La Guerra Fredda.
Americani vs. Russi.
Comunismo vs. Capitalismo.
Ah, i bei vecchi tempi, quelli di Rocky Balboa che tira fuori il discorsone indimenticabile sul mondo che può cambiare, quelli di un Generale pazzo che cavalca una bomba atomica, quelli della fobia delle spie, quelli dei colpi di stato che rovesciano dittatori e regimi e quelli di Neil Armstrong che stampa l’orma del suo bel piedone sul suolo lunare.
Che c’entra, dite? Eh, c’entra eccome: la corsa allo spazio fu un prodotto di quel conflitto che non arrivò mai (fortunatamente) a far tuonare i cannoni e ne rappresentò quasi la parte più nobile. Un enorme sforzo di mezzi, uomini e danaro per conquistare l’ultima frontiera e arrivare prima degli altri.
Ovvio che tutto cominciò con un fine prettamente militare (volete mettere avere la possibilità di lanciare atomiche dallo spazio?) ma ora sono innegabili gli enormi benefici, anche nella vita di tutti i giorni, che ricaviamo dalla ricerca spaziale.
La NASA (National Aeronautics and Space Administration, l’agenzia spaziale degli USA) divenne allora paradigma della sfida verso l’impossibile e tutt’oggi è utilizzata colloquialmente e come termine di paragone estremamente positivo, tanto fu l’impatto popolare di quella incredibile sfida “vinta” dagli americani.
Senza addentrarmi in discorsi più seri e corposi, che altrimenti non la finisco più, vado al concreto e vi faccio una domanda: avete mai desiderato emulare le gesta della NASA del periodo d’oro oppure dell’altrettanto tostissima Agenzia Spaziale Sovietica guidata dal misterioso Ingegnere Capo Sergei Korolev, che fu in grado di turbare i sogni occidentali grazie alla incredibile escalation di risultati, dallo Sputnik allo storico volo di Yuri Gagarin?
Io personalmente si, perché sono un fomentato pazzo per l’esplorazione spaziale, ma sono convinto che anche l’uomo comune che visse quegli anni avrebbe sempre desiderato farlo.
E qual è uno dei modi preferiti di noi nerd per poter emulare gesta altrui comodamente seduti? I videogiochi, of course!
Ecco, nel 1993 uscì sul mercato, sviluppato da Strategic Visions e pubblicato da Interplay per piattaforma PC, Buzz Aldrin’s Race into Space, un titolo inequivocabile e legato al nome del secondo uomo a camminare sulla superficie lunare.
Ad onor del vero va detto che Buzz Aldrin’s Race into Space (BARIS, per gli amici) nacque a sua volta come conversione elettronica di un gioco da tavolo, tale LIFTOFF!, del 1989. A quello non ci ho mai giocato, quindi non chiedetemi confronti con la versione da tavolo, perché non ne ho idea.
L’idea di base è semplice: nei panni della NASA o dell’omologa agenzia sovietica l’obiettivo finale che permette di ottenere la vittoria è quello di mandare per primo un uomo sul suolo lunare.
E vi assicuro che soltanto l’idea di base è la parte semplice perché il gioco è noto per essere davvero duro e per prendere a calcioni vigorosi nelle gengive chiunque faccia troppo il baldanzoso. Su questo aspetto torneremo tra pochissimo.
Buzz Aldrin’s Race Into Space è sostanzialmente un gestionale: avremo in mano le redini di tutto ciò che concerne l’avventura spaziale, dalla parte di ricerca e sviluppo di lanciatori, satelliti e navicelle, all’addestramento degli astronauti, alla pianificazione delle missioni, fino ad arrivare al budget che ci verrà assegnato dal governo in base ai nostri successi ed insuccessi. Ah, dimenticavo: il sistema è a turni e ciascun turno rappresenta una stagione, a partire dalla primavera del 1957.
BARIS è, per un appassionato di esplorazione spaziale, una vera e propria gioia: a partire da tutte le missioni che potremo effettuare – e si va da quelle storiche a quelle che erano state soltanto pensate ma mai portate avanti – passando da tanti veicoli storici realizzati e non, fino ad arrivare agli astronauti e alle chicche tipo Walter Conckrite che ci annuncia ciò che è accaduto nel turno appena trascorso (per chi non lo sapesse, Walter Conckrite è stato un anchorman della CBS, forse il più famoso di sempre negli USA, ed era lui ad annunciare i successi nella corsa allo spazio) o ai filmati che sottolineano le varie fasi di una missione.
Questo non ve l’ho ancora detto: quando decidiamo di lanciare una missione, semplice o complessa che sia, non avremo più il controllo diretto di ciò che accade, ma saremo inermi spettatori con dita incrociate di mani e piedi, sperando che tutto vada liscio. Ogni missione consta di diverse fasi, come ad esempio il lancio, l’ingresso in orbita, ecc., e dobbiamo sperare che ciascuna di esse vada bene per poter considerare la missione un successo. Quando una di esse fallisce, la missione è considerata fallita e possono accadere cose in generale brutte, ma con gli esseri umani a bordo anche peggio.
Si tratta di un punto importante del gioco, è qui che risiedono sia la sua difficoltà che anche il suo fascino. Infatti, ciascun componente che andrà a comporre la nostra missione (con lanciatore e navicella come minimo) avrà un suo fattore di affidabilità, dato da quanti soldi e quanto tempo di ricerca ci avremo investito sopra.
Nelle missioni con a bordo astronauti, anche il morale e l’abilità dei piloti entreranno nel calcolo. Ebbene, dovremo conciliare due aspetti apparentemente inconciliabili: far tutto presto (e prima dell’avversario, che è infame anche a livello facile) e far tutto bene. Ogni fallimento sarà una sciagura per il nostro budget e per la fiducia che l’amministrazione avrà nei nostri confronti.
Kennedy disse, durante il suo famoso discorso alla Rice University: “Scegliamo di andare sulla Luna non perché sia semplice, ma perché è difficile“. Fidatevi che in questo gioco lo capirete molto bene cosa intendesse dire.
Non vi ho detto ancora che BARIS si presenta con un’interfaccia molto carina, che rappresenta, nella sua schermata principale, una versione “compressa” di Cape Canaveral per gli americani e di Bajkonur per i russi: cliccando sugli edifici, si può accedere alle varie funzioni legate a quell’edificio. Molto semplice ed elegante, tutto in una gloriosa pixel art autentica e non scimmiottata come si usa fare al giorno d’oggi per attirare gli amanti della nostalgia. Sono presenti, dicevamo prima, filmati d’epoca e non per sottolineare le fasi delle missioni, che è un aspetto che impreziosisce moltissimo il gioco e dona la giusta atmosfera.
Se tutto quello che vi ho raccontato finora un minimo vi ha stuzzicato, vi starete facendo la stessa domanda che mi feci io quando scoprii questo gioiellino: dove lo trovo?
La risposta è molto più semplice di quella che possiate immaginare.
Al fallimento di Interplay qualche anno fa, il codice sorgente di BARIS fu rilasciato e riacquisito dagli sviluppatori originali, che ne fecero un progetto sotto licenza GPL e quindi un software libero. Rimesso in piedi e reso compatibile con tutti i sistemi operativi odierni, il “nuovo” Race into Space lo trovate a questo indirizzo.
Buzz Aldrin’s Race into Space ha anche avuto un seguito “spirituale”, un gestionale sviluppato da zero ma ispirato fortemente all’originale che si chiama Buzz Aldrin’s Space Program Manager.
SPM parte dal concetto originale di BARIS, ma lo arricchisce di parecchi aspetti a tutto tondo, a partire dalla gestione dello staff della base, per arrivare a tanti veicoli e missioni in più. Unico neo forse l’interfaccia, che ho trovato più complicata di quella dell’originale e che richiede un po’ di abitudine. Ma la magia del raggiungere le stelle e di stampare quell’orma sulla Luna non è affatto tramontata. Space Program Manager lo trovate su Steam. Purtroppo è stato cancellato il progetto del sequel, che ci avrebbe portato fino a Marte, ma essendo giochi di nicchia dobbiamo accontentarci di quel che si può.
Se siete anche voi affascinati dalla complessità della conquista dello spazio e volete rivivere gli anni d’oro dell’esplorazione dell’ultima frontiera non posso che consigliarvi di recuperare questo piccolo gioiellino. Sarà difficile, ma quante soddisfazioni.
Ad astra, per aspera!