Recensione
A, come Atrocità!
doppia T, come Terremoto e Tragedia!
I, come Ira di Dio!
L, come Lago di sangue!
A, come “Adesso vengo lì e ti sfascio le corna!”
Non prendetemi per matto, ma cercavo un modo più simpatico del solito per presentarvi la recensione di oggi, uno di quei begli strategici a sfondo storico che mi piacciono tanto e che è, con mia somma gioia, ambientato in un periodo insolito, quello intorno alla iconica data del 476 d.C., che segna convenzionalmente la caduta dell’Impero Romano d’Occidente.
Una circostanza ed un concetto che in genere mi rattrista, ma che oggi dovrò affrontare da vero uomo, dato che in Jon Shafer’s At the Gates vestiremo i panni neanche troppo aggraziati di coloro che sono ricordati in modo semplicistico come i “fautori” di tale collasso, ovvero quelli delle popolazioni barbariche che invasero ripetutamente i confini dell’Impero fino alla deposizione dell’ultimo Imperatore, l’imberbe Romolo Augustolo.
La storiografia ci insegna che, oltre a tali invasioni, furono molteplici le cause che portarono a compimento una decadenza iniziata molto prima, anche per colpa dell’Impero stesso; ma, dato che qui non siamo in un corso di Storia romana (purtroppo) ma stiamo tentando di recensire un videogioco, la faccio breve, che altrimenti vi annoiate.
At the Gates (lo chiameremo così, per brevità) è uno strategico a turni della tipologia 4X, come Civilization, per intendersi.
L’ispirazione sembra palese, ma le idee del buon Jon, la mente dietro il progetto, sono molto più interessanti di una ipotetica, ennesima variazione sul tema, come vedremo tra poco.
Ma prima, una domanda.
Chi è Jon Shafer?
Dite un po’, non vi suona strano il fatto che nel titolo del gioco vi sia il nome del suo ideatore?
Quante altre volte vi è capitato di vedere un nome nel titolo di un videogioco?
Io, a memoria, ricordo pochissimi titoli che portano con orgoglio nel titolo il nome di un designer o di uno scrittore o di un uomo famoso che abbia il carisma necessario ad una operazione del genere: così a naso direi sicuramente Sid Meier, leggendario ideatore e designer della serie Civilization, o Chris Sawyer, autore di Transport Tycoon; Tom Clancy, celebre scrittore che fornì l’universo narrativo per i vari Rainbow Six e Splinter Cell, o ancora Buzz Aldrin, secondo uomo a metter piede sulla Luna, che fece da consulente per un classico titolo sulla corsa allo spazio.
E Jon Shafer chi è, esattamente? Uno che nel suo curriculum può scrivere che a 23 anni è stato capo progetto di un giochino piccolo piccolo di nome Sid Meier’s Civilization V, dopo esser stato assunto da Firaxis, che aveva notato il suo talento come modder e programmatore.
Il buon Jon coltiva il progetto di At the Gates da ben 7 anni e lo fa mentre passa altre due aziende (Stardock e Paradox, robetta insomma) e fonda la sua, Conifer Games, un team di ben 3 persone di cui questo è il primo titolo pubblicato, dopo anni di lavoro intenso, un kickstarter di successo e tanti rinvii.
E quindi, con un po’ di arroganza forse, Jon piazza il suo nome davanti al titolo: non si può certo dire che non ci abbia creduto e che questa sia davvero una sua creatura.
Il gioco
Dopo tutto questo parlare, andiamo al dunque: com’è, At the Gates?
È un titolo che, di primo acchito, potrebbe davvero sembrare un clone di Civ: mappa esagonale, un insediamento, unità che si muovono per la pianta.
Ma la similitudine inganna: saremo a capo di una popolazione germanica (all’inizio potremo utilizzare solo i Goti, ma giocando potremo sbloccarne molte altre, ciascuna con le sue caratteristiche peculiari) formata a sua volta da vari clan, ciascuno con tratti positivi e negativi. I clan sono, sostanzialmente, i nostri cittadini, la nostra forza lavoro e le nostre unità, la base sulla quale potremo pensare di costruire la nostra fortuna. Inoltre, l’insediamento è unico, e quello avremo per tutta la partita.
Ciascun clan è, appunto, diverso dall’altro in quanto a difetti e qualità: potrà accadere di avere un clan particolarmente versato nell’artigianato, che quindi chiederà di essere impiegato in quello, pena una diminuzione del morale, oppure estremamente litigioso, che quindi verrà alle mani più spesso in presenza degli altri clan, e così via. Il nostro grosso lavoro sarà quello di trovare un’armonia tra le esigenze del popolo e quelle di ciascun clan, per non far scoppiare risse e tumulti.
Ah, ve lo dico: per sedarle procuratevi il vino. Il vino funziona sempre.
A ciascuno dei clan che formano la nostra popolazione potrà essere assegnato un mestiere, e ce ne sono tantissimi, dai raccoglitori ai pescatori, agli scultori, mercanti, guerrieri e bardi: la “scoperta” dei nuovi lavori è proprio la parte di ricerca scientifica di At the Gates, che ci permetterà, pian piano, di contare su specializzazioni sempre più sofisticate per poter differenziare sia ciò che potremo fare con le unità sulla mappa sia le risorse che potremo raccogliere e produrre.
I mestieri assegnabili ai clan sono di tipo sedentario (e quindi i clan rimarranno nel villaggio per farli) oppure di tipo attivo, e quel clan diverrà una unità da muovere sulla mappa.
Il primo pensiero per noi dovrà essere quello di sopravvivere e quindi, in prima battuta, di creare un “motore” di produzione di risorse primarie, cominciando dal cibo. Guarderemo immediatamente alle risorse che circondano la posizione iniziale del nostro villaggio, iniziando a raccogliere ciò che Madre Natura offre, sfruttando i primi mestieri disponibili e più semplici, come il cacciatore, il raccoglitore o il pescatore.
Usciremo pian piano ad esplorare e a scoprire il mondo che ci circonda: i depositi di risorse non sono infiniti, i clan si allargano e di nuovi si uniscono alla nostra civiltà, l’alternarsi delle stagioni incide in modo importante sui mestieri e sulla produzione di risorse.
Siamo ancora una popolazione nomade, e l’insediamento può essere spostato in altre zone con più risorse, ma sarà una mossa da ponderare con estrema cautela, così come tutte le mosse che andremo a compiere soprattutto nella prima fase della partita: At the Gates ha un ritmo molto lento, compassato e richiederà di valutare bene tutte le combinazioni di mestieri che decideremo di sfruttare e tutte le risorse su cui decideremo di avventarci.
Più avanti nella partita, decideremo di divenire stanziali, fondare il nostro regno e cominciare a costruire opere in muratura, che ci permetteranno di beneficiare delle risorse in modo praticamente infinito anziché a termine come nella prima parte. Ma di acqua sotto i ponti e di turni di gioco ne dovranno passare, eccome, prima di questo passo.
È inutile negarlo, per i neofiti di strategia la curva di apprendimento potrà risultare ripida, ma a mio avviso intrigante: la prima parte della partita, allo stato attuale del gioco, è di certo la parte più cervellotica ma affascinante, appesa come sarà la nostra civiltà ad un sottile equilibrio tra la sopravvivenza e l’estinzione e grazie al lavorio mentale richiesto per cercare di creare un perfetto meccanismo di generazione risorse e di gestione dei clan.
Ad un certo punto, chiaramente, incontreremo altre civiltà sulla mappa, nonché le due fazioni romane, quella dell’Impero d’Occidente e quella dell’Impero d’Oriente: a rigor di Storia, queste ultime due all’inizio saranno potentissime, per poi veder calare man mano la loro potenza a discapito delle popolazioni barbariche.
Parlare dei nostri vicini di mappa, ahimè, ci porta a dover affrontare un punto dolente di At the Gates, che riguarda la diplomazia, pilastro di questo tipo di titoli. Ebbene, qui possiamo considerarla la grande esclusa, dato che le interazioni con le altre fazioni si limiteranno al solo potergli dichiarare guerra o stringerci una alleanza, mentre loro potranno prendere iniziative come regalarci risorse o chiederci tributi.
Sinceramente? Questa scelta non la capisco: la schermata diplomatica ci mostra parametri che ci aiutano a capire come siamo visti dagli altri ma potremo interagirci solo al primo incontro e poi ci limiteremo a “subirli”, anche se, in verità, l’IA è più passiva che mai: tranne qualche bandito, le varie fazioni si faranno i beneamati cavoli loro, lasciandoci agire in modo piuttosto “largo”, permettendo di prenderci il tempo per arrivare ad una delle due condizioni di vittoria in modo non troppo furioso.
Le condizioni di vittoria sono, appunto, due e corrispondono ad una vittoria militare su una delle fazioni romane, oppure ad una diplomatica/economica, per la quale dovremo riuscire a fare entrare i nostri uomini nei ranghi dell’esercito romano e farci eleggere Magister Militum (tipo Ricimero).
Grafica, sonoro ed interfaccia
Pur presentandosi con una semplice mappa bidimensionale, At the Gates lo reputo piacevole alla vista: i colori acquerellati sono azzeccati e anche la chiarezza della lettura della mappa ne trae giovamento. Niente effettoni speciali, concretezza, ma di quella bella.
Il sonoro è rappresentato solo dai suoni ambientali ma la musica non c’è: classica playlist di sottofondo e passa la paura.
Dell’interfaccia invece sono felice di lodare i tooltip, veramente ben fatti e d’aiuto per comprendere un titolo così complesso. Al passaggio del mouse su qualsiasi elemento, una pratica tendina ci darà una marea di informazioni, che a loro volta potranno contenere altri tooltip, che fungeranno da manuale rapido, in modo tale da non farci sentire smarriti, perlomeno su questo versante.
In conclusione
Ero entusiasta per At the Gates, l’avevo sentito nominare tanti anni fa quando partì la fase di sviluppo e finalmente ora ce l’ho tra le mani.
Successo o delusione?
Secondo me né l’uno, né l’altra. Jon Shafer si è basato su idee ottime, ma lo sviluppo del suo lavoro ha incontrato mille difficoltà ed è palese, giocandoci, come non abbia potuto rifinire una marea di aspetti solo accennati.
Sotto al cofano c’è un motore molto interessante, ma anche dei difetti che non si possono ignorare: l’intelligenza artificiale troppo passiva, ad esempio, o il ritmo troppo lento e rilassato persino nelle fasi finali. La diplomazia, che in pratica è inesistente.
È un peccato, perché At the Gates può davvero diventare una piccola gemma indie, un’alternativa valida ai grandi titoli, perché ne ha le potenzialità e soprattutto ha quel dannato effetto “un’altro turno e poi smetto” cui è difficilissimo resistere, e non è da tutti.
Jon Shafer ha comunicato il suo piano di sviluppo post-lancio per tutto quest’anno e, se le sue intenzioni dichiarate non saranno disattese, At the Gates potrà crescere e diventare il bellissimo gioco che promette di essere.
Io me lo tengo in caldo e continuerò a giocarci perché, appunto, trovo che abbia meccanismi molto interessanti, diversi da quelli soliti: vedremo se riuscirà a diventare qualcosa di più di una gemma grezza.
Ringraziamo Conifer Games del materiale per questa recensione.
Jon Shafer’s At the Gates è disponibile per PC e potete acquistarlo sul sito ufficiale senza DRM, ma vi si offre anche una chiave Steam, tanto per gradire.
Nerdando in breve
Jon Shafer’s At the Gates, opera in solitaria del lead designer di Civilization V, è una interessante variazione sul tema per gli strategici a turni: riusciremo a trionfare contro l’Impero Romano?
Nerdandometro: [usr 3.0]
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