Ubisoft chiamata alla prova più difficile: trovare il coraggio di mettere mano ad uno dei suoi franchise di maggior successo e reinventarlo, per ridargli quella brillantezza che col passare del tempo era andata perduta. Ci sarà riuscita?
Recensione
Dopo il flop di AC: Unity e la tiepida risposta al pur pregevolissimo AC: Syndicate, Ubisoft Montreal ha optato per il team di Ashraf Ismail (padre dell’ottimo AC: Black Flag) per rilanciare, reinventandola, la serie di Assassin’s Creed.
E lo ha fatto investendo davvero molto in questo progetto: due anni di pausa dall’ultimo capitolo e una macchina della promozione imponente, come abbiamo potuto ammirare durante il Tour dedicato e durante la recente Games Week.
Assassin’s Creed è uno di quei prodotti scottanti: per essere sviluppato richiede investimenti da milioni di dollari, e il prodotto finale non solo deve essere tecnicamente eccelso, ma deve soprattutto trovare quella rara alchimia tra innovazione e conferme, introdurre le necessarie novità per avere il giusto appeal, senza compromettere la natura del franchise stesso, scontentando la moltitudine imponente di fan che da ben dieci anni osannano la serie.
Volete sapere se Assassin’s Creed Origins è il migliore di sempre?
Scopriamolo insieme.
Storia
Assassin’s Creed Origins parte, come dice il nome stesso, dalle origini del Credo, quando, de facto, gli Assassini non esistevano ancora. Ubisoft porta ancora una volta indietro le lancette del tempo, ma lo fa come mai prima d’ora, raggiungendo il remoto 54 a.C. periodo in cui, in Egitto, si combatteva la furiosa lotta per il potere tra Cleopatra e Tolomeo.
Qui prendiamo i panni di Bayek, un guerriero che si pone al servizio del popolo, un medjay che attraversa l’Egitto da Nord a Sud, dal Mediterraneo al Sudan, dalle Piramidi al Nilo. Durante i nostri viaggi avremo modo di visitare decine e decine di differenti location, incontrando centinaia di persone, e di scontrarci con il misterioso Ordine degli Antichi; il tutto sullo sfondo di un regno che inizia ad avviarsi verso il proprio disfacimento, quello che giungerà con gli anni dell’impero Romano.
Bayek è un personaggio altamente caratterizzato, molto diverso da quelli a cui siamo stati abituati: animato da una rabbia quasi animale, spesso sembra essere mosso più dall’istinto che dalla ragione; non ci vorrà molto, infatti, perché inizi la sua feroce discesa in un vortice di violenza sanguinaria in quello che è il fil rouge della trama: la sete di vendetta.
Ma se siete spaventati dalla possibilità che si tratti di una sequenza interminabile di uccisioni fine a se stesse, dovrete ben presto ricredervi: la sceneggiatura è di altissima caratura, per una storia che appassiona e avvince dal primo all’ultimo momento.
Gameplay
Ecco il punto più delicato dell’intero impianto ludico. Sapevamo già da mesi che visivamente avremmo avuto in mano un capolavoro senza eguali, così come non avevamo dubbi sulle abilità di Ubisoft di ambientare in un altro tempo la nostra avventura, facendocela vivere come se fossimo davvero lì.
Ma il nodo cruciale era proprio il gameplay, che nel corso degli anni si è rinnovato troppo poco rispetto al necessario. Ci siamo innamorati della fluidità di movimento già a partire da Assassin’s Creed 2, ma i salti nel vuoto erano all’ordine del giorno. Il sistema di scalata è stato poi ripensato e reso più agevole già con Unity, rendendolo nettamente più convincente. Ora, con Origins, viene fatto un ulteriore salto in avanti: certo le verticalità dell’Egitto antico, se escludiamo naturalmente le piramidi, sono ben poca cosa rispetto ad una Londra o a Parigi, tuttavia non mancheranno lunghe sessioni di arrampicata e il buon Bayek farà il dover suo. Non mi è mai capitato, infatti, di incastrarmi in modo irrimediabile (cosa che mi accadde, ad esempio, con Syndicate) o di precipitare per un salto mal calibrato.
Assassin’s Creed Origins non si nasconde dietro un dito: ha preso spunto da altri titoli (sia Ubisoft che no) per impreziosire e potenziare l’esperienza di gioco. Personalmente la ritengo una scelta coraggiosa e corretta: perché ostinarsi a gestire un determinato aspetto del gameplay quando nell’esperienza dei giocatori c’è qualcosa di più funzionale a cui ispirarsi?
La prima, grande, novità è sicuramente l’introduzione dell’aquila Senu che potremo usare per osservare tutto dall’alto e per marcare il territorio alla ricerca di materiali da raccogliere e di nemici da tenere d’occhio, un po’ come avviene nella serie Far Cry con la macchina fotografica e in Watch Dogs con i droni. Una volta fissati gli obiettivi poi toccherà a noi se optare per un approccio stealth (spesso consigliato) o se buttarci a capofitto nella mischia. Questo meccanismo va a sostituire la vecchia “visione dell’aquila”, che infatti vede scomparire la mini mappa rotonda che da sempre accompagna il gameplay.
Altra novità degna di nota è la virata in direzione RPG: ora abbiamo a disposizione ben tre alberi di abilità in cui spendere le skill acquisite con l’esperienza. A noi scegliere se specializzarci negli attacchi frontali, in quelli a distanza con l’arco o se concentrarci sul diventare degli spettri invisibili ai nemici. Non siamo di fronte alle mille sfaccettature di Geralt, ovviamente, ma per gli amanti del gioco di ruolo è una manna poter personalizzare il proprio eroe.
Per spostarci lungo l’enorme mappa, ricordate che abbiamo a disposizione una nazione intera e non solo una città, abbiamo mezzi come il cavallo e il cammello, richiamabili in ogni momento come accade con The Witcher 3. Una volta in sella, poi, potremo lasciar seguire la direzione in automatico, per goderci i paesaggi mozzafiato in cui ci imbatteremo, o per seguire con più attenzione i dialoghi. Anche il combattimento a cavallo è gestito in modo abbastanza coerente, ma avremo modo di parlarne a breve.
Ubisoft ha spinto l’acceleratore anche sul piano del crafting. Non è una novità vera e propria, ma stavolta avremo bisogno di procurarci parecchio materiale per produrre armi, armature e accessori: e lo faremo comprando, depredando e cacciando. Chi non è appassionato della componente di fabbricazione potrebbe storcere un po’ il naso, ma per chi, come me, è solito attraversare con gusto centinaia di chilometri per raggiungere quel particolare componente, è tutto grasso che cola.
Open World
L’altra grande novità di questo titolo è la maestosità dell’area di gioco; semplicemente imponente: sia per dimensioni che per possibilità. La prima cosa da notare è che nonostante sia facile pensare ad un territorio prevalentemente sabbioso, i ragazzi di Ubisoft hanno invece confezionato una miriade di paesaggi diversi: montagne, monumenti, città, tombe, valli ed oasi. Ovunque girerete lo sguardo ci sarà di che sgranare gli occhi per la bellezza del panorama.
In questa vastissima mappa, che avremo modo di esplorare a piacere, ci sarà davvero molto da fare. Oltre alla quest principale, che vi terrà impegnati sulle 25 ore circa, ci sono decine e decine di missioni secondarie da seguire; a queste, per spezzare il ritmo, potremo aggiungere sanguinosi combattimenti nell’area e corse con le bighe degne di Spartacus.
Le quest secondarie, per essere onesti, peccano un po’ di ripetitività, altro grande neo della saga. In questo caso, inoltre, non abbiamo a disposizione uno storytelling magistrale come quello di The Witcher a tener attiva l’attenzione e alta la voglia di scoperta; tuttavia avremo modo di scegliere a piacere il tipo di approccio con cui affrontarle, cosa che dà certamente maggior versatilità.
Un open world vastissimo, quindi, ricco di mille particolari gustosi: dal tempo dinamico, con l’alternanza di giorno e notte, agli effetti di luce, la sabbia del deserto, la vita quotidiana degli NPG. Persino sostare troppo nel deserto potrà regalare momenti imprevedibili.
Combat system
Veniamo ad un altro dei punti cruciali. I combattimenti sono da sempre gioia e delizia della serie. Abbiamo avuto modo di vedere in titoli come quelli della serie Arkham e Mordor che anche in giochi in cui si passa buona parte del tempo a lottare, con un po’ di attenzione questa fase può diventare davvero gustosa.
In Assassin’s Creed Origins l’impresa è riuscita a metà: lo schema dei comandi è completamente cambiato, introducendo, tra le altre cose, l’uso dello scudo in un modo che strizza l’occhio ai Souls; inoltre, specializzandoci con l’arco, avremo modo di affrontare i nemici dall’alto o da distante, semplificando di molto l’assalto.
Unica grande pecca, purtroppo, è ancora l’intelligenza artificiale. Gli avversari sono molto più aggressivi di un tempo, e non aspettano più di essere infilzati uno via l’altro come nei vecchi capitoli; tuttavia siamo ancora lontani dall’avere dei nemici capaci di dare grosso filo da torcere. Mi è capitato spesso di vederli bloccati, magari a cavallo, contro una sporgenza ad aspettare di essere abbattuti, senza nemmeno cercare la fuga dalla mia pioggia di frecce.
Inoltre, una volta scoperti, è sempre possibile scappare, lasciar calmare le acque e tornare ad affrontare gli avversari come se nulla fosse: sinceramente avrei preferito un po’ più di cura su questo aspetto, magari con nemici che restano allertati, o che cambiano pattern di movimento.
Certamente occorre maggior pianificazione e strategia: i percorsi degli avversari sono meno scontati e banali, ma alla fin fine spesso si risolve tutto in una uccisione da posizione elevata, o mentre siamo nascosti in un cespuglio. Il combattimento a cavallo è un’altra possibile strategia: precipitando sui nemici e assestando buoni fendenti a destra e sinistra, possiamo avere rapidamente la meglio.
Sicuramente gli assalti frontali sono sempre molto impegnativi, a volte troppo. Ma l’uso di Senu e un paio di armi ben livellate fanno sì che nessuno scontro sia davvero impossibile.
A questo punto, però, occorre segnalare anche la novità delle missioni per livello. In pratica non abbiamo sezioni precluse a prescindere, ma se tentiamo di affrontare nemici con un livello superiore al nostro (tre, quatto sono sufficienti), scopriremo che basterà ricevere una spadata sola per morire miseramente e desincronizzarci.
Questo comporta inevitabilmente che alcune missioni sono inaffrontabili prima di aver livellato a dovere sia il personaggio che l’equipaggiamento.
Comparto tecnico
Una creatura a due facce: su un piatto della bilancia dobbiamo mettere il lavoro fatto per i paesaggi, gli sfondi e l’ambientazione in generale che è una vera festa per gli occhi. Dall’altro dobbiamo rimarcare, ancora una volta, una certa approssimazione nelle animazioni e nelle espressioni dei personaggi, soprattutto durante le cut scene.
Un vero peccato perché talvolta questo neo fa calare un po’ la tensione; tuttavia se aggiungiamo un comparto sonoro eccezionale e un doppiaggio italiano ispirato, il giudizio complessivo non può essere che buono.
La parte di rievocazione storica è da sempre una delle componenti fondamentali del franchise. Ognuno dei capitoli ci ha fatto, letteralmente, vivere le emozioni e le sensazioni della quotidianità di uomini rinascimentali, pirati, coloni, rivoluzionari e dandy vittoriani.
L’Egitto è una pietra miliare nella formazione di ognuno di noi: tutti l’abbiamo studiato a scuola, molti ne sono rimasti affascinati, alcuni sono andati a toccare con mano il Paese dai 7000 anni di storia. Io, che sono tra quei fortunati che sono fisicamente entrati in una piramide, che hanno visitato la Valle dei Re, che si sono emozionati davanti alla maestosità di Karnak e di Abu Simbel, ero incredibilmente elettrizzato dalla prospettiva di vivere i fasti del regno dei faraoni.
Da questo punto di vista, Ubisoft non mi ha deluso anzi: mi ha fatto un immenso regalo. Anche solo per questo vale la pena perdersi nelle mille sfaccettature di Assassin’s Creed Origins.
Conclusioni
Assassin’s Creed Origins è il titolo che gli amanti della serie aspettavano con ansia. I due anni di pausa e la direzione artistica hanno fatto davvero bene alla serie.
La mia sensazione che è siamo davvero di fronte ad un nuovo ciclo: Ubisoft ha tracciato una linea netta col passato e posto dei paletti importanti per le proprie ambizioni future.
Personalmente sono molto soddisfatto del prodotto finale, pur con le sue imperfezioni, ed estremamente fiducioso nel futuro del franchise.
Nerdando in breve
Assassin’s Creed Origins è il gioco di cui non solo Ubisoft aveva bisogno per ripartire; è anche il gioco di cui avevamo bisogno tutti noi.
Nerdandometro: [usr 4.8]
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