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Dragon Ball Z: Kakarot – La ricetta per tornare bambini

Recensione

Alzi la mano chi non ha provato, almeno una volta, a creare la Kamehameha (l’onda energetica) di Goku, o a ricreare le epiche battaglie contro Vegeta, Piccolo e tutta la truppa degli incredibili personaggi che popolano la saga di Dragon Ball. Quanti hanno cercato le sfere del drago in giardino, al parco, o a scuola?
Le cose sono due: o lo avete fatto anche voi, o state mentendo.

Ebbene, oggi grazie a CyberConnect2 (gli stessi di Naturo e Asura’s Wrath) e a Bandai Namco, eccoci pronti a rivivere quelle stesse emozioni di allora e, detto tra noi, tornare ad essere un po’ bambini.

Trama

Dragon Ball Z: Kakarot per chi non lo sapesse, ripercorre la storia passo dopo passo del celebre Dragon Ball Z. Goku, ormai adulto, vive in tranquillità con la moglie Chichi e il figlio Gohan, quando a turbare la quiete arriva Radish che cerca di convincere il nostro protagonista (che scopriamo essere un alieno di nome Kakarot) ad unirsi a lui nella conquista dell’universo.

Naturalmente Goku rifiuta e da qui partono gli eventi che compongono la saga di DBZ… dei quali non parlerò: se lo avete visto, lo conoscete già; in caso contrario non intendo rovinarvi il gusto di scoprirlo.

Gameplay

Ma, in definitiva, che gioco è Dragon Ball Z: Kakarot? Ci sono i combattimenti, certo, ma anche tanta esplorazione, tanti personaggi con cui parlare e con cui rievocare i tempi andati.
Un titolo a doppia faccia quindi, che alterna ampie sessioni di storia, di ricerca e di sviluppo dei personaggi, a intensi combattimenti in volo, dove scatenare le abilità acquisite e potenziate e ricreare le epiche battaglie dell’anime.

Per quanto riguarda la prima parte, siamo davanti ad un semi open world, dove ci sono molte zone da visitare ed esplorare, andare a caccia di collezionabili e svolgere missioni secondarie (un po’ ripetitive a dirla tutta) che consentono di ampliare la conoscenza del mondo di gioco, della lore e di sviluppare i personaggi in stile GdR.
Da brividi le pagine dell’enciclopedia Z, che consiste in vecchi scatti della prima stagione (quella con Goku bambino, per intenderci).
Svolgendo le missioni, poi, raccoglieremo anche “medaglioni” speciali che potremo inserire nelle nostre “bacheche” per potenziare diversi aspetti dell’approccio al gioco, dal farming delle monete alla potenza di attacco nei combattimenti.

E veniamo quindi alla parte più pirotecnica. Personalmente non ho mai amato i titoli con le gigacombo che richiedono ore ed ore di pratica per essere perfezionate. Dragon Ball Z: Kakarot sposta tutto verso un livello più basso e facilmente abbordabile anche dai giocatori meno hardcore. Tutto si svolge con i quattro tasti del controller, attacchi e schivate, a cui poi si andranno ad aggiungere gli attacchi speciali (una volta caricati) o il supporto di un compagno, quando si combatte in squadra.

Il trucco è naturalmente quello di parare e schivare i colpi dei nemici, contrattaccare scaraventando a terra l’avversario ed investirlo con tutto il nostro potenziale di Saiyan.

Per il mio gusto personale, onestamente, questa è la parte che ho trovato meno interessante: ovviamente in un titolo che si ispira ad un anime in cui il combattimento ne è la parte centrale, è ovvio che ci fosse attenzione a questo aspetto; tuttavia ho apprezzato molto di più la sezione esplorativa e narrativa, in cui possiamo veder procedere la storia o rievocare i bei tempi andati.

Molto soddisfacente anche la parte di GdR, in cui possiamo davvero far crescere il nostro personaggio e modellarlo secondo gusto personale. Ovviamente si poteva spingere ancor più l’acceleratore su questa parte, ma la scelta di mantenere un certo livello di semplicità e accessibilità sembra averla fatta da padrona e non è detto che sia una scelta sbagliata.

Comparto tecnico

Una volta tanto (e chi mi conosce sa che non è quello a cui bado principalmente) a fare la parte del leone è l’aspetto grafico. Stiamo parlando di DBZ e la fedeltà all’anime doveva essere centrale.
Così è stato: giocare a Dragon Ball Z: Kakarot sembra di rivedere, a volte sequenza per sequenza, le immagini del cartone animato, con i personaggi ricreati in modo assolutamente fedele all’originale.
Una vera festa per gli occhi.

Stesso dicasi per gli effetti sonori e l’accompagnamento musicale, perfetto in ogni momento di gioco. E le battaglie danno davvero grande soddisfazione di immersività e adreanalina.

E che gioia attraversare li mondo di Akira Toriyama a bordo della celebre nuvola!

Dovendo muovere una critica, mi sento di puntare nuovamente il dito contro il Battle System che alla lunga risulta essere monotono e ripetitivo, al punto che ho pregato che esistesse un modo per skipparli e giocarli in automatico. A volte questi combattimenti sono molto brevi, altri, purtroppo, eccessivamente lunghi e uguali a se stessi.
Mi è capitato, ad esempio, di saltare molti incontri casuali perché alla decima volta che sconfiggevo lo stesso tipo di avversario, davvero non ce la facevo più.

Conclusioni

Dragon Ball Z: Kakarot non è un titolo tecnicamente perfetto: la livellazione della difficoltà verso il basso e una eccessiva ripetitività nelle missioni secondarie danno l’idea che gli sviluppatori abbiano voluto allungare forzatamente il brodo senza dare il giusto livello di sfida. Abbiamo amato l’anime da bambini, ma ora non lo siamo più e il gioco poteva tranquillamente posizionarsi su ritmi più impegnativi.
Tuttavia è innegabile che sia la risposta a quanti chiedevano di tornare a vivere, e di farlo in prima persona, le avventure di DBZ ed è innegabile la capacità che ha il titolo di riportare in vita quelle emozioni, facendole provare ancora una volta, come tanti anni fa.

Nerdando in breve

Dragon Ball Z: Kakarot è la realizzazione di un sogno ad occhi aperti per tutti quelli che hanno amato l’anime da bambini.

Nerdandometro: [usr 4.0]

Trailer

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