci ha messo del suo aggiungendo qualche battuta qua e là. A tal proposito, Guarnaccia ci svela un comodo trucco per capire chi dei due abbia scritto quale parte: “Se le battute vi fanno ridere e pensare, le ha fatte Lorenzo; se sono solo puttanate, è opera mia:”

“È stato semplice” riprende Lorenzo: “prendi una fake news normale (vaccini come scusa per iniettare un chip, Terra piatta, immigrati che ci rubano il lavoro, …) e le inverti, trasformandola in quella che nel mondo magico è la realtà.” Per questo il tema di insieme è la questione delle creature magiche: al tempo in cui si stava stendendo la sceneggiatura, il trend che andava per la maggiore era quello per cui l’altro, il diverso, lo straniero erano visti come una minaccia, al fine di distrarre il grande pubblico da questioni per alcuni più scomode. In quest’ottica risulta particolarmente importante il discoro alla panem et circens di Giovenale che tiene il re: “Le persone sono per natura infelici. Io do loro solo qualcosa da incolpare.

Il ruolo dei bardi

Viene un po’ da chiedersi se i social siano effettivamente nati affinché gli utenti potessero mostrarsi come gli irripetibili fiocchi di neve che sono, o se invece l’intento inziale fosse diverso e questo aspetto è un accidente successivo. Per riflettere sul tema, Francesco cita lo spettacolo Make Happy dello stand up comedian Bob Burnham (lo trovate su Netflix), in cui il comico dice che noi siamo la generazione delle performance. In virtù di ciò, i social non possono che essere la risposta del mercato a questo impulso, di conseguenza ora non sono altro che l’estremizzazione di quell’idea originaria.

I bardi di Fabula ne sono la perfetta rappresentazione (es. Il bardo Facebook non può cancellare nulla senza una smentita provata) e l’approccio della folla che si raduna in piazza per ascoltare i bardi è esattamente quella che l’utente medio ha sui social. Per questo il fumetto risulta simpatico, quasi assurdo: il senso di protezione che nasce dallo schermo, in conseguenza del quale molte persone si sentono in diritto di dire la qualunque sotto un post più o meno gradito, nel mondo reale manca completamente, per cui, solitamente, si tace. In Fabula invece la gente scende in piazza e urla “Mi piace!”, oppure si indigna pubblicamente, mettendosi a discutere con sconosciuti, sovvertendo completamente ciò che accade in un mondo non virtuale.

La genesi di questi bardi

Ma insomma, come sono nati questi fantomatici bardi di cui abbiamo parlato finora? Tutto è iniziato quando Lorenzo e Francesco si sono confrontati con il professor Michael Bronstein circa Good News. Quest’ultimo è un progetto, gestito proprio da Bronstein, con l’obiettivo di creare un algoritmo capace di rilevare notizie false nei social media. Insieme i tre hanno cercato di estrapolare le idee migliori e renderle reali.

Da quel brainstorming, Francesco ha pensato di usare la classe del bardo per personificare i social media, mentre è toccato poi a Lorenzo creare un bardo per ogni social, focalizzandosi sul modo di comunicare tipico di ciascuna piattaforma e riflettendolo nei tratti peculiari di ogni cantore. A questo punto la palla è tornata nelle mani di Francesco, che ha ricevuto una sceneggiatura pigra (così Ghetti si riferisce al materiale passato al collega) “e poi è lui che fa le sue magie”.

Di fatto, quindi, Lorenzo ha indicato cosa ogni bardo avrebbe dovuto dire, Francesco ha preso le indicazioni, ha creato il concept dei personaggi, ha aggiunto qualche balloon e ha fatto, appunto, la sua magia. Guarnaccia comunque dichiara che queste fantomatiche sceneggiature pigre sono proprio quelle con cui preferisce lavorare, perché in generale permettono di ottenere una buona coesione fra tutte le persone che lavorano a un’opera, ottenendo un risultato fluido e consequenziale.

Fumettisti e social: odi et amo

Dopo tutto il parlare che si è fatto di questi invadentissimi social, viene chiesto ai due artisti quale sia il loro rapporto con le ineluttabili piattaforme: dopo un approccio apparentemente opposto, i due si sono ritrovati a concordare su un aspetto chiave.

Francesco ammette di amarli molto: la sua carriera digitale è infatti iniziata su DeviantArt, dalla quale è poi passato a Facebook e Instagram non appena è stato possibile farlo. Per lui i social sono un punto di accumulazione di cose particolarmente stupide e/o un di lavoro, ma manifesta un forte disagio in quanto a oggi pare che da strumenti di svago si siano trasformati in elemento imprescindibile per chi lavora nel mondo dell’arte o della musica. Molto spesso gli editori delegano all’autore la parte di promozione delle nuove uscite, ma ciò consiste in un lavoro vero e proprio, per il quale sono necessarie competenze completamente differenti da quelle che caratterizzano la professione del fumettista “standard”. Quindi belli i social, ma per svago, non per obbligo.

Lorenzo invece si sta convertendo quanto più possibile alle newsletter, o a YouTube, che permettono di ritrovare più facilmente dei contenuti in cui ci si può imbattere in qualunque momento ma che si vorrebbero esperire in un secondo momento. A lui dà fastidio il fatto che i social siano molto trasversali, quindi prima di pubblicare qualcosa pensa a quale parte del suo pubblico, evidentemente eterogeneo, interesserebbe un certo tipo di contenuto. Si dichiara infastidito da questa promiscuità di dati, sia dal punto di vista del content creator, sia da quello del fruitore.

“Dite cheese” – Foto scattata durante la round table digitale

Fabula e la sua parte scientifica

Fabula è stato realizzato nell’ambito di ERCcOMICS (dove ERC sta per European Research Council), un progetto finanziato dall’Unione Europea che si pone l’obiettivo di raccontare la ricerca scientifica attraverso la narrazione a fumetti. Lo scopo è intuitivo: avvicinare il grande pubblico al mondo accademico, sfruttando il potenziale della dimensione artistica nella sua interezza. Per farlo sono stati creati sedici webcomic, fra cui Fabula, che come tutti gli altri ha visto una collaborazione stretta fra fumettisti e ricercatori (nel nostro caso Lorenzo, Francesco e il già citato professor Michael).

In questo caso ci si è focalizzati sul fact checking, in quanto il prof Bronstein sta lavorando proprio a un algoritmo in merito. Fun fact: poiché il  machine learning usato dal ricercatore si chiama GDL, la sua trasposizione nel fumetto, il personaggio del pesce palla pollo, è stato chiamato proprio Gidil. Emblematica del personaggio è una riflessione che fa verso metà del racconto: “Quando le storie piacciono sempre allo stesso gruppo di persone, probabilmente non sono verificate. Quando gruppi diversi esprimono entusiasmo, invece, è più probabile che siano concrete.” I social creano tante piccole bolle che non comunicano fra loro, per cui ciò che è universalmente vero all’interno di una bolla soltanto, è possibile che sia una notizia falsa. Invece se la stessa informazione è sostenuta da più bolle diverse e non comunicanti, allora è possibile che sia esatta. È stato proprio Michael a far notare questo aspetto ai due artisti, visto che è proprio il metodo con cui fa ricerca; poi Lorenzo e Francesco hanno trasformato quest’idea in un fumetto e così è nato Fabula.

Il rischio di essere fraintesi

Come anticipato, il fumetto conta delle parti no sense che potrebbero però essere fraintese. Per esempio, Rita sconsiglia i vaccini, una fake news, in quanto nella logica al contrario del mondo in cui è ambientato Fabula ciò che ti salva da brutte malattie è il magico braccialetto delle fatine. Non si corre il rischio di far passare il messaggio sbagliato? “Forse sì” dice Lorenzo, che ammette di averci pensato e di aver cercato di collegare le fatine in questione all’equivalente del medico nel mondo reale. Va detto però che quella è proprio una delle scene d’esordio del fumetto, proseguendo con la lettura, si chiarisce il messaggio che l’opera vuole trasmettere.

Il motivo per cui si è adottata questa prospettiva accettando di correre il rischio è perché si voleva mettere il lettore nella parte di chi crede alle fake news, doveva trovarsi nei panni di chi crede davvero a quelle cose.

È giusto censurare?

C’è poi il problema della censura, che è un dibattito attuale: è meglio avere qualcuno che deicide per tutti cosa si può dire e cosa no (tipo l’editore o un algoritmo) oppure lasciare a tutti la totale libertà di parola, col rischio di lascar circolare notizie false? Ovviamente non c’è una risposta secca e univoca, ci sono delle opinioni, ma il momento in cui Gidil si ritrova a chiedersi se la sua missione di fact cheching non si stia invece trasformando in censura è uno degli svolti chiave di Fabula.

Ciò che conta non è trovare una risposta alla domanda, ma interrogarsi sul tema: per questo, pur fornendo una chiave di lettura, Lorenzo e Francesco hanno preferito non scrivere la “loro” risposta nel libro ma anzi, lasciarla aperta, come quei quesiti pedagocici che accompagnano le grandi opere letterarie.

Scrivere in un mondo che cambia velocemente

È indubbio che con il passare del tempo, il lessico si evolva, e certamente l’utilizzo frequente di social netwok acceleri tale processo evolutivo. Un’altra domanda aperta che ci protiamo a casa dall’incontro è quella in merito l’uso di inglesismi (non farò spoiler, ma in Fabula ce n’è UNO solo, nella parte bonus dopo la storia principale, che però ha del genio).

Parlando dell’argomento, Francesco cita un episodio speciale di Rick e Morty in cui Rick, che si è sempre dichiarato contrairio ai viaggi nel tempo, si decide a spiegarne il perché. “È inutile andare indietro nel tempo a cambiare ciò che è stato con l’ambizione di modificare il presente, per farl, è sufficiente cambiare la memoria collettiva“. Il senso è chiaro: se chiunque si ricorda che un determinato fatto si è svolto in un certo modo, quella diventa la verità.

Lo stesso discorso vale per l’evoluzione del linguaggio: la lingua è fluida, è naturale che si modifichi. Il linguaggio in sé ha un impatto ingente sulla realtà: appena viene scoperto qualcosa di nuovo, la prima cosa che si fa è assegnare un nome alla scoperta. A quale fine? Perché è grazie al nome, al termine con cui la si indica, che una novità entra nella collettività (e in quest’ottica diventa importante il discorso sullo schwa: l’introduzione di un carattere che vuole indicare un genere neutro, prova, con la sua esistenza, che esiste anche un gruppo di persone che necessita proprio di quel simbolo, per sentirsi rappresentata nel suo individualismo, senza doversi continuamente accontentare di rimanere nascosto in una lingua che lo ingloba in altri generi).

Se internet sta diventando una mente alveare forse è un problema, oppure una cosa utile? Di nuovo, non c’è riposta. Lorenzo tiene molto al linguaggio, soprattutto nel fumetto. Una sua amica una volta gli ha detto che deve smettere di pensare che italiano scritto e parlato siano la stessa cosa, mentre invece lui preferisce usare una parlata verosimile, lontana da quella da fumetto classico. Il potere delle parole è gigantesco: in tedesco, per esempio, “Luna” è maschile e “Sole” è femminile, e secondo lui questa piccola differenza marginale contiene invece una potenzialità di implicazioni enorme. Ci sono poi termini che nelle altre culture non esistono: “arrangiarsi”, in molte culture straniere, non c’è, per questo Lorenzo è pro “lotte su tutto ciò che è parola”.

“Siamo creature verbali, è giusto che la lingua si evolva, e la lingua si evolve sempre nel verso giusto: a un certo punto vengono introdotti nuovi termini e questi diventano quelli della collettività”.

E con questo punto di vista, condivisibile o meno, ma che sicuramente alimenta un dibattito costruttivo circa temi non più ignorabili, si chiude l’incontro su Fabula, un fumetto che in poco meno di cento pagine ha davvero molto, molto da raccontare.

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