“Quella gomma che ti piaceva tanto sta tornando di moda”
Così il Nano diceva a un invecchiato Dale Cooper all’interno della Stanza Rossa. La stessa stanza dove una giovane Laura Palmer avrebbe detto al nostro agente federale preferito che si sarebbero rivisti dopo 25 anni.
E così è stato.
Il salto dal 1992 al 2017 è a dir poco straniante, ma allo stesso tempo è come tornare a casa, a quelle sensazioni oniriche e inquietanti che le prime due stagioni di Twin Peaks ci avevano regalato.
Ovviamente eviterò qualsiasi spoiler, fermo restando che anche dicendovi ogni passaggio della trama di queste due puntate, difficilmente riuscireste a cavarci qualcosa. David Lynch colpisce ancora.
Recensione
Se sperate di vedere una continuazione diretta della seconda stagione, resterete delusi anche se alcuni punti della storia verranno chiariti. Eravamo rimasti con diversi fili di trama lasciati interrotti e con un Dale Cooper sostituito dal suo Doppelganger, con l’originale lasciato in una situazione non precisata. Questo succedeva 25 anni fa (VENTICINQUE!) nel mondo reale e nel mondo della serie, che adesso ci viene riproposto in una visione più ampia.
La trama si preannuncia estremamente complessa per questa terza stagione, a partire dall’aspetto geografico: Twin Peaks, nonostante sia la cittadina che dà il nome allo show, si vede ben poco mentre visiteremo molte località sparse per gli Stati Uniti, passando per New York e Las Vegas.
A rendere ancora più criptiche e interessanti le due puntate sono i numerosissimi personaggi introdotti, con qualche gradito ritorno qua e là. Con brevi battute viene dato un quadro delle situazioni, che cominciano sempre in medias res, davvero nessuna eccezione in queste due puntate. Normalmente una narrazione del genere sarebbe snervante e oltremodo pretenziosa, ma David Lynch e Mark Frost riescono ad accattivarsi tutta l’attenzione grazie a quella miscela di significati fumosi, ritmo lento e recitazione così assurda da risultare inquietante.
Credo che sia giusto chiudere qui il breve accenno alla trama, per evitare ulteriori anticipazioni, per parlare di una serie che mi ha allo stesso tempo elettrizzato e “messo a disagio”, senza intendere che non mi sia piaciuto. Almeno per le prime due puntate manca quella componente che rimanda alle soap opera, quel pizzico di humour esageratamente sciocco e per questo surreale. Qualche sprazzo, sì, ma manca un po’ una Nadine che crede di essere una ragazzina e che con la sua forza sovrumana lancia ragazzi a destra e a manca, o ancora le furberie di Audrey o l’ottimismo di Dale.
Questo non è un punto a sfavore, anzi, ma è un dato di fatto. Ho detto che mi ha messo a disagio, perché la maggior parte dei momenti hanno un tono cupo, violento o quantomeno inquietante. Si ha sempre la sensazione che stia per succedere un evento catastrofico, come se ci fosse un grigio e gonfio nuvolone sopra al televisore. Questo può essere interpretato come il culmine di un processo iniziato nel 1992, o come qualcosa di completamente nuovo.
Oppure entrambi. La dualità è una delle sotto-tematiche principali di Twin Peaks, appunto, i Picchi Gemelli. Come nella serie originale, anche questo revival è strapieno di elementi “doppi”. È un divertimento cercarli e trovarli ed è anche forse una lettura più consapevole dell’opera.
Le cose cambiano un po’ con la terza e quarta puntata, che si addentrano ancora più negli allucinanti meandri della Loggia Nera, ma che ci permettono di passare un po’ di tempo con volti più noti e con vicende più rilassate e momenti comici. Un po’ troppo lenta la terza, in particolare, ma considerato che la logica è quella di un film diviso in 18 parti, ci può stare. Da vedere se la particolare situazione che vediamo spalmata fino al quarto episodio si risolverà a breve.
C’è una scena nella quarta puntata che arriva come un mattone sulla nuca dei fan di lunga data. Complice la famosa colonna sonora di Angelo Badalamenti che parte con grande presenza e il coinvolgimento dei personaggi, viene fuori dell’emozione vera. È forse una scena un poco “meta”, ma stiamo parlando di una serie in cui il regista interpreta il ruolo del capo del protagonista… Non venitemi a parlare di “meta”.
Un quesito che mi sono posto a partire dell’annuncio di questo ritorno è stato: come verrà integrata la tecnologia? Impossibile far finta che non ci sia, eppure pensare a una Shelly che scrive su Facebook o a Cooper che invia le sue note vocali a Diane su Whatsapp fa un po’ strano. Ebbene, l’approccio è abbastanza elusivo nei confronti della modernità. Non si vede quasi nulla che possa anche solo far pensare ad internet, figuriamoci ai social network. Uno dei personaggi, non dico se vecchio o nuovo, è talmente spaventato dai cellulari e dal concetto che si possa parlare ovunque, in qualsiasi momento, che sviene la metà delle volte che parla con qualcuno che dopo poco gli si presenta davanti. Senza anticipare, sembra che la tecnologia e l’elettricità in particolare abbiano assunto una forte importanza nelle logiche sovrannaturali dell’universo di Twin Peaks, in una forma che mi ha ricordato un poco dei concetti presenti in American Gods di Neil Gaiman che potete vedere anche nella serie TV uscita questo mese.
La regia e la recitazione cercano di avvicinarsi il più possibile alle atmosfere oniriche delle vecchie stagioni, a volte ci riescono, a volte meno. Particolarmente riuscite alcune sequenze ambientate in un luogo che già abbiamo visto un po’ di volte (no, non vi dico quale), soprattutto grazie alle nuove tecnologie. A tal proposito, l’elemento che resta più impresso dopo questo viaggio nel passato/presente/futuro, a seconda del punto di vista, è la mancanza quasi completa di una linea di trama che non riguardi (presumibilmente) il sovrannaturale. Tanti accenni a possibili sviluppi più “terreni”, ma niente di simile a cospirazioni per l’acquisto di terreni o truffe alle assicurazioni. Tutto è pervaso da un’alone di impossibilità e il mondo degli spiriti della Loggia Nera si annuncia sempre più presente nelle prossime puntate.
Questo porta alla domanda che cerca risposta ormai da tre anni: l’hype è quindi giustificato? Sì, almeno per gli appassionati. E forse è anche sottodimensionato rispetto a ciò che abbiamo avuto. La terza stagione di Twin Peaks non è solo un revival, è un ritorno alla carica di Lynch, che con un approccio quasi tutto rivolto al genere che potrei azzardarmi a definire fantasy onirico, riesce a mettere tanta carne al fuoco senza bruciarla, e anzi ci fa venire una grande acquolina in bocca.
Per chi invece ha seguito senza particolare attenzione la serie composta dalle due stagioni originali, il film Fuoco cammina con me e i libri ufficiali relativi al mondo di Twin Peaks, probabilmente rischia di trovarsi a fronteggiare un turbinio di scene senza senso, che effettivamente possono sembrare tali, ma che richiamano invece numerosissimi concetti già esplorati, i quali permettono anche di farsi un quadro della situazione più chiaro. Forse è una forma di elitarismo, ma è anche nello stile di David Lynch il non scendere a compromessi commerciali. È stato costretto a farli per la seconda stagione di Twin Peaks e se ne è amaramente pentito. Quella che vediamo quindi è la visione sua e del co-creatore Mark Frost, che possa piacere o meno.
Finisco menzionando la colonna sonora. La musica è molto meno presente rispetto al passato, ma quando c’è, è forte. Durante le puntate troviamo musiche soprattutto industriali, con sonorità distorte e graffianti. Caratteristiche che rappresentano bene il tono complessivo di questo ritorno. Alla fine di ogni episodio, invece, vediamo una band (reale) sempre diversa che canta sul palco della Roadhouse di Twin Peaks. Un interessante modo di concludere la puntata, che riprende le stesse modalità di alcune di quelle degli anni ’90.
Dai, un piccolo spoiler. Il ritorno più atteso, anche se sotto mentite spoglie, è quello del caffè.
“A damn fine cup of coffee”.
Nerdando in breve
Twin Peaks è tornato. E lo ha fatto in grande, grandissimo stile. Misteri ad un livello più alto e un tono più cupo, ma con il marchio di fabbrica di David Lynch che ci ha tenuto incollati agli schermi con le prime due stagioni.
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