“Molto tempo fa, in una terra lontana, io, Aku, il maestro delle tenebre, scatenai le terribili forze del male. Ma uno stupido guerriero samurai, brandendo una spada magica, si fece avanti per combattermi. Prima che potesse sferrare il colpo decisivo, io aprii una porta nel tempo e lo scaraventai nel futuro dove la mia malvagità è legge. Ora, lo sciocco tenta di ritornare nel passato e contrastare il realizzarsi del futuro creato da Aku!”
È con questo incipit che inizia ogni episodio di Samurai Jack, il cartone animato che ha infranto le regole dell’animazione occidentale, assorbendo e facendo sue caratteristiche proprie di culture e opere che mai avremmo pensato di poter vedere in un prodotto, in teoria, per bambini.
Samurai Jack racconta le gesta di un guerriero del Giappone feudale, che, in seguito ad una feroce battaglia con l’antico demone Aku, si ritrova in un futuro distopico, dove il pianeta Terra viene sfruttato dai malvagi seguaci di Aku. Megalopoli futuristiche si alternano a situazioni di enorme povertà, in un tempo nel quale le tratte commerciali si sono espanse in tutta la galassia, portando esseri di altri mondi sul nostro pianeta. Nell’impresa di tornare al suo tempo, Jack si troverà ad aiutare i bisognosi e a difendere la terra combattendo il male nel futuro e cercando di trovare un modo per debellare per sempre Aku nel passato.
Se la trama vi ricorda qualcosa, forse è perché Genndy Tartakovsky si è ispirato all’opera di Frank Miller di cui abbiamo parlato qualche tempo fa: Ronin. L’autore de Il Laboratorio di Dexter a quanto pare è un fan dello scrittore (che abbiamo incontrato a Lucca), e ha addirittura inserito nella serie animata una puntata in cui Samurai Jack combatte fianco a fianco con degli spartani in una futuristica battaglia delle Termopili, come ulteriore tributo.
Quello che rende grande questa storia dipanata in quattro stagioni non è soltanto la variopinta e fantasiosa sequenza di avventure nel quale Jack si trova, ma è la tecnica con la quale vengono raccontate. Difficile descrivere a pieno tutta la serie, ogni puntata è una storia che cammina sulle sue gambe, con carattere e forza. Lo stile è ispirato alle culture dell’estremo oriente, in particolare a quella giapponese, e viene mescolato ad una fortissima caratterizzazione della regia. Da subito si capisce di avere a che fare con un prodotto decisamente particolare, infatti il primo episodio è quasi interamente senza dialoghi. La colonna sonora e le espressioni dei personaggi raccontano la storia senza bisogno di una singola parola. Continuando a seguire le imprese di Samurai Jack ci imbatteremo in situazioni comiche, drammatiche e che spesso fanno riflettere, sempre impreziosite dallo stile grafico superbo. Impossibile non rimanere impressionati dalla prima puntata della quarta stagione: “Samurai contro Ninja”. Correte a vedervi questo capolavoro.