Dopo aver fatto un discreto successo sulla relativa pagina Facebook, ecco che le sorprendenti strisce di Dove Sono, opera di Edoardo De Falchi e Daniele Mancini, raggiungono il formato cartaceo grazie a Shockdom, aggiudicandosi un posto in quel gruppo di artisti alternativi che è la collana Fumetti Crudi.
Recensione
Nelle 144 pagine che lo compongono, Dove Sono si presenta come un innocuo volume in bianco e nero, brossurato, quadrato, pieno di schizzi frettolosi e parole scritte con brutta grafia. Va da sé che se fosse realmente in questo modo, allora non ci sarebbe molto altro da dire a riguardo. Invece il volume in questione adatta perfettamente forma e contenuto, in una sincronia di elementi che rende l’intera lettura piacevole e coinvolgente, adatta a quegli attimi in cui si ha una forte necessità di sorridere.
Dove Sono non racconta una storia, ma ne accenna infinite. Avete presente le barzellette che iniziano con “un uomo entra in un bar”? Ecco, parliamo proprio di questo, gente a caso che è entrata in un bar. Solo che poi quello che ne esce fa ridere davvero.
In ogni vignetta si alternano personaggi non ben definiti: tratti abbozzati, volto mancante, solo quei due o tre dettagli necessari per distinguere gli interlocutori. Tutti accomunati dalla stessa location: una linea orizzontale. Che sia il bancone del bar, che sia la linea separatrice fra una vignetta e quella sottostante, ha poca importanza: ciò che conta è che, proprio su quella linea, alcuni interlocutori stanno disquisendo su qualcosa che in un modo o nell’altro potrebbe interessarci. Fondamentalmente, è come se fosse una raccolta di quegli attimi rubati dalle conversazioni altrui che capita di percepire in quegli istanti morti durante una conversazione. Ecco, proprio attimi rubati, solo che sono autoconclusivi e hanno perfettamente senso, anche se spesso sono assurdi.
La bellezza inusuale di un assurdo che suona è cosa rara e in quanto tale merita tutto il dovuto apprezzamento. Nel momento in cui viene stabilita una logica differente da quella abituale, diventa possibile rendere verosimili discorsi che normalmente non lo sarebbero neanche lontanamente. “Facciamo che eravamo due blatte?” come incipit di una discussione fra due amici al bar, non è ciò che si potrebbe definire standard, eppure il breve scambio di battute fra le due macchiette abbozzate fila perfettamente nella logica del “niente è strano”.
La striscia sovrastante dice tutto: quando mai vi è capitato di giocare di fingervi un insetto? Da bambini spesso ci si finge qualcun altro, da principessa a supereroe, da fata (personalmente sono sempre stata una Winx) a qualunque altro personaggio adorassimo, ma quando mai “una blatta”? Eppure l’amico accetta entusiasta, “dai, dai”, come se fosse un gioco abituale. Tuttavia, da che il gioco è iniziato, è sufficiente un’osservazione sbagliata a far precipitare la vicenda, essendo i due uomini diventati effettivamente delle blatte. Mangiare bocconi rinvenuti o cadaveri di amici è parte della loro natura, quindi a nulla serve il bel discorsetto razionale, poiché subito ricascano nelle vecchie abitudini. Ricorda un po’ la storia de La Rana e Lo Scorpione (che gli 883 hanno saputo musicare a meraviglia), un’eccellente metafora di come spesso vadano le vicende umane.
Strisce che alternano black humour a temi più delicati, quali la gravidanza o i gattini; strisce che narrano invece di vicende oniriche e altre in cui i protagonisti sono invisibili. Unicorni, dinosauri, alieni, mantidi religiose, Batman, origami parlanti e la Metafora della morte, tutto insieme in tante storie diverse che potrebbero in qualche modo aver toccato la vita di ciascuno di noi, anche solo leggermente, metaforicamente, senza farsi notare, al bancone di un bar.
Stile
Lo stile calza a pennello con il messaggio che deve riportare, qualunque esso sia. Se chiunque incappi nella lettura delle strisce (anche per sbaglio) deve avere la possibilità di immedesimarsi istantaneamente in un punto di vista, allora è necessario che il tratto dica tutto e niente.
Sagome rappresentative, negativi di semplici ombre con qualche tratto in più, che rendano perfettamente l’idea dello stereotipo che raffigurano. Ogni categoria è rappresentata simbolicamente: da “l’uomo ribelle” a “la donna misogina”; da “l’alternativo” a “l’amica saputella”, a molte altre ancora. Ognuno ha il suo identificativo.
Poi però ci sono tutti quelli che esistono già nell’immaginario collettivo e che non sono tangibili concretamente, quindi “Babbo Natale“, “la Metafora della morte” e “l’Alieno” vengono ritratti così come siamo abituati a vederli raffigurati. Infatti sono proprio i personaggi atipici gli unici i cui volti sono dotati di naso, occhi e bocca, in perfetta coerenza con l’andamento delle vignette.
Un po’ come se la Linea di Cavandoli avesse trovato improvvisamente sorelle e fratelli, anzi, tutto un universo di appartenenza (senza però la caratteristica metanarrazione).
Conclusione
Onestamente mi sembra di non avervi comunque detto abbastanza di questo insieme di buffe vignette.
Solo che non posso parlarvene troppo, perché ogni scenetta racchiude in sé un pizzico di imprevedibilità, che trasforma dei semplici dialoghi surreali in quella che è una forma d’arte di tutto rispetto, amabilissima e altamente sagace.
Non vi ho parlato delle velate critiche alla società né del cinismo, ma questo sia perché sono presenti in minima parte, sia perché non vorrei mai che sembrasse l’ennesima satira all’epoca in cui viviamo.
Dove Sono è tutto fuorché qualcosa di comune, una domanda non posta che cerca risposta in un susseguirsi di assurdità che però, per tutta una serie di motivi logici, suonano, e già solo per questo meritano di essere lette.
Nerdando in breve
Una raccolta di sagaci vignette surreali, indipendenti le une dalle altre. Un susseguirsi di scambi di battute dietro al bancone di un bar, con tratti essenziali e completamente in bianco e nero. Lettura caldamente consigliata agli appassionati di nosense e a chiunque non si prenda troppo sul serio.
Nerdandometro: [usr 3.2]
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