Il mito di Re Artù è uno dei più fortunati e longevi che la letteratura abbia creato e al cinema ha visto le più disparate interpretazioni: non poteva mancare, quindi, quella di Guy Ritchie, che con King Arthur – Il potere della spada porta la sua personalissima impronta nel mondo dei cavalieri della tavola rotonda.
Trama
Il regno di Camelot è governato dal re Uther Pendragon, coadiuvato dai suoi cavalieri e dal fratello Vortigern. Quando incombe la terribile minaccia del potente mago Mordred, il re riesce a ristabilire la pace grazie al potere della spada Excalibur, sconfiggendo il nemico. Vortigern, però, brama il potere per sé e cospira alle spalle di Uther: la congiura va a buon fine e a salvarsi è solamente il piccolo Arthur, erede al trono, che viene messo in salvo su una barca da Uther.
Gli anni passano, Vortigern è a capo del regno e Arthur cresce nel ghetto di Londra, ignaro del proprio nobile lignaggio e dimentico delle vicende della sua infanzia. Quando il potere di Vortigern sta per raggiungere il suo apice, però, Excalibur torna a manifestarsi, conficcata in una roccia: solo il legittimo erede al trono sarà in grado di estrarla e controllarne l’immenso potere…
Recensione
Avete visto The Snatch? Ecco, se lo avete guardato, immaginate quei personaggi e quello stile calato nel medioevo e avrete un’idea di cosa vi aspetta andando a vedere King Arthur – Il potere della spada.
Guy Ritchie ha un suo stile ben connotato, che può piacere o non piacere (io personalmente lo adoro) ma è innegabilmente unico, e che riesce a calare perfettamente in un contesto storico-fantasy, come accade in questo film.
Dimenticatevi, quindi, i cavalieri dalle armature scintillanti cui siete abituati e anche la versione romanica di Artù portata sul grande schermo da Antoine Fuqua nel 2004 (con il dimenticabilissimo King Arthur): qui siamo nel ghetto di Londra e gli eroi sono sporchi, spiritosi e un po’ gangster. I protagonisti riescono a fondere eroismo e nobiltà ad una parlantina sciolta e il risultato è più moderno di quanto ci si potesse aspettare.
Il risultato è un film dalla connotazione fortemente fantasy, che ricorda da vicino Il Signore degli Anelli ed in cui la magia ha un ruolo preponderante, e piuttosto rock, con costumi dal sapore moderno (accadeva già ne Il destino di un cavaliere, d’altra parte) e ritmi spezzati, tipici del cinema di Ritchie.
Il regista gioca con lo spazio-tempo, dilatando i momenti infinitesimali e accelerando i tempi morti e il risultato è visivamente spettacolare e divertente e godibile. Dopo aver rifondato con successo il mito di Sherlock Holmes, quindi, Guy Ritchie personalizza un altro classico e apre la strada per una possibile saga.
Valore aggiunto alla pellicola è la prova del cast, che vede attori tutti in parte e convincenti, con una menzione speciale per Jude Law, inaspettato e perfetto antagonista. Come di consueto nelle pellicole di Ritchie, potrete notare anche gustosi camei, che naturalmente non vi anticipo.
King Arthur – Il potere della spada non è un capolavoro (in alcuni momenti i passaggi della storia sono un po’ confusi e forzati) ma diverte e intrattiene, con sequenze adrenaliniche che valgono da sole il prezzo del biglietto: io ve lo consiglio se amate lo stile di Guy Ritchie, se volete passare un paio d’ore di intrattenimento o se volete uno sguardo inedito sul mito di Re Artù.
Nerdando in breve
King Arthur – Il potere della spada ripropone il mito di Artù nello stile tipico di Guy Ritchie: ritmi veloci, dialoghi gangster e tanta tanta magia.
Trailer
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