Cresciuto a pane e mitologia greca (sì, lo ammetto: Star Trek arrivò solo dopo le dodici fatiche di Eracle), mi sono buttato a capofitto sulla graphic novel Giacinto, edita da ManFont, disegnata, scritta e colorata da Martina Masaya, che avremo il piacere di ospitare a breve sulle nostre pagine per un’intervista esclusiva.
Consapevole del fatto che il mito di Giacinto sia uno dei meno noti al grande pubblico, tenterò per quanto possibile di non spoilerare.
Il mito racconta dell’amore assoluto tra il giovane protagonista, un principe spartano di incredibile bellezza e dall’aspetto efebico, e il celebre Apollo, dio della caccia e nocchiero del sole, colui che ha il compito di traghettarlo nel cielo, dall’alba al tramonto.
Giacinto, attirato da una musica celestiale, si addentra nel bosco ove fa la conoscenza del dio. Questi, ammaliato dalla bellezza del principe, se ne innamora perdutamente. Inizia così una appassionate storia d’amore tra la divinità e il ragazzo, una passione tanto travolgente da far dimenticare ad Apollo i suoi doveri, abbandonando il sole nel cielo per dedicare tutto il suo tempo all’amato. Giacinto, tuttavia, non ha fatto cadere ai suoi piedi solo lui: Zefiro, il dio minore del vento di Ponente, nutre gli stessi sentimenti nei confronti del giovane e tenta con ogni mezzo di averlo per sé e sottrarlo al rivale.
Chi conosce i miti greci sa che gli amori tra divinità e umani difficilmente finiscono bene, eppure sono teatro di passioni talmente trascinanti da far emergere sentimenti travolgenti, soprattutto da parte degli Dei che mettono così in mostra le proprie debolezze. Dopotutto la mitologia greca si basa proprio su allegorie: emozioni, sentimenti, passaggi della vita. Giacinto rappresenta il transito dall’adolescenza all’età adulta, con Apollo che istruisce il giovane amato nelle arti della musica, della caccia e dello sport.
Dopo questa doverosa premessa, veniamo al lavoro di Martina Masaya. La cosa più difficile, a mio avviso, è quella di trovare un equilibro tra la tradizione del mito e la personalizzazione: mettere la propria impronta senza snaturare la tradizione mitologica. Dopo aver letto (divorato per essere più precisi) il fumetto, ho lasciato sedimentare un po’ le emozioni, per poi rileggerlo con più calma.
Assolutamente coraggiosa la scelta del mito in questione: scomodo, con scene crude e disturbanti, di amore passionale e romantico tra adulto e fanciullo. Immagini che un tempo erano consuetudine e che oggi invece fanno rabbrividire. Il mito di Giacinto, infatti, non solo rappresenta allegoricamente la morte e rinascita del nuovo, ma ha legittimato la pederastia spartana, fino alla sua istituzione sociale.
La prima cosa che mi ha colpito è lo stile, particolarissimo: sullo sfondo l’ambiente, acquerellato, spesso appena accennato; la sensazione della locazione è fortissima, quasi palpabile, eppure mantiene la giusta distanza perché sopra di esso svetta il segno deciso e pieno dei protagonisti in azione, come attori che si muovono su un palco le proprie mosse, incanalati inesorabilmente verso ciò che il Fato ha in serbo per loro; personaggi densi, tangibili, quasi vivi. Ho adorato l’assenza di linee cinetiche e allo stesso tempo il dinamismo di alcune tavole da cui l’azione emerge ad ogni tratto, come se tante fotografie avessero congelato quei singoli momenti nel tempo.
Stupenda la presenza della divinità: non solo quella palesemente rappresentata (Zeus, Afrodite, Apollo, Zefiro), ma soprattutto quella sussurrata, accennata, e pur sempre ineluttabile; il sole, in primis, il più grande dono degli Dei agli uomini, imprescindibile, irraggiungibile; il vento, tremendo, incessante, onnipresente anche se talvolta è facile dimenticarcene; l’amore, infantile e folle (come sottolineato da Afrodite) e per questo spesso doloroso; il dovere, sottolineato da Zeus, quale fronte della ragione contro la passione; e poi l’invidia, il rancore, la gelosia, l’odio: gli Dei rappresentano le emozioni più violente e incontrollabili degli uomini, e l’autrice li ha rappresentati in modo dolce ma severo, senza regalar nulla, mostrando tutto e sbattendolo in faccia al lettore con una franchezza che lascia disarmati e impotenti davanti a tanta irruenza.
Come dicevo, ho divorato il fumetto. Poi l’ho riletto. L’ho amato la prima volta, l’ho adorato la seconda. Questo è il genere di graphic novel di cui abbiamo bisogno per riportare l’attenzione sui miti classici, da Ovidio (la storia di Giacinto e della nascita del fiore omonimo sono narrati ne Le Metamorfosi) ad Omero, per dimenticare il pasticcio brutto (seppur godibile) fatto dalla Disney con Hercules e per ricordare, invece, che buona parte della nostra cultura, del nostro essere italiani, non ci sarebbe mai stato senza la mitologia greca.
Ringrazio ManFont per averci inviato il materiale.
Nerdando in breve
Giacinto è la graphic novel d’esordio per un’artista, Martina Masaya, di cui sentiremo ancora e a lungo parlare. Un’opera magnifica dedicata ad uno dei miti meno noti ma comunque più importanti della cultura ellenica.
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