Recensione in corso
Dopo due intense fasi di beta testing ammetto di aver avuto parecchia curiosità di mettere le mani su una versione definitiva di Ghost Recon: Wildlands sebbene fossi già ben consapevole di ciò che mi aspettasse: un gioco sicuramente interessante, specie se giocato in compagnia, ma con limiti evidenti. E non mi sbagliavo, perché Ghost Recon: Wildlands è esattamente questo, ovvero un prodotto senz’altro godibile e divertente, ma ben lontano da quegli standard di assoluta eccellenza paventati da Ubisoft in fase di pre-release.
E, badate bene, non parlo da “fan tradito” o da giocatore deluso per la strada decisamente più casual intrapresa da Ubisoft, ma da osservatore del tutto imparziale che ha amato Ghost Recon quando il nome di questo brand faceva rima con “grandissima profondità tattica” e che, tutto sommato, lo apprezza anche adesso che si è trasformato in qualcosa di profondamente diverso: uno shooter essenzialmente alla portata di chiunque, incentrato più sul divertimento che sul fanatismo bellico. Il che non è necessariamente un male se consideriamo l’enfasi data alla modalità cooperativa, ma che si traduce in un’esperienza decisamente meno intensa e stimolante, almeno a lungo termine.
Strizzando l’occhio a produzioni contemporanee come Just Cause 3, Ubisoft ha infatti dato a Ghost Recon: Wildlands un taglio più moderno, caotico e a tratti scanzonato, che pur capitalizzando su una certa profondità tattico-strategica, non riesce a risultare così coinvolgente, appassionante e unico come forse ce lo saremmo aspettato.
Singleplayer o Multiplayer?
La grande domanda che molti si sono posti prima del lancio era soltanto una, ovvero se Ghost Recon: Wildlands fosse un prodotto davvero godibile solo se giocato in multiplayer e… in larga parte è proprio così. Sebbene il gioco sia tranquillamente giocabile anche in solitaria, un’intelligenza artificiale poco intraprendente e, più in generale, troppo dipendente dai nostri comandi diretti, rende l’esperienza singleplayer a tratti rivedibile nonché potenzialmente poco appagante.
Se da un lato non si può infatti negare che la necessità di organizzare i propri assalti con più attenzione – pianificandoli nel dettaglio attraverso la vasta gamma di strumenti ed equipaggiamenti proposti – garantisca più di qualche stimolo soprattutto nelle fasi più avanzate dell’avventura, è altrettanto vero che eventuali errori di valutazione hanno difficilmente conseguenze “serie” sulla buona riuscita di una missione. E questo perché quando i Ghost sono controllati dall’IA sono pressoché invicibili e sempre letali, e che, ahinoi, l’IA nemica è poco intelligente e molto artificiale. Avete presente quando i nemici attaccano senza una particolare padronanza dell’ambiente che li circonda limitandosi a sfruttare solo le coperture senza spalleggiarsi l’un l’altro? Ecco, in Ghost Recon: Wildlands purtroppo ne vedrete a pacchi di nemici così.
Per farla breve la grande profondità tattica che ci si aspetterebbe in alcune situazioni di gioco si rivela una sorta di “illusione auto-imposta” che può crollare come un castello di carte non appena si mette l’intelligenza artificiale nella condizione di palesare i suoi evidenti limiti. E come si risolve dunque tutto questo? Giocando in compagnia, attraverso una co-op che, a conti fatti, è l’unica vera ancora di salvezza del prodotto. Unendosi a tre amici tutti i difetti citati fino ad oggi passano assolutamente in secondo piano, aprendo le porte a un’esperienza dal ritmo più incalzante e, di riflesso, più divertente sotto ogni possibile punto di vista.
Missioni e attività secondarie
Vista la presenza di una vasta gamma di missioni principali (tutte legate alla necessità di liberare progressivamente tutte le province Boliviane dai signori della droga che le controllano) a cui si aggiungono innumerevoli missioni secondarie e attività aggiuntive finalizzate alla raccolta di risorse con cui sbloccare nuove e migliori abilità, il rischio di andare incontro a una progressione poco stimolante si riduce infatti notevolmente, regalando al contrario costanti spunti lungo tutto il corso di un’avventura tutt’altro che breve. La possibilità di coordinarsi, di sperimentare tattiche diverse o, banalmente, di “giocare” con i tanti strumenti e armamenti proposti insieme ai propri amici rende infatti attività potenzialmente “banali” ben più stuzzicanti di quanto non sembrino inizialmente, palesando così la vera natura del prodotto, ovvero il suo essere uno shooter multiplayer che non può assolutamente prescindere dalla cooperativa.
“Ma Just Cause 3 era divertente anche senza multiplayer”, potrebbe giustamente obiettare qualcuno. Sì, verissimo, peccato che però lì ci fosse una narrazione fuori dalle righe e missioni in stile “The Expendables” legate a un gameplay estremamente e volutamente eplosivo, elementi che qui, complice il desiderio del team di sviluppo di conservare un certo realismo tipico dello storico passato del brand, mancano del tutto e che sono peraltro impoveriti da un gameplay a tratti addirittura un po’ troppo legnoso. Certo, la possibilità di sbloccare nuove abilità o strumenti o di lasciarsi andare alle straordinarie possibilità di personalizzazione di un arsenale pazzesco, contribuiscono a risollevare notevolmente la situazione ma… tutto questo potrebbe bastare per giustificare un esemborso di 60-70 euro da parte di un giocatore che intende affrontare la totalità dell’esperienza in solitaria? Questa è una domanda a cui nessuno, se non tu che stai leggendo, puoi rispondere.
Nerdando in breve
Ghost Recon: Wildlands è un gioco senz’altro ben realizzato, incapace però di stupire e convincere realmente a meno che non lo si giochi in cooperativa.
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