Cavalcando l’onda dell’hype per la serie TV di American Gods – hype che condivido in pieno – mi sembrava giusto parlare dell’omonimo libro, fonte di felicità letteraria dal lontano 2001. Sebbene io apprezzi tutti i lavori di Neil Gaiman, American Gods è quello che sicuramente mi è rimasto più impresso.
Vincitore di vari premi letterari, tra cui il premio Bram Stoker e il premio Hugo, questo libro ha fatto scalpore tra la critica alla sua uscita, a buona ragione. I primi recensori si sono trovati davanti a un dramma: che genere di romanzo è?
American Gods è un thriller, ma anche un po’ un horror. È la storia di un viaggio su strada, una storia d’amore, un urban fantasy. È un romanzo complesso e avvincente sul cuore e nel cuore dell’America.
La storia inizia quando Shadow viene rilasciato dalla prigione tre giorni prima della scadenza, a causa della morte della moglie Laura. Devastato dalla perdita, l’uomo decide di tornare a casa. Sull’aereo del ritorno incontra un tipo misterioso, Mr. Wednesday, che sembra sapere molte cose sul suo conto e gli offre un lavoro come guardia del corpo. Shadow, dopo alcuni tentennamenti (e una rissa con un leprecauno) accetta. Non sa di essersi appena invischiato in una battaglia più grande di lui: le antiche divinità stanno infatti muovendo guerra ai nuovi dei tecnologici, formando alleanze e preparandosi allo scontro. Nel frattempo, la sua defunta moglie Laura si fa di nuovo viva (più o meno) e Mr. Wednesday, che sembrerebbe solo un truffatore, da l’impressione di celare qualche segreto in più…
Così ci troviamo ad accompagnare Shadow nel suo viaggio attraverso il centro degli Stati Uniti, tra dei in disgrazia, attrazioni turistiche, pacifiche cittadine e persone scomparse. È un viaggio alla scoperta dell’identità stessa dell’America, dove, nei secoli, sono arrivate innumerevoli persone, portando con sé la loro cultura, le loro usanze e i loro dei.
Proprio gli dei sono, ovviamente, parte fondante del romanzo. Gaiman attinge a svariate mitologie, con l’unico elemento in comune di essere patrimonio culturale di popoli arrivati in America in varie epoche. Non si parla solo di dei, ma anche di esseri di natura diversa come folletti e coboldi (e un’interessante reinterpretazione della Regina di Saba). Se immaginare un dio africano conversare con un dio slavo dal pessimo carattere vi può sembrare strano, sappiate che questo carosello riserva ben altro…
Gli dei americani sono un mezzo per affrontare un tema che Gaiman ha vissuto sulla propria pelle: quello dell’emigrazione e l’inserimento in un nuovo Paese. Trasferitosi negli Stati Uniti nel 1992, racconta che, al tempo, era abbastanza sicuro di conoscerli: d’altronde, siamo bombardati noi di media statunitensi, figuriamoci il Regno Unito! E invece, quello che trovò era completamente diverso da quello che si aspettava. Scoprì che in America c’erano un sacco di cose strane che nessuno racconta nelle serie TV, come la bizzarra importanza delle attrazioni stradali o veri e propri “riti” stagionali completamente slegati da qualunque religione. È proprio questa America che sceglie di raccontare: non le città famose e scintillanti, ma i luoghi fuori mano, quelli più estranei e, forse, più reali. Gli dei americani sono la stratificazione delle vite e delle esperienze di tutti coloro che hanno contribuito a rendere l’America ciò che è, quell’America che non può essere conosciuta se non vivendola in prima persona.
Per citare lo stesso Gaiman, American Gods parla “dell’esperienza dell’immigrazione, di cosa le persone credessero quando sono arrivate in America, e di cosa successe a ciò in cui credevano”. Per me è stato toccante. Ci sono capitoli, separati dalla trama principale, in cui si incontrano persone di differenti epoche e provenienze che, in qualche modo, sono arrivate in America. Ecco, un paio di questi capitoli mi hanno lasciato col magone (e non importa se io piango per qualsiasi cosa, era un magone sincero).
Se volete imbarcarvi in un viaggio attraverso l’anima dell’America, le sue usanze e i suoi dei, American Gods è il mezzo giusto per farlo. E poi occorre prepararsi alla serie TV. E poi dai, un inglese che osa provare a scrivere dell’America: come si fa a non volerlo leggere?