Premessa: questo articolo è stato scritto da un redattore che non ama alla follia i giochi particolarmente difficili, come per esempio Dark Souls e i suoi seguiti. Se foste di ritorno da Marte, vi accenno al volo di che si tratta: i giochi della serie “Souls” sono degli action RPG caratterizzati da una difficoltà non regolabile e messa sul livello “max” di default. La cosa ovviamente spacca il pubblico, che si divide in amanti della saga e in chi muore al primo nemico e, alla settima volta di fila che succede, spegne la console e la lancia giù per le scale. Bene, io faccio parte della seconda categoria, anche se per Sekiro: Shadows Die Twice, che formalmente non fa parte della saga e non è un “Souls-like”, ho fatto un’eccezione, spinto dall’ambientazione da me ampiamente amata (il Giappone) che mi ha fatto voler provare a sfidare a tutti i costi la mia pazienza con quest’ultima uscita della From Software, pubblicata da Activision.
Recensione
Giappone, epoca Sengoku: la vita è dura per i guerrieri, e i conflitti tra casate di samurai scuotono il paese nel profondo. Un bambino si aggira per un campo di battaglia, cercando di recuperare qualcosa di valore dai numerosi cadaveri che giacciono senza vita. Uno shinobi (o ninja) lo vede, gli poggia l’affilatissima spada sul viso e gli chiede se non ha più nulla da perdere. Il bimbo, nonostante la ferita aperta, gli afferra la spada, e l’uomo – chiamato “Il Gufo” – decide di prenderlo con sé e di farlo diventare uno shinobi. Inizia così la storia di Okami (cioè lupo), riservato ma inarrestabile ninja al servizio del suo giovane signore. Il fato avverso, però, è sempre in agguato, e lo shinobi deve confrontarsi con Genichiro, leader del clan Ashina, intenzionato a rapire il suo giovane signore. Purtroppo il samurai riesce nel suo intento, e nel farlo priva di un braccio lo shinobi, lasciandolo a morire in un campo pieno di fiori bianchi.
Ma il destino dello shinobi è propizio (?), e inspiegabilmente l’uomo si risveglia al cospetto di un (peloso) scultore buddhista, che gli dice che è potuto sfuggire alla morte grazie al suo “sangue del drago”. Lo scultore ha inoltre impiantato un braccio prostetico con un rampino al suo interno allo shinobi, e lo ribattezza come Sekiro, che significa letteralmente “lupo con un braccio solo”. Ora la missione di Sekiro è una sola: recuperare il suo giovane signore, e per farlo non esiterà a bagnare di sangue la sua spada. Questo è solo l’incipit della storia, e ovviamente non vi svelo altro, perché il lavoro fatto sulla trama è davvero eccellente e merita di essere scoperto momento dopo momento.
Gameplay
Come vi anticipavo nell’introduzione, Sekiro è un action dal taglio stealth. Per entrare più nel dettaglio, il gioco è in terza persona ed ha una forte componente esplorativa in aree più o meno ampie; non aspettatevi un vero e proprio open world ma le mappe sono ampiamente esplorabili. Infatti potrete muovervi liberamente per cercare la strada migliore per avanzare nella missione, e qualche volta potrete anche trovare vere e proprie scorciatoie esplorando le zone più improbabili grazie al vostro rampino. Ed è proprio il rampino uno degli elementi chiave di Sekiro: grazie ad esso potrete lanciarvi a mo’ di Batman (che, ricordiamolo, è un ninja anch’egli) su appigli, tetti, alberi e sporgenze varie, che vi permetteranno di ottenere un vantaggio chiave sui vostri nemici, di nascondervi ma soprattutto di esplorare zone non raggiungibili a piedi nelle quali potreste trovare bonus e anche personaggi che vi daranno un aiuto inaspettato. Inoltre il rampino sarà potenziabile recandosi presso lo scultore, il quale userà degli oggetti da voi raccolti durante l’avventura per potenziare la protesi e donarvi nuove abilità: sarà bellissimo sparare fiamme dal braccio ed infuocare la nostra lama per tagliare e bruciare i nemici nello stesso momento.
Essendo un action, però, il succo è ovviamente nei combattimenti, mentre è presente una minima parte più “RPG”, non predominante ma in un certo modo comunque rappresentata. Andiamo per ordine: il combattimento è la chiave principale per la sopravvivenza di Sekiro. Certo, la componente stealth è fondamentale e vi permetterà di agire più indisturbati del normale – nonché uccidere diversi nemici con un colpo mortale e silenzioso – ma se non padroneggerete la tecnica di spada e di deviazione, avrete vita moooolto breve (confermo). La chiave è tutta nelle deviazioni (o parate) e nella postura, ossia la capacità del personaggio di turno di coprirsi dagli attacchi o di rimanere scoperti una volta persa. Avremo quindi due barre, una della vita vera e propria, e l’altra della postura, che si riempirà man mano che gli attacchi verranno deviati o si subirà danno. Una volta riempita la barra, la postura sarà persa e sul nemico comparirà un bollino rosso: a questo punto potremo effettuare un attacco “finale” che toglierà la vita al nemico o, nel caso in cui il nostro antagonista avesse due (o più) bollini rossi sopra la sua barra della vita, toglierne uno per indebolirlo e poi continuare la lotta. Ma come vi dicevo, attenti, perché questo vale anche per voi: più colpi subirete, più sarete aperti all’attacco nemico, e ciò succederà anche nel caso in cui non deviaste i colpi con il giusto tempismo. Abbiamo ovviamente anche la possibilità di saltare e di schivare con una capriola, ma risulterà fondamentale imparare il sistema di parata e deviazione per volgere gli scontri in nostro favore.
E cosa succede se, come il sottoscritto, venite trafitti a morte? Ma risorgeremo, senza dubbio! Sekiro infatti, a causa del suo lignaggio, ha la possibilità di tornare in vita per continuare la sua missione – da qui il titolo del gioco. La possibilità di risorgere ci toglierà dall’impiccio di morire, cosa che, nel caso in cui accadesse, vi farà perdere sia l’esperienza guadagnata che i soldi ottenuti saccheggiando i cadaveri dei nemici. Occhio però, non è tutto oro quel che luccica: risorgere spesso potrebbe avere effetti collaterali (è un medicinale) per le persone che avete attorno – e non intendo il vostro gatto contro il quale scaglierete il pad quando morirete per l’ennesima volta, povero gatto!
Concludo la panoramica del gameplay di Sekiro dando un’occhiata al lato “RPG“. Non dovremo fare particolari scelte o caratterizzare in modo dettagliatissimo il nostro Sekiro, ma potremo guadagnare esperienza uccidendo nemici e proseguendo con la storia così da sbloccare sempre più abilità, o di tipo “utilizzabile” – quindi nuove tecniche, per farla semplice – o di tipo “perenni”, che cambieranno quindi le nostre abilità basali. Potrete un minimo personalizzare l’albero di sviluppo delle abilità, anche se in fin dei conti il quadro è ben delineato, ma bene così per evitare un’ulteriore complicazione che non avrebbe più di tanto giovato al titolo. Ma come fare ciò? Facile, pregando presso delle statue illuminate da fuochi blu (mi ricorda qualcosa) dove potrete sviluppare le vostre abilità, viaggiare tra le diverse statue già visitate, e infine riposare per ripristinare la barra della vita. Però occhio! Come in altre produzioni From Software, riposando presso le statuette innescherete il respawn della maggior parte dei nemici: ottimo per farmare monete ed esperienza, un po’ meno se non amate i combattimenti.
Grafica, ambientazione e audio
Questo capitolo merita una menzione d’onore: la From Software, ancor più di quanto visto in precedenza, con Sekiro ha fatto davvero un lavoro pazzesco. Come vi dicevo, siamo nel Giappone medievale, e l’ambientazione è curata in ogni dettaglio. Tralasciando la natura attorno a noi, fantasticamente realizzata, ciò che lascia a bocca aperta è la realizzazione sia di tutte le strutture edilizie sia dei personaggi principali, veramente accuratissime. Ancor più dei modelli poligonali, sono stati i colori a colpirmi, fra tutti il rosso vermiglio tipico del Giappone, che potrete trovare in ogni luogo più antico e che ho avuto la fortuna di ammirare più e più volte nel corso dei miei viaggi. Oppure il rosso fuoco delle foglie d’acero autunnali, che sono un po’ il simbolo del gioco e che troveremo spesso nel corso della nostra avventura.
Inoltre, al netto dell’aspetto puramente grafico, Sekiro ha costruito un vibrante universo, con un sistema di relazioni e personaggi che ci regaleranno ben più di una sorpresa. Inoltre, cosa che viene introdotta quasi con nonchalance, l’elemento sovrannatural-folkloristico giapponese permea il gioco, sorprendendovi con creature mostruose e antiche leggende nel corso della storia, rendendo quasi normale l’anormale e usuale l’insolito. Demoni, orchi, berserker e giganteschi serpenti dovranno essere passati a fil di spada, e in alcuni momenti del gioco potreste persino ritrovarvi a viaggiare nel tempo. Addirittura sarà presente, presso il tempio dove il nostro “amico” scultore è intento a scolpire, un non-morto senziente che offrirà il suo immortale corpo per farvi provare le tecniche di combattimento, con tanto di frasi di incoraggiamento e complimenti al termine della sessione. Insomma, per gli amanti della lore, qui c’è veramente tutto, e credo che l’artbook del gioco sia un acquisto più che consigliato per chi ama quest’ambientazione.
L’audio, come tradizione insegna, secondo me dovrebbe essere impostato assolutamente su giapponese, per godere appieno delle sfumature sonore della lingua “realmente” parlata dai protagonisti. Poi, per carità, il doppiaggio è una gran comodità e sono il primo ad apprezzare alcuni fantastici adattamenti (ad esempio Uncharted, per dirne uno tra i migliori), ma in questo caso preparatevi ai sottotitoli, ne varrà la pena. Ottima cura anche per gli effetti sonori, con il cozzare di spade e armature reso in maniera ottimale; i versi abominevoli delle varie creature vi faranno drizzare i peli e le voci dei personaggi saranno sempre potenti ed espressive.
Concludendo
Sekiro: Shadows Die Twice potrebbe essere fin d’ora il Game of the Year, ma purtroppo non mi sento di affermarlo con certezza. Perché? Bene, questo paragrafo mi dà il “la” per affrontare un argomento delicato, ossia la difficoltà. Se siete fan dei vari Souls/Bloodborne/Nioh e così via, sapete già cosa vi troverete ad affrontare, e queste righe potrebbero non interessarvi o anzi darvi quasi fastidio. Ma ora mi metto nei panni di un giocatore che si avvicina a questo gioco da neofita: l’esperienza potrebbe essere veramente frustrante, perché il gioco è difficile e non vi dà – al netto della resurrezione – la possibilità di rimediare ai vostri errori. “Gioca a qualcosa di diverso”, diranno i fan, ma la domanda che mi resta è: “Perché non sfruttare fino in fondo un gioco fatto da dio, con un’ambientazione curatissima, e renderlo in pratica inaccessibile ai giocatori meno scafati?”, e credo che la risposta non sia così semplice.
C’è un acceso dibattito sul discorso “Sekiro è un souls-like/Sekiro non è un souls-like” al quale personalmente non ho una risposta da dare se non quella che ci sono sicuramente tanti elementi che ricordano alla lontana (ma manco troppo) il principale franchise della From Software – prima tra tutte la difficoltà decisamente alta – pur non essendo il “core” del gioco assimilabile ad un capitolo della saga Souls. Tuttavia sono certo che gli appassionati di questi titoli non faticheranno a divertirsi con Sekiro, gustando la novità che comunque “ha il sapore di casa”.
Da non appassionato di questa tipologia di giochi “hardcore“, invece, mi sono spesso sentito frustrato, e a volte ammetto che il divertimento si è fatto da parte e ha fatto posto all’incazzatura, cosa che di base non amo provare quando gioco e “mi rilasso”. Però altre volte la difficoltà mi è servita da sprone ed è diventata quasi una questione di principio superare quel nemico, quella sezione che ho rifatto mille volte finché i nervi hanno retto. Ed è per questo che sono spaccato in due: da una parte lodo l’eccelso lavoro di From Software e promuovo il gioco a pieni voti – specie per quanto riguarda ambientazione e lore, veramente al top – mentre dall’altra mi sento di dire che Sekiro non è per tutti; vale assolutamente la pena di provarlo, è davvero un’esperienza videoludica spettacolare ed intensa, ma potrebbe non fare al caso vostro. In ogni caso, Sekiro: Shadows Die Twice è proprio un gran bel gioco. Ma tanto, tanto, tanto.
Nerdando in breve
Sekiro: Shadows Die Twice è l’ultima fatica della From Software: preparatevi a morire male, ma in un posto bellissimo.
Menzione d’onore: parte della presente recensione è una rielaborazione di uno scambio avvenuto tra me e F. Radica, compagno di mille avventure videoludiche e non solo, nonché cultore delle produzioni From Software e talmente appassionato da comprarsi l’artbook di Bloodborne – eravamo assieme in Giappone, allo Yodobashi di Akihabara, posto pazzesco nel quale vi invito ad andare a spendere i vostri Yen – pur non avendoci mai giocato “attivamente”: un’autorità nel settore!
Nerdandometro: [usr 4.7]
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Ringraziamo Activision per averci dato l’opportunità di provare questo fantastico titolo.
Trailer
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