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NerdandoSu Cyberpunk 2077 – 5 videogiochi per prepararsi

Quello di Cyberpunk 2077 è un nome che fa salivare i videogiocatori da ormai 8 anni, dal giorno, ormai remoto per l’industria videoludica, del suo annuncio; basti pensare che, all’epoca, le console ammiraglie erano Ps3 e XBox 360.

D’altronde, l’idea di trasporre in videogioco Cyberpunk 2020, uno dei Giochi di Ruolo cartacei più famosi di sempre, era forse così banale che nessuno aveva ancora osato proporla, se non a quei matti di CD Projekt RED, all’epoca dei fatti reduci dal grande successo della pubblicazione di The Witcher 2 e avviati, grazie proprio allo Strigo, a divenire una delle realtà più importanti dell’intera industria.

C’è da dire, però, che l’ambientazione cyberpunk non nasce con il GdR, ma da un movimento letterario dei primi anni ’80, autonominatosi Mirrorshades Movement, di cui forse avrete sentito parlare, se bazzicate la fantascienza: l’opera più iconica e visionaria in tal senso è Neuromante, di William Gibson.

Il genere cyberpunk propone alcuni stilemi comuni a più o meno tutte le opere che vi afferiscono, che sembrano chiamare a gran voce l’intervento del mondo videoludico; infatti, già alla fine degli anni ’80, molti furono i videogiochi che utilizzarono estensivamente ambientazione e tematiche cyberpunk a più non posso, tirando fuori spesso e volentieri dei titoli di assoluto spessore.

Perciò, in attesa del prossimo capolavoro annunciato Cyberpunk 2077, vogliamo guardarci alle spalle e consigliarvi 5 videogiochi del passato (e, barando, qualcuno in più) che evocano le tematiche cyberpunk e che sono meritevoli di un recupero, prima che vi perdiate per sempre nei tentacolari meandri di Night City.

La saga di Deus Ex

Cominciamo subito con una saga di GDR d’azione di quelle che, se bazzicate il mondo dei videogiochi, non potete non aver sentito nominare.

E, aggiungo – parer mio – non potete non aver giocato almeno in parte. Il primo Deus Ex, uscito nell’estate del 2000, quasi in contemporanea con Diablo II, è un capolavoro assoluto.

Siamo nel 2052, e nel mondo il morbo chiamato “Morte Grigia” sta facendo uno sterminio di persone. Il protagonista, JC Denton, è un agente dell’UNATCO (Agenzia anti-terrorismo dell’ONU) cyberpotenziato con nan0s0nde, che deve investigare su un gruppo terroristico probabile causa della pandemia.

Da qui la trama che si dipana (anche in base alle scelte del giocatore) diviene incredibile, tra organizzazioni segrete, viaggi intorno al mondo, operazioni sotto copertura e complotti. Rifacendosi a capolavori come i System Shock, Deus Ex permette una libertà di azione molto ampia, e di conseguenza una grande libertà di scelta nell’approccio da utilizzare nello svolgere le missioni.

In virtù della sua natura da gioco di ruolo, a nostra disposizione avremo la possibilità di potenziare il protagonista non solo con le classiche abilità passive, ma anche con impianti cibernetici che ci doneranno tantissime nuove abilità, potenziabili anch’esse.

Non per nulla Deus Ex continua, dopo tantissimi anni, a rimanere stabile nelle prime posizioni delle classiche classifiche sui migliori videogiochi di tutti i tempi.

Un titolo di così grande successo non poteva far altro che generare dei seguiti, il cui successo è però altalenante: nel 2004 esce il seguito Deus Ex: Invisible War, ambientato 20 anni dopo; è un bel gioco, ma a detta di molti, troppo semplificato (spoiler: a me piacque molto).

Meglio considerato è invece Deus Ex: Human Revolution, uscito nel 2011 e prequel del primo Deus Ex: ambientato nel 2027, agli albori dell’epoca cibernetica. Il titolo è un successo di pubblico e di critica, meritatissimo, vende parecchio e viene ripubblicato, 2 anni dopo, in una edizione migliorata che consiglio a tutti voi di giocare.

Nel 2016, infine, esce Deus Ex: Mankind Divided, ad ora quarta ed ultima interazione della saga principale, ambientato nel 2029, lodato anch’esso dalla critica, ma al contempo odiato per la scarsa longevità e per la apparente non conclusione della trama.

Che ne sarà del futuro di Deus Ex? Una saga così bella ed importante di certo non cadrà nell’oblio. Se non avete ancora intenzione di comprare e giocare Cyberpunk 2077, io vi consiglio di recuperare questi titoloni, non ve ne pentirete.

Syndicate

Passiamo a fare un po’ di archeologia videoludica: parliamo di Syndicate, che i più anzianotti tra noi ricorderanno come un grandissimo successo di Electronic Arts del 1993 per Amiga e PC.

Dal gioco di ruolo passiamo qui ad un titolo strategico, ambientato in un futuro distopico in cui governano le megacorporazioni; di una di queste siamo messi a capo e lottiamo per, semplicemente, dominare il mondo.

Una robetta, insomma.

E come si domina il mondo? Mandando in giro gli agenti, potenziati con gli opportuni innesti bionici o addirittura tramutati in cyborg, a compiere missioni, tra le quali infiltrazione, assassinio di leader rivali e tutto quello che è necessario per dominare e controllare la popolazione.

Senza scrupoli morali, sia chiaro: causare stragi non provoca effetti negativi, in Syndicate! Ed è una mancanza di remore piuttosto in linea con l’ambientazione.

Syndicate fu un grande successo anche di critica, e meritò un sequel chiamato Syndicate Wars nel 1996, che questa volta faceva bella mostra di una grafica 3d al posto di quella isometrica; nel 2012, addirittura, il franchise fu riportato in vita cambiando completamente genere: il nuovo Syndicate era uno sparatutto in prima persona, anche niente male, ma che ebbe il problema della pesante eredità del nome.

L’erede moderno di Syndicate nella sua accezione originaria può essere trovato in Satellite Reign, una delle prime campagne Kickstarter di successo nel mondo videoludico.

Shadowrun: Returns

Da uno strategico, torniamo al gioco di ruolo: la storia di Shadowrun comincia dal GDR cartaceo, sempre figlio degli anni ’80, e ha la particolarità di mischiare alla classica ambientazione cyberpunk anche il fantasy, introducendo la magia.

Il background è dettagliatissimo e l’introduzione dell’elemento magico è una grande idea che dona a Shadowrun un grandissimo successo, e ciò non tarda a donargli rilevanza anche in ambito videoludico.

Escono, a partire dal 1993, 4 videogiochi tutti con lo stesso nome, e tutti diversi l’uno dall’altro, ma quello che ci interessa ora si chiama Shadowrun: Returns, classe 2013, GDR con parte tattica per i combattimenti che dà il via ad una vera e propria rinascita del franchise, ad opera di una casa indie, che ha la geniale idea di dotare il suo titolo di un potente editor di campagna; il gioco esce con un’avventura piuttosto breve, ma l’editor ne decreta l’assoluto successo tra gli appassionati, che creano centinaia di avventure scaricabili e giocabili da tutti.

Gli sviluppatori, non paghi, pubblicano nei due anni successivi Shadowrun: Dragonfall, espansione che migliora del tutto l’originale, e Shadowrun: Hong Kong, un ulteriore versione standalone molto apprezzata per la sua storia.

Comunque, in giro si dice che se non scarichi le avventure dal workshop godi solo a metà.

Beneath a Steel Sky

Facciamo nuovamente un salto indietro nel tempo fino al 1994.

Charles Cecil, il papà della famosa saga di Broken Sword, chiede a Dave Gibbons, disegnatore di Watchmen, di collaborare ad un progetto che ha in mente: nasce così Beneath a Steel Sky, la cui storia è introdotta proprio da un fumetto scritto da Gibbons.

Siamo in Australia, in un non meglio precisato futuro (chiaramente distopico), e la Terra, guarda un po’, è devastata da un mix di inquinamento e guerra atomica. Bel posto, ma non ci vivrei. In questo simpatico contesto, il nostro personaggio, Robert Foster, insieme al suo fido compagno robot, si troverà in mezzo ad una guerra tra due città stato e ad una enorme cospirazione, dove di mezzo c’è anche una IA, tanto per non farci mancare nulla.

Beneath a Steel Sky è una classica avventura punta e clicca, nata in un periodo in cui il genere andava alla grande, ed è caratterizzata da uno stile a metà tra il serioso alla Sierra e l’umoristico alla LucasArts, stile che poi si ritroverà nelle successive opere di Cecil.

Comunque sia, fu un immediato successo di pubblico e di critica, ed è tutt’oggi ricordato come uno dei grandi classici del genere: se volete provarlo, sappiate che il gioco ora è gratis e lo trovate, ad esempio, su GOG.com, che ve lo regala all’atto dell’iscrizione (gratuita) al portale. Meglio di così.

Se ve lo giocate e vi piace, sappiate che qualche mese fa, finalmente, BaSS ha ricevuto un seguito, Beyond a Steel Sky, che personalmente non ho avuto il modo di provare. Ambientato 10 anni dopo il primo, sfoggia una bella grafica 3D in cell-shading e pare dalle recensioni Steam che le persone abbiano apprezzato.

VirtuaVerse

Per l’ultimo consiglio sono andato fuori dal seminato ed evitato i classici, che pure ce ne sarebbero ancora tanti da citare.

Ho voluto indugiare su un’uscita recentissima, che pure si rifà a grandi capolavori del passato.

VirtuaVerse è un’avventura punta e clicca ambientata in un futuro non troppo lontano, nel quale un’Intelligenza Artificiale è prevalsa su tutte le altre IA e sui loro governi, provocando la migrazione della società verso una realtà integrata permanente collegata a una singola rete neurale, che ottimizza continuamente l’esperienza utente processando dati personali. In questa bella atmosfera, il protagonista Nathan rompe i suoi visori per l’accesso alla realtà virtuale, e in contemporanea non trova più la sua fidanzata, scomparsa nel nulla.

VirtuaVerse è sinceramente delizioso da guardare, grazie ad una pixel-art di livello pazzesco che esalta l’ambientazione smaccatamente cyberpunk, e anche da ascoltare, con le sue melodie chiptune, che ci rimandano direttamente al tempo in cui l’Amiga spadroneggiava; da giocare è un’avventura di quelle belle toste, come ai vecchi tempi, quindi astenersi chi non voglia sudarsi la risoluzione degli enigmi.

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