Naoki Urasawa è forse uno dei mangaka più influenti della sua generazione, le sue tecniche e la sua capacità di creare fumetti di generi sempre diversi lo rendono imprescindibilmente un maestro.
Tra le sue opere ricordo con grande passione Pluto, la revisione di Astroboy di Tezuka.
Cosa c’è di succoso
Modera l’incontro Gianluca de Angelis.
L’autore ha iniziato con il dire che è molto contento di spendere il 40esimo anniversario di 20th Century Boys a Lucca. L’infanzia di Urasawa è stata piena di manga, disegnava già dagli 8 anni e da quel periodo non è cambiato lo stile, quindi lo ha influenzato parecchio nei suoi lavori.
Non ci sono artisti del passato giapponese che lo hanno ispirato particolarmente, dice di averne abbastanza degli altri autori, anche per quanto riguarda il remake di Pluto dice che gli è venuta l’orticaria.
Pluto è stato letto da Urasawa quando aveva 5 e 8 anni, e poi mai più, c’è stata un rielaborazione della storia di Tezuka attraverso i ricordi dell’Urasawa bambino, che sono andati a costruire gli eventi diversi nella storia.
I manga che noi consideriamo sportivi, come i suoi primi, per lui non lo sono, ma sono più profondi, di mistero, quasi thriller, quindi continuerà a fare manga più di questo tipo, perché è ciò che si sente di fare.
Durante la realizzazione di 20th Century Boys, non riusciva a disegnare un personaggio, ma andando al supermercato ha visto una donna che era perfetta per quel ruolo, quindi si può dire che lui prenda ispirazione dai fatti e dalle persone normali.
Riguardo al connubio tra manga e musica l’autore si è espresso con positività, a 13 anni ha inziato a suonare e scrivere canzoni, alternando due registratori e ascoltando pezzo per pezzo la canzone, ogni volta che veniva registrata. Adesso con il digitale è facile, ma una volta, con le cassette, fermare il suono era molto difficile.
Lo shogi, un gioco giapponese simile agli scacchi, lo affascina molto, perché i pezzi possono prendere solo delle determinate direzioni, così l’artista vuole che siano i suoi personaggi.
Una cosa che ha realizzato in un’intervista che ha fatto ieri, è che Monsters non è un manga focalizzato su persone malvagie, ma un manga verso le profondità dell’uomo, che partiva con personaggi buoni, che poi sono diventati cattivi.
Come punto di partenza per disegnare gli piace il genere commedia, ma non può inserirlo da tutte le parti, anche se ci prova spesso. Anche nei momenti più difficili e tristi il personaggio può dire “ho un po’di fame” ed è comico, ma allo stesso tempo rende il personaggio umano.
Sulla creazione della storia, il primo passo del maestro Urasawa è sempre pensare alla fine, ma può essere durante lo svolgimento della trama a volte il finale può cambiare, anzi succede spesso che si arrivi ad un finale molto diverso. Questo perché durante lo svolgimento della trama alcune cose, che prima non lo erano, divengono prioritarie.
Secondo Urasawa Lucca è una città che ti invoglia a disegnarla, semmai dovesse fare un manga con ambientazione europea o italiana, la userebbe.
Il maestro, occupandosi di manga di evoluzione e futuro, si sente di dire che diventare mangaka è difficile, ma sicuramente non serve a niente creare per cercare di vendere, ma l’importante è realizzarlo perché piace. È lì che si creano le nuove generazioni di mangaka.
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