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Black Panther – Wakanda per sempre!

Il Marvel Cinematic Universe quest’anno compie 10 anni, lo sapevate?

Il primo film, Iron Man, uscì il 1 maggio del 2008 e fu una piccola rivoluzione: non perché il primo supereroe al cinema, anzi, molti altri erano arrivati già sul grande schermo (basti pensare che Batman era già al suo terzo reboot), ma il primo ad inaugurare un nuovo corso che tuttora ci accompagna.

Da allora, infatti, gli eroi Marvel al cinema sono diventati una costante, tra alti e bassi, scazzottate, risate e team-up: ogni 3-4 mesi una nuova pellicola entra a far parte di quel grande affresco costruito con pazienza ed ingegno, seguendo uno dei principi fondamentali che hanno caratterizzato da sempre le avventure di carta dei personaggi della Casa delle Idee: la continuity.

Tutte le trame sono collegate, citazioni, riferimenti e scene post-credit si sprecano (se vi siete persi qualche pezzo, la nostra Morgana, una delle più grandi esperte di continuity in assoluto sulla piazza, vi aiuta volentieri), i nuovi personaggi entrano in gioco e alla fine ci chiediamo: è possibile, dopo 10 anni, introdurne di nuovi e, come se non bastasse, dedicargli un film di “origini”?

Certo che si può, soprattutto se il personaggio in questione è quel gran figo di T’Challa, re del Wakanda e Pantera Nera (Black Panther in originale) titolare.

Recensione

Black Panther non è di certo uno dei personaggi più noti della Marvel, ma a me è sempre piaciuto: il sovrano di un regno africano super avanzato, super intelligente e devoto al suo popolo, nonché il primo supereroe nero della Marvel.

Il suo costume, per giunta, l’ho sempre trovato bellissimo.

Non ho mai letto troppo di Black Panther, ma quello che ho letto mi ha sempre piacevolmente gustato.

Mi ritorna in mente, in particolare, una run del decennio scorso scritta da Reginald Hudlin e disegnata da sua eccellenza John Romita Jr., chiamata  semplicemente “Who’s Black Panther?” che qualche anno fa mi fece amare ancor di più un personaggio di cui avevo letto soltanto in altre testate.

Se cercate un punto d’avvio per leggere qualcosa di T’Challa, vi consiglio quello, assolutamente, un’ottima miniserie introduttiva che non si fa mancar nulla e la cui eco la potrete trovare tranquillamente anche guardando questo film. Il link è in fondo all’articolo.

Nel Marvel Cinematic Universe facemmo la conoscenza di T’Challa in Capitan America: Civil War, quando l’allora principe si trovò a dover  vestire all’improvviso i panni della Pantera Nera al posto del padre defunto in circostanze tragiche durante un attentato terroristico, di cui incolperà il Soldato d’Inverno (alias Bucky Barnes).

T’Challa in quell’occasione scelse di schierarsi dalla parte di Tony Stark, avendo dunque un ruolo piuttosto importante nello svolgimento delle vicende.

Ma una pellicola completamente incentrata su di un personaggio non principale è una scelta sensata? Vista soprattutto l’attuale sovrabbondanza dei cinecomics e la conseguente bulimia supereroistica?

Se lo chiedete in giro, probabilmente vi rispondono di no. Per me lo è sempre, a patto che si abbia una bella storia da raccontare. Se il risultato è piacevole come quello di Ant-Man, ben venga.

Abbiamo bisogno di film divertenti e ben fatti, quello sempre.

Con questo spirito – e aspettative quasi nulle – mi sono recato bel bello all’anteprima di questo ennesimo tassello  del mega affresco che è l’universo cinematografico Marvel.

Trama

Prima che vi fermiate: in perfetto stile nerdando, qui non troverete spoiler. Non ci teniamo a rovinarvi la visione di qualsivoglia film.

Il film parte, dopo una brevissima intro ambientata nel 1992, proprio dalla fine di Civil War: T’Challa torna in patria per prendere parte ai riti ancestrali che fanno parte della cerimonia di incoronazione del re del Wakanda: un paese avanzatissimo, ma isolato e nascosto agli occhi del mondo per preservarne ricchezza tecnologica e culturale, apparendo ufficialmente come un paese del terzo mondo, un paese sostanzialmente di contadini.

Il neo re T’Challa si troverà in breve tempo di fronte ad una minaccia venuta dal passato che metterà in pericolo la pace del suo regno e le basi stesse della sua tradizionale politica isolazionista; indovinate un po’, di mezzo c’entra sempre lui, il fantastico vibranio, materiale dalle proprietà incredibili presente solo nel piccolo stato africano e che ne rappresenta sostanzialmente la fortuna.

Black Panther è quello che potrebbe definirsi un film sulle origini, pur avendo T’Challa già dato sfoggio dei suoi poteri: in sé, l’evoluzione della trama e la parabola dell’eroe sono piuttosto classiche e potremmo certamente affermare di averle già viste come canovaccio, ma forse non era sull’originalità della trama che Ryan Coogler, regista e scrittore del film, voleva puntare.

A livello di ritmo, questo è da dire, non ci si annoia mai; le sequenze d’azione inoltre le trovo in generale ben girate, soprattutto quelle della prima metà della pellicola, messe forse in risalto dalle particolari ambientazioni molto scure, che hanno permesso di gestire in modo originale le luci. Combattimento nella giungla e nel casinò sono due scene che rivedrei molto molto volentieri.

I fan di T’Challa ritroveranno inoltre molti classici del personaggio: dall’Erba a Foglia di Cuore, che dona il potere della Pantera Nera al re, ad un nutrito cast di personaggi di contorno buoni e cattivi, che comprende la sorella Shuri, Ulysses Klaw (o Klau che dir si voglia), Killmonger e l’agente Everett K. Ross. Un vero e proprio bignami su Pantera Nera, insomma.

Come sempre, citazioni e riferimenti si sprecano e sono certo di non averne colte chissà quante.

Tematiche

Il personaggio di Black Panther può esser visto come un simbolo del riscatto africano: il primo supereroe nero, nato nel 1966, in un momento storico in cui qualcosa si muoveva seriamente sul versante emancipazione e rifiuto dell’odio razziale.

Un personaggio nato, probabilmente, per offrire ai ragazzi di colore un modello positivo con il quale identificarsi.

Per questa sua importanza, avere finalmente l’occasione per girare un film a lui dedicato, dopo tanti tentativi falliti nel passato, rappresenta un’occasione ghiotta per parlare di tematiche un po’ più realistiche rispetto al classico film dei supereroi, se in mano alla persona giusta.

Ed è un qualcosa che notiamo da subito: in Black Panther si parla di politica, di colonialismo bianco, si mandano frecciate a uomini di stato stolti, si fanno riferimenti non troppo velati all’attualità più stretta.

Non a caso, a tal proposito, reputo che una delle scene più importanti del film sia proprio la prima post-credit: non ve la spoilero, ma la frase pronunciata è esattamente un attacco ad un certo problema che è ritornato in auge negli Stati Uniti negli ultimi anni.

È palese che, per un Thor: Ragnarok che puntava molto sulla comicità (ed in generale i film Marvel ormai puntano parecchio sulle battute di spirito e sulla risata in momenti anche improbabili), in Black Panther si ride di meno: lo stile è di certo diverso, pur restando un film basato su un supereroe e le botte tra tizi in costume prima o poi ci sono.

L’importante è però evidenziare che non ci siano SOLO quelle: Coogley ha tentato di trovare un equilibrio tra azione e pensiero: ne esce fuori un film che non è un ottovolante e ti lascia anche un po’ stranito, se cercavi solo due ore di svago puro.

Cosa sarebbe potuta essere l’Africa senza lo sfruttamento coloniale e se al governo ci fossero stati uomini saggi che avessero pensato solo al bene del proprio popolo?

È giusto isolarsi per mantenere lo status di piccola utopia?

Cosa accadrebbe se si dovesse scoprire che nel cuore di un continente martoriato dai problemi ci fosse un posto del genere che può aiutare tutti i fratelli del mondo a risollevarsi?

Può un uomo buono essere un re? (Questa è cit. del film, ndR)

Può un film di questo genere metterci in testa tali domande?

È un film di supereroi senza dubbio, ma è anche bello che si parli di questo, perché il personaggio di Black Panther ha sempre rappresentato quel riscatto che non ancora avviene.

Altra tematica che senza dubbio salterà agli occhi di tutti è la parità dei sessi: in Wakanda a proteggere il regno ed il re c’è un corpo di guerriere tostissime, una sorta di amazzoni abilissime e tenaci che non vorreste far arrabbiare mai.

Inoltre indovinate un po’ chi è che gestisce l’innovazione e la ricerca scientifica? Tony Stark spostati un momento e condividi il trono, per favore.

Personaggi, ambientazione e musiche

Al di là dei temi e della trama, è d’uopo soffermarsi su due aspetti assolutamente grandiosi di questo film.

Il primo è l’ambientazione: lo scenario africano è di certo inconsueto rispetto alla “solita” America: i forti contrasti di colore, tra il buio della notte (tanto che il film in certi tratti sembra quasi troppo scuro) e la vivacità delle tinte di costumi e dei paesaggi porta con sé una voglia di puntare sulla bellezza di una terra troppo bistrattata.

Innovazione e tradizione viaggiano a braccetto nel regno del Wakanda, dove riti tribali convivono con tecnologie futuristiche, in modo anche migliore rispetto a quel che potessi immaginare. Questo aspetto l’ho trovato favoloso: una commistione di futuro e passato che si mescolano in un modo talmente omogeneo che sembra quasi che Coogler ci sia stato in un posto del genere.

La colonna sonora, curata da Kendirck Lamar, dà di certo una mano ad immedesimarsi in questo mondo: sonorità tribali miste a rap di periferia e pezzi orchestrali che si sposano tremendamente bene alle immagini a schermo. Un accompagnamento sonoro tutt’altro che anonimo come tanti altri, ma che vuol essere protagonista del film e che mi ha lasciato un’impressione molto positiva, tanto che credo approfondirò presto con un ascolto dedicato (va detto che sono un patito di colonne sonore, perciò ci faccio tantissima attenzione mentre guardo i film).

Legata alla forte spiritualità africana è anche l’ambientazione del mondo ancestrale: appena accennata ma a mio avviso di forte impatto per come resa; ho sentito alcuni in sala lamentarsene, ma boh, son gusti, io ho trovato una scelta azzeccata la seppur breve rappresentazione di questa specie di aldilà.

Il secondo aspetto che di certo dà lustro al film è il cast dei personaggi, che per certi versi risultano quasi più interessanti del protagonista stesso.

Anzi, diciamo proprio che forse il grosso difetto del film oltre ad uno svolgimento troppo lineare e standard è proprio il personaggio di Black Panther: non per particolari demeriti di Chadwick Boseman, che magari è pure in parte, ma io Pantera Nera me lo sono aspettato molto più intelligente e figo di come è qui. Forse il suo difetto è quello di essere “troppo” umano?

Non è pessimo, ma nemmeno brilla rispetto a quel po po di personaggi di contorno (interpretati da attori di un certo spessore) che vanta questo film: Andy Serkis e Michael B. Jordan sono due cattivi di alto livello e il parentame di T’Challa, mamma e sorella, fanno passare quest’ultimo spesso in secondo piano.

Poi, come se non bastasse, ci sono Nakia, ex del nostro re, nonché spia tostissima, interpretata da una bravissima Lupita Nyong’o, Okoye, comandante delle Dora Milaje, le guerriere di cui sopra e un Martin Freeman nei panni dell’agente Ross che mi fa sempre piacere, pur ricordando forse troppo l’interpretazione di John Watson in Sherlock (si, mi manca Sherlock da morire).

In definitiva, un cast nutrito di personaggi interessanti e ben interpretati, peccato per il protagonista sotto tono.

Conclusione

Allora, com’è questo Black Panther?

Un cinefumetto confezionato senza dubbio con uno sguardo differente rispetto al classico nelle tematiche, nell’ambientazione e nel comparto propriamente “artistico”, ma forse un po’ troppo standard proprio nello svolgimento della trama.

T’Challa è un gran personaggio ma forse non è il protagonista assoluto di questo suo film, non quanto lo sono il Wakanda e l’Africa tutta, terra di contraddizioni fortissime quanto fortissima è la bellezza della sua natura e delle sue tradizioni.

Un cinefumetto che osa in alcuni aspetti ma osa troppo poco in altri, ma comunque promosso sia se siete di quelli che non si perdono un film Marvel sia se ne volete recuperare uno a caso: si regge benissimo da solo, in un microcosmo perfettamente spiegato, perfettamente significativo, perfettamente concluso.

Esce nel giorno di San Valentino: non avete bisogno di film melensi, ma di un re come T’Challa.


Nerdando in breve

Un film Marvel che tenta una nuova via non tanto nella trama quanto nelle tematiche trattate. Intrattenimento e critica alla società.

Nerdandometro: [usr 3.6]

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