Come molti appassionati di fumetti, anche noi di Nerdando.com siamo andati a visitare il Cartoomics di Milano. Tra le mirabolanti cose che abbiamo visto, la prima ad attirare la nostra attenzione è stato lo stand di The Walking Dead. Approfittando della poca affluenza alle 9.30 del mattino, abbiamo incontrato Jacopo Masini, responsabile comunicazione e redattore presso SaldaPress, che, come tutti sanno, è detentrice dell’esclusiva italiana per TWD.
Con lui abbiamo fatto una chiacchierata a 360° scoprendo molti retroscena sul fenomeno TWD in Italia e alcune anticipazioni davvero golose.
Parlare di TWD non è mai facile: da un lato c’è il rischio di essere troppo banali, dall’altra quello di trascurare molte delle mille sfaccettature che circondano questo franchise. Forse il modo migliore di iniziare è quello di specificare che cos’è esattamente TWD.
Nasce come fumetto nel lontano 2003 da quella mente geniale di Robert Kirkman. SaldaPress inizia a stamparlo nel 2005 coronando oggi de facto non solo i 10 anni di pubblicazione ma anche la astronomica cifra di 1 milione di copie vendute e l’undicesima ristampa del numero uno.
“Certo – dice Jacopo – negli Stati Uniti se ne vendono molti di più… ma qui siamo in Italia. Il più venduto è stato il numero 115 con circa 390 mila copie”.
E a questo proposito non perdiamo l’occasione di chiedergli il perché della scelta di pubblicare TWD in formato bonelliano (che raccoglie 6 numeri standard americani) invece che seguire la pubblicazione originale. “Perché se lo facessimo – nicchia Jacopo – la gente direbbe: beh, tutto qui? È per questo che ho pagato?”. Un problema culturale, quindi?
Sì. Esattamente così, un problema di cultura che in Italia è palesemente differente: siamo abituati a pubblicazioni come quelle di Tex e, aggiungiamo noi, Diabolik. Un numero composto da poche pagine scatenerebbe le ire dei lettori e li allontanerebbe dalla serie.
Ma allora cos’è TWD? Un fumetto di zombie? In realtà no. Nasce come fumetto, certo, ed è ambientato in un mondo caratterizzato dalla così detta apocalisse zombie… ma ha una caratteristica unica, mai vista prima e che, a nostro parere, ne ha decretato il planetario successo: gli zombie non sono i protagonisti.
Non è una storia di zombie.
Se al posto degli erranti ci fosse una pandemia di super-influenza (tema molto amato da Stephen King, per citarne uno a caso) probabilmente sarebbe lo stesso. I non morti offrono uno spunto, un background, un whodunit (come lo chiama Hitchcock): una scusa per mettere degli attori all’interno di una scena, trasformare i personaggi in persone a tutto tondo e farle vivere, respirare, lottare e morire.
Ma soprattutto per farle sbagliare. Lo stesso Rick Grimes, protagonista sia del fumetto che della serie, è tutto fuorché lo stereotipo dell’eroe: è umano, e quindi fallibile. Preda di dubbi, rimorsi ed errori madornali che portano alla morte i suoi amici.
Ma non è tutto qui. TWD, infatti, è diventato anche un videogioco molto apprezzato della Telltales in cui, attenzione, i protagonisti sono altri. Ci sono piccoli punti di contatto, ma in realtà sono solo citazioni.
Proviamo a fare un paio di esempi? Proviamo ad immaginare una storia poliziesca ambientata a Clerville ma in cui non ci sono Diabolik né Eva né Ginko? Impossibile.
Cambiamo media: provate ad immaginare Breaking Bad senza Walter White. Stiamo parlando di una serie strepitosa ma in cui gli spettatori erano incollati allo schermo per seguire l’evoluzione del protagonista.
Ora proviamo ad immaginare TWD senza Rick… non solo è fattibile. E’ stato fatto, appunto, col videogame. Non solo: sono stati creati personaggi, come Daryl, che sulla carta non funzionerebbero, ma che in TV rappresentano una delle trovate migliori della sceneggiatura.
Ma non basta: col numero 22, in uscita prossimamente, ci saranno grossissime novità. Jacopo non si è lasciato scappare nulla, tuttavia ci ha lasciato intendere che in futuro potrebbe anche cambiare tutto: con la fine del ciclo della Guerra Totale, se ne apre uno nuovo a distanza di un paio d’anni… potrebbe persino morire Rick e la storia starebbe ugualmente in piedi.
Non facciamo alcuna fatica a credergli. Il mondo di TWD ormai gode di una vita sua, si regge saldamente sulle proprie gambe e si sta dipanando lungo vie sempre più articolate e complesse.
Dove si nasconde, allora, il successo di TWD? Qual è il suo segreto? Perché tra i suoi estimatori ci sono persone che NON amano gli horror o gli zombie?
Una storia come questa può andare avanti all’infinito? In effetti sì, ecco l’altro colpo di genio di Kirkman, la trovata originale che si è rivelata vincente: i personaggi sono tutti, irrimediabilmente, senza alcuna speranza. In tutte le storie di zombie, si è sempre visto il fenomeno come tendenzialmente passeggero, un virus, una cometa… Persino il bellissimo e catastrofico World War Z (romanzo di Max Brooks) ha un finale possibilista.
TWD invece no: non importa essere morsi o colpiti da uno zombie… tutti, quando moriranno, si trasformeranno in non morti. Nessuno escluso: sono già tutti morti che camminano.
A meno di non trovare una cura (che, a quanto pare, non sembra essere nelle corde dell’autore) tutto quello che possono fare i protagonisti è “sopravvivere”. Non vivere. Forse le nuove generazioni sono immuni? Chissà: è una possibile soluzione… ma ancora non ci è dato saperlo.
È un mondo condannato a finire. E quando non c’è alcuna speranza, per che cosa vale la pena lottare? La sola idea di essere totalmente senza speranza è atterrente, ed è su questo background che vengono analizzate le psicologie dei personaggi. Ed ecco che i confini si fanno sempre più labili. Additiamo il Governatore e Negan come malvagi. Ma quante azioni “malvagie” ha compiuto Rick?
Un altro tema importante è quello della morte dei protagonisti. Come nel Trono di Spade (che possiate tutti perdonarmi l’accostamento), anche in TWD Kirkman non si nega il gusto di eliminare personaggi protagonisti di vicende emozionanti e che vorremmo seguire per sempre. E parliamo di persone in prima linea: di quelle che, normalmente, hanno la pagnotta assicurata per tutta la vita. Ma non qui. Però ci sono delle differenze sostanziali, e non manchiamo di farlo notare a Jacopo. La prima, eclatante, è la figlia di Rick. Va bene: Lori era indigesta a tutti e molti son quelli contenti della sua rimozione. Nella serie la bimba viene salvata in modo rocambolesco, nel fumetto…
“Perché il fumetto – spiega Jacopo – consente cose che da nessun’altra parte sono ammesse. Sicuramente per una questione di pubblico: è il medium ad essere diverso.”
È vero: nel fumetto Rick perde una mano e deve cavarsela senza. Ruth viene massacrata dal Governatore. Michonne viene torturata e stuprata disumanamente e lei stessa, poi, si vendica del suo carnefice in modo mostruoso.
Il fumetto, insomma, è un universo bianco in cui dipingere qualsiasi cosa. Nel fumetto possiamo permetterci cose che in nessun altro medium sono concesse. Nemmeno nei videogiochi.
Ma Kirkman non si ferma a TWD e lo fa nel suo stile. Con Outcast, in uscita in queste settimane, ha di nuovo preso un tema stra inflazionato e l’ha ribaltato per farlo suo. Ha preso il contesto dell’esorcismo e della possessione e ne ha modificato il punto di vista. Parleremo di Outcast in un prossimo articolo, ma per ora è bene rimarcare che questo nuovo progetto nasce come cross-mediale. È’ stato pensato e concepito per essere sia un fumetto, che una serie tv, che film, che gioco…
E se conosciamo un po’ il genio di Kirkman, ce ne saranno da vedere delle belle…
“Il fumetto è una cosa per bambini?” chiediamo in conclusione.
Jacopo è serio: “Assolutamente no. Lo è stato, almeno fino agli anni ’50; poi è diventato per adulti anche se l’opinione pubblica stenta a capirlo. Come diceva Will Eisner: “il fumetto è letteratura”.”
E noi non potremmo essere più d’accordo.