Quella che segue è un’intervista un po’ particolare, per chi scrive e credo anche per chi legge. Non è un nome conosciuto al grande pubblico, ma Francesco è un giovane talento pescarese che sta sfondando nietepopodimeno che a Hollywood (se non ci credete, controllate qui) ed ha lavorato agli effetti speciali dell’imminente Spider-Man: Homecoming. In aggiunta a questo grande traguardo, Francesco è mio fratello, dunque potete immaginare da dove viene la particolarità dell’intervista! Nonostante ciò, abbiamo provato a fare un lavoro quanto più professionale possibile. Spero che vi piaccia e vi interessi.
Giacomo: Di cosa ti sei occupato di preciso? Quante persone lavoravano con te e quante persone ci vogliono per gli effetti speciali di un blockbuster del genere?
Francesco: Oltre che avvalersi di diverse compagnie di effetti visivi, i Marvel Studios hanno l’abitudine di assumere un proprio team interno (in-house) che realizza parte del compositing di ogni loro film. In genere si tratta di un compositing mirato alle scene vicine al cuore della produzione, per l’importanza filmica che rappresentano nel contesto generale del film. Per Spider-Man: Homecoming, Marvel ha messo insieme un team di 5 artisti, incluso il sottoscritto, che in 6 mesi ha consegnato più di 300 shots (o tagli) su un totale di 2100 shots di effetti visivi per tutto il film.
Il nostro ambito di lavoro non si è limitato esclusivamente al compositing, ma è andato anche a supporto del regista e dei produttori per scopi di pre- e post- visualizzazione, nel senso che abbiamo creato delle composizioni grezze di shots (delle bozze digitali) per aiutarli a visualizzare meglio una possibile idea da rigirare sul set (re-shoots) o da includere nel final-cut.
I Marvel Studios si sono poi serviti, per il resto degli effetti visivi, di 7 maggiori studios sparsi in tutto il mondo (Digital Domain, Sony Imageworks, Luma Pictures, Iloura, Method Studios, Trixter, Cantina Creative). In totale, circa 1200 persone contribuiscono al lavoro attorno a un blockbuster del genere. A supervisionare tutti gli effetti visivi del film, abbiamo avuto al nostro comando il grande Janek Sirrs, premio Oscar per gli effetti visivi per Matrix e nominato all’Oscar per Avengers e Iron Man 2.
Giacomo: Quanto cambia (se cambia) il tuo lavoro quando sei impegnato in una grande produzione come questa o Star Wars, rispetto ad una serie tv o ad un film più piccolo?
Francesco: I film sono in generale tutti molto simili per tempi di lavorazione. Quello che può variare è il livello di dettaglio richiesto da un film o da un altro.
Lavorando a serie TV, il turnaround [NdA: il tempo tra l’arrivo degli episodi negli studi di effetti speciali e il ritorno all’emittente] è in media di un episodio ogni settimana, quindi c’è tanto lavoro da fare in davvero poco tempo, ed è più frequente lavorare oltre le classiche 8 ore giornaliere e i 5 giorni settimanali per riuscire a consegnare tutti gli shots dell’episodio in tempo per la color-correction (chiamata DI – Digital Intermediate) e la messa in onda.
Su Spider-Man, il cosiddetto crunch-time [NdA: il periodo più pressante] è iniziato nell’ultimo vero mese, dove abbiamo lavorato più a lungo per poter completare il film in tempo.
Giacomo: Com’è il regista Jon Watts? Pensi che sia stato difficile per un regista lavorare ad un film del genere, data la sua esperienza solo in film piccoli, senza grandi star e grandi effetti speciali?
Francesco: Per quel poco che ho visto, Jon è una persona molto taciturna e riservata, riflessiva ma anche acuta dal punto di vista della composizione di ogni scena, della perfezione visiva e del livello di storytelling che vuole raggiungere. Jon ha certamente contribuito con il suo spirito alternativo e un po’ hipster al clima scolastico e rock’n’roll molto particolare del film.
I Marvel Studios sono sicuramente attenti nell’andare a scovare questi talenti emergenti, non solo registi ma anche attori. Penso a Michael Mando che è presente nel film e che viene dal fantastico Better Call Saul, ma anche Ryan Coogler, regista dell’eccellente Creed e adesso regista di Black Panther.
Jon in ogni caso veniva da un film con Kevin Bacon e qualche altro lungometraggio. Certo è che se sei un regista con ambizioni hollywoodiane, prima o poi dovrai pur iniziare da qualche parte a lavorare con grandi star ed effetti speciali, e sicuramente un film sotto l’aura protettiva dei Marvel Studios è un ottimo punto di partenza.
Giacomo: E il resto della produzione? Hai incontrato qualcuno del cast o Kevin Feige?
Francesco: Tom Holland è passato un paio di volte dagli studios per motivi di marketing, mentre Kevin Feige, Victoria Alonso, Jeremy Latcham, Louis D’Esposito, Eric Carroll, insomma tutti i capi di produzione dei Marvel Studios, erano presenti ogni giorno. Mentre noi lavoravamo sugli effetti visivi del film, loro si occupavano di raffinare e migliorare il montaggio e lo storytelling.
Quello che mi ha sorpreso in maniera molto positiva è stato vedere produttori esecutivi di prima classe come loro essere in studio dalle luci dell’alba a notte inoltrata. In quei momenti ho capito la vera forza e il segreto dei Marvel Studios: l’amore e l’energia che mettono in ogni film li ha portati ad essere dove sono. Ogni persona che lavora in Marvel, è estremamente genuina e appassionata del proprio lavoro.
Mentre nell’entertainment americano si ha un’idea del produttore esecutivo come quell’elemento che lascia le redini della produzione al regista, e che un mese prima del rilascio del film ripiomba prepotentemente dentro l’ufficio per manifestare il suo scontento e cambiare tutto quello fatto fino a quel momento; niente di tutto ciò avviene in Marvel, dove c’è una sinergia unica tra tutti i ruoli.
Giacomo: Questa situazione che descrivi è in effetti unica. E la critica che viene mossa al Marvel Cinematic Universe è che sia estremamente controllato, soffocando le ambizioni artistiche per fare prodotti standardizzati. Hai avuto questa impressione lavorando al film?
Francesco: Marvel è la proprietaria del MCU, e risponde direttamente ai fan (e agli investitori Disney) per ogni film che viene prodotto sotto il proprio nome.
Di conseguenza, è normale che ci sia un determinato e normalissimo controllo per mantenere un filo logico e di buon senso che unisca le linee-guida che collegano ogni film nel MCU, ma non ho mai visto o sentito di ambizioni soffocate. A dire il vero, ho visto succedere esattamente l’opposto, poiché il primo step che viene richiesto ad ogni regista dell’universo Marvel comunque è di proporre agli studios, e quindi agli executives, una primordiale e personale versione del film, che si chiama director’s cut.
Da lì in poi, con tante rifiniture e limature, si cerca di migliorare tutti assieme il prodotto finale. Questo processo creativo non manca di confronti, arrabbiature, diverbi e accesi scambi di vedute, ma sono decisamente quei momenti di frizione creativa che rendono il film qualcosa di successo.
Una cosa che desidero che sia ben chiara inoltre è che Kevin Feige, il nerd n.1 in Marvel, colui che ha letteralmente inventato dal nulla il MCU, è la persona con più inventiva e conoscenza in queste cose, oltre che un esperto di entertainment business; di conseguenza non puoi non volere il suo feedback se vuoi rendere il tuo film davvero unico e amato dai fan, i quali si aspettano di riscontrare sempre molta fedeltà dal fumetto al grande schermo.
Giacomo: Cosa ti ha fatto più gasare, lavorare a Spiderman o a Star Wars?
Francesco: Sono cresciuto con il mito di Star Wars e sono arrivato a fare questo mestiere proprio grazie a quell’ispirazione portata nel corso degli anni dal mito di Guerre Stellari, di Indiana Jones, dalle avventure grafiche a 8-bit basate su quei titoli e tanti altri, da tutta la Lucasfilm insomma.
Lavorare su Il Risveglio della Forza è stato per me qualcosa di unico e difficilmente ripetibile dal punto di vista del sentimento che ha creato. Ripenso al film di Willy Wonka, in cui il piccolo Charlie sogna di poter entrare nella Fabbrica di Cioccolato e finisce col vincere l’ultimo biglietto d’oro per poter visitarla. Ecco, per me è stato lo stesso tipo di esperienza con Guerre Stellari.
Spider-Man è però tornato da quest’anno a far parte della stessa famiglia Disney di Star Wars, di conseguenza è stato un po’ un homecoming anche per me.
Giacomo: Spoiler-free, cosa ci dobbiamo aspettare da questo film?
Francesco: Spider-Man: Homecoming è innanzitutto un film molto piacevole per giovani e adulti. Il cocktail vincente del film credo che risieda nel come siano combinati i due elementi chiave della vita (in questo film) di Peter Parker, ovvero i problemi quotidiani di un teenager alle prese con la scuola superiore e allo stesso tempo le responsabilità di un supereroe che viene testato duramente per la sua età prima di poter entrare a far parte degli Avengers.
Il film presenta moltissime scene esilaranti, specialmente quelle con Peter ed il suo miglior amico Ned, ma non mancano anche alcune sorprese. È un film che mi ha ricordato in alcuni momenti Mamma Ho Perso L’Aereo o Una Pazza Giornata Di Vacanza. E -no- il trailer non ha già mostrato tutto quello che succede nel film!
Giacomo: Qui non vediamo l’ora di vederlo. Quali sono i tuoi progetti lavorativi futuri?
Francesco: Per ora mi riposo per qualche giorno al caldo di Dubai dopo sei mesi di duro lavoro su Spider-Man, poi vedrò su cosa mi chiederanno di lavorare al rientro a Los Angeles.
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