Non è mai facile quando si deve dare una sonora tirata di orecchie ad un titolo dalle grandi prospettive e dagli ottimi presupposti. Non sarei onesto, tuttavia, se non mettessi in evidenza anche le pecche di quello che, a mio avviso, è davvero un capolavoro mancato per un soffio. Mancato per una leggerezza di game design che finisce col compromettere il giudizio complessivo altrimenti più che positivo. Ma andiamo in ordine: mettetevi comodi e venite con me nel mondo di ReCore.
Cosa hanno in comune: Mega Man, Resident Evil, Street Fighter e Lost Planet? Cosa guida il successo di questi titoli senza tempo? Naturalmente il nome di Keiji Inafune, autore e produttore di questi e molti altri giochi entrati a far parte del firmamento videoludico. Un nuovo gioco, prodotto da Microsoft, e dato in mano a Inafune non può che partire sui binari giusti; infatti così è: ReCore ha una storia solida ed affascinante, che appassiona e si lascia seguire con grande piacere. Immaginate una terra devastata da un’epidemia mortale e la necessità di fuggire lontano, di colonizzare altri pianeti tramite la terraformazione. Il tutto grazie ad una AI altamente evoluta e a 200 anni di tempo di attesa.
Il gioco ci mette alla guida di Joule Adams, una dei futuri coloni del pianeta Far Eden, in attesa criogenica attorno al nuovo mondo. A seguito di un guasto, la capsula in cui è addormentata precipita sul pianeta e le sorprese che la attendono non sono delle migliori. Sebbene l’aria sia respirabile, il pianeta si presenta come un deserto di roccia e sabbia, molto lontano da quel nuovo paradiso terrestre che ci si aspettava di trovare. Non solo, ma i NucleoBot, che avrebbero dovuto essere dei validi alleati per la nuova colonizzazione umana, si rivelano estremamente ostili (sì, finirà a laserate per tutte le 20 ore del gioco). In perfetto stile nipponico, la storia non viene confezionata e servita prima di giocare, non ci sono preamboli: sarà la nostra esplorazione a svelare poco per volta cosa è accaduto, e mentre procediamo nel gioco nuovi misteri si paleseranno e dovranno essere dipanati. A nostro aiuto, ovviamente la tecnologia, un fidato laser e un robot cane di nome Mack che potremo usare per scandagliare la sabbia, attaccare i nemici e molto altro. Col passare del tempo, poi, troveremo nuove AI a supporto (deliziosa la piccola ninja robot Violet), con abilità e peculiarità diverse: saremo noi a decidere chi portarci dietro esplorazione dopo esplorazione perché alcune aree saranno raggiungibili solo dopo aver trovato il giusto compagno. Compagno che, per dovere di cronaca, può essere modificato a piacere dopo aver trovato gli schemi adatti e i giusti componenti.
Dal punto di vista del gameplay siamo di fronte ad un platform shooter frenetico, dinamico e agile con combattimenti serratissimi in cui, privi di protezione, dovremo difenderci saltando, spostandoci e usando i fidati bot come alleati: ammetto di aver trovato queste fasi davvero molto esaltanti. Anche se a disposizione abbiamo una sola arma, i combattimenti sono tutto fuorché noiosi: oltre alla frenesia citata, infatti, abbiamo la possibilità di combinare il sistema di target lock (fondamentale per non perdere il focus durante gli spostamenti), con slittamenti laterali e salti; quando i bot sono abbastanza indeboliti, poi, possiamo agganciarli con un cavo e strappargli il nucleo, per metterli subito fuori combattimento e raccogliere preziosi materiali per il crafting. Infine ci sono i nuclei stessi, con colori e poteri diversi, che vanno coordinati con le fasi di attacco per scegliere la combinazione più letale in base al nemico che abbiamo di fronte.
Ma non tutto è combattimento: ci sono ampie fasi open world esplorative, aree platform molto impegnative che richiedono precisione e concentrazione per essere superare, enigmi da risolvere e il già citato crafting per potenziare i nostri alleati. Inoltre, di tanto in tanto, fanno capolino dungeon e arene separate dalla trama, da affrontare con livelli di sfida crescente per avere accesso a nuovi schemi e nuovi materiali.
Insomma, fin qui tutto benissimo. Anzi di più: perfetto. Il problema sorge nella fase finale del gioco: arrivati agli ultimi livelli, infatti, il gioco vira improvvisamente e prende un’incomprensibile piega monotona e ripetitiva. Per accedere alle ultime aree, infatti, dobbiamo tornare continuamente indietro e ripercorrere sezioni già visitate al solo scopo di collezionare nuclei prismatici per aprire nuove porte. Ogni porta richiede sempre più nuclei e questo si risolve con (letteralmente) ore e ore passate a fare combattimenti già effettuati ed esplorare dungeon già visitati. La mia sensazione è quella di un brodo riscaldato al solo scopo di allungare la durata complessiva del titolo, per raggiungere quelle 20 ore che indicavo in precedenza. Davvero un peccato, perché per la prima metà mi ero trovato davanti un gioco assolutamente eccezionale per idee, grafica, gameplay e storia.
Ah, un’ultima nota. Almeno finché non arriverà la patch promessa per i prossimi giorni, evitate di morire. Dico sul serio: non morite, perché i tempi di attesa per il reload vanno dai due ai quattro minuti di orologio.
ReCore è disponibile in esclusiva per Microsoft Windows e Xbox One.
Nerdando in breve
ReCore è un bellissimo gioco, ma cade sotto i colpi di uno sviluppo sciagurato che vanifica lo sforzo. Consigliato a chi è molto, molto paziente.
Contenuti