Di The Division si è parlato ovunque in lungo e largo, quindi in questo articolo vorrei proporvi – come accade solitamente – le emozioni di un ultra trentenne che si avvicina a questa esperienza di gioco carico di aspettative.
Il primo elemento che mi ha fatto mettere le mani nei capelli per la gioia, dopo aver visto il trailer di presentazione, è stata la chiusura di uno sportello di una macchina utilizzata come copertura dal protagonista. Immaginate la scena: vi state avvicinando al vostro bersaglio, vi accorgete che la portiera di un’auto è leggermente aperta e cosa fate istintivamente? La chiudete con la mano. In quei pochi secondi c’è tutta l’attenzione ai particolari che gli sviluppatori hanno infuso nella creazione di questo titolo ed è quello che mi piace vedere.
L’inizio di Tom Clancy’s The Division (provato su Xbox One) è forte, fortissimo, come un pugno nello stomaco all’improvviso: partono dei finti TG che mi mostrano un’epidemia che pare inarrestabile, con gli inevitabili tumulti che ne conseguono; il mio scopo sarà sedarli, d’altronde faccio parte della Divisione, sono una delle persone meglio addestrate per farlo.
Le prime missioni sono adrenaliniche, non faccio in tempo a terminarne una che voglio subito qualcosa di nuovo e più difficile: la struttura è piuttosto lineare (vai lì, uccidi i cattivi, riporta un oggetto o gli ostaggi) ma non mi annoio per un secondo, sono sempre sulle spine, perché l’azione è incessante e, anche quando sono in strada per raggiungere il luogo del nuova incarico, devo stare attento a non incrociare dei facinorosi.
Ho apprezzato molto la possibilità di potermi unire ad altri giocatori per affrontare il gioco in modalità cooperativa ma – e questo è un punto che può essere sia debole che forte – senza amici si perde un po’ di divertimento: giocare con sconosciuti è sempre rischioso, può andare bene come può andare, spesso, male.
Finita la parte introduttiva, una volta creato il quartier generale, ho toccato davvero con mano The Division: c’è la possibilità di craftare oggetti, di costruire tre dipartimenti (medico, tecnologico, sicurezza) con conseguenti bonus, di affrontare nuove missioni e di entrare nella Zona Nera.
La Zona Nera è una vastissima area in cui potersi sfiziare con il PvP (players versus players) e nella quale, senza amici con cui giocare e un adeguato equipaggiamento, farete una brutta fine. Ma davvero brutta.
È possibile provare delle missioni in solitaria ma risulta piuttosto frustrante; è l’unico limite (se vogliamo chiamarlo tale, d’altronde non è colpa di Ubisoft se nessuno dei miei contatti ha attualmente il gioco) che ho riscontrato nella mia esperienza.
È fastidioso che in questa porzione di mappa – dove il loot, ovvero il bottino ottenibile è davvero buono – è possibile incontrare gruppetti di fuorilegge interpretati da altri umani che non aspettano altro che uccidermi e prendere il mio equipaggiamento, poiché gli oggetti che ho raccolto qui non sono subito utilizzabili ma dovranno essere portati via tramite un elicottero solo in determinati punti d’estrazione: negli attimi precedenti all’arrivo del mezzo si è però attaccati da alcuni uomini controllati dall’intelligenza artificiale e – purtroppo – da altri giocatori (una volta morto, tutto ciò che trasporto verrà lasciato per terra).
Alla luce delle mie prime ore di gioco, non posso che consigliarvi di vivere “Tom Clancy’s The Division”: la giocabilità e la grafica sono a livelli altissimi, grazie ad un’interfaccia minimale, agli elementi da GdR che permeano il tutto e all’attenzione dei particolari (guardate New York, è stata riprodotta fedelmente). Non privatevi di questa possibilità, a patto però di avere un gruppo di amici con cui condividere l’esperienza.
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Ringrazio Ubisoft per la copia del gioco.