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Seconda stagione di Wayward Pines: il futuro è un pasticcio

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Qualche giorno fa ho finito di guardare la seconda stagione di Wayward Pines e ne sono rimasta talmente delusa che non posso non parlarvene.
Nonostante i pareri negativi di molti, a me la prima stagione era piaciuta davvero molto (l’avevo anche inserita nei miei Nerdando Awards dell’ultimo anno). Proprio perché avevo trovato il finale della serie perfetto così com’era, nutrivo dei seri dubbi sulla possibilità di una seconda stagione. Nonostante tutto, però, ho deciso di concederle una visione ma, purtroppo, il giudizio resta piuttosto negativo.

Cos’era a funzionare più di tutto in Wayward Pines? Per me era senza ombra di dubbio l’atmosfera di mistero generale, insieme alle strizzatine d’occhio a capisaldi della tv, come Twin Peaks e Ai confini della realtà. A molti sono stati proprio questi rimandi a non piacere, invece per me erano un valore aggiunto, perché la serie citava mantenendo, però, una propria strada e una propria autonomia del tutto originale. Inoltre, la prima stagione aveva un cast di attori particolarmente efficaci ed empatici e, anche se solo per alcune puntate, la mano di un regista del calibro di Shyamalan. Individuati in questi i punti di forza del prodotto, per la seconda stagione è come se gli autori avessero deciso di eliminarli tutti in blocco e quello che resta è davvero poco.

I misteri sono già stati tutti risolti nella prima stagione e la storia che ci accompagna lungo i nuovi 10 episodi risulta quindi noiosa e priva di mordente. Eliminato l’elemento dell’enigma, la svolta è necessariamente in direzione della fantascienza più classica, il che non sarebbe necessariamente un male se non fosse che la trama è piena di illogicità e buchi narrativi.
Non intendo fare degli spoiler, ma i colpi di scena di questa seconda stagione sono tutti sensazionalistici e non necesssari. Tolte le rivelazioni che riguardano gli Abi, unica storyline potenzialmente interessante, le svolte narrative sugli umani non hanno nessunissimo peso nell’economia della storia. Senza contare che i personaggi (tutti piuttosto fastidiosi e piatti) agiscono in base a una logica che, personalmente, non riesco a cogliere.

Qualche esempio? Pilcher ha previsto con largo anticipo l’estinzione dell’umanità e si è prodigato per preservare la razza umana facendo le scelte meno strategiche del mondo: non ha portato con sè medicine perché (con le parole di una dei protagonisti) “credeva non avremmo dovuto curare più di un raffreddore o un’otite”; ha deciso però di portare le malattie più mortali del mondo, come la peste bubbonica e il vaiolo (che senso ha un ragionamento del genere? E come diavolo è riuscito a procurarseli?). All’interno della recinzione ha costruito una città con un hotel (chi si aspettava di ospitare, se l’umanità si è estinta? Qualche Abi?) ma ha scelto di porre le uniche terre coltivabili al di fuori della protezione, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa della comunità. Inoltre, come se non bastasse, anche se ha avuto tutto il tempo di selezionare accuratamente le persone da “salvare” e di fare tutti i preparativi del caso, non è riuscito a trovare un attimo per analizzare i terreni circostanti la futura città: solo una volta nel futuro i coloni si rendono conto che non è possibile coltivare in quella zona.

Se non altro, il povero Pilcher è in buona compagnia: l’assenza di logica sembra essere presente tanto negli umani del passato quanto in quelli del futuro. La temibile e intelligentissima capa degli Abi, infatti, si è introdotta in città e si è fatta catturare solo per introdursi in un laboratorio dal quale fuggirà, senza portare con sé nulla, per tornare da dove era venuta.
Insomma, A Wayward Pines di domande ce ne sono tantissime e dubito che una terza stagione saprà darci le risposte che cerchiamo.

Nerdandometro: [usr 2.0]

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