Recensione
Nel 2011 due simpatici coniugi tedeschi, Inka e Markus Brand, che di mestiere inventano giochi, pubblicano quello che è il loro lavoro più amato, un gioco dall’anima che più germanica non si può: Village, un titolo nel quale bisogna rendere la propria famiglia la più prestigiosa del villaggio, sfruttando risorse e persino il decesso dei propri meeple pur di accumulare punti vittoria.
Sono cose della vita, d’altronde, ma se questa botta di realismo vi lascia perplessi non vi preoccupate perché Village è innanzitutto un bel gioco, divertente e con delle idee interessanti, che negli anni è rimasto nel cuore di molti appassionati, e che era andato esaurito insieme alle due espansioni Port e Inn.
Quand’ecco che arriva l’idea di ripubblicare tutto in un’unica mega scatola, mettendoci tutto ciò che è uscito e anche di più: nasce così Village Big Box, pubblicato da Eggert Spiele e nel nostro paese arriva localizzato grazie ad Asmodee Italia, e che reca in dote il gioco base, le espansioni Porto e Locanda, tutte le promo e l’espansione inedita Matrimonio.
Se siete rimasti perplessi quando vi ho parlato di meeple che passano a miglior vita, beh, continuate a leggere, che ve lo spiego.
Componenti
La prima cosa che colpisce di Village Big Box è che la scatola è veramente big, di nome e di fatto.
Molto bella nelle illustrazioni della copertina e dal peso importante, una volta aperta rivela un florilegio di componenti e un inserto forse esagerato ma funzionale per riporre per bene la tanta roba che troviamo al suo interno, una marea di fustelle da defustellare, componenti in legno, sacchetti, tesserine e il grande tabellone double face, che è l’elemento che presso il grande pubblico ha fatto storcere più il naso.
Infatti la grafica di Village ha conosciuto un completo restyling in questa nuova edizione, e la gente è impazzita, perché si tratta di un cambiamento piuttosto radicale dalle morbide e classiche illustrazioni da germanone d’antan ad una linea più moderna, asciutta e forse a tratti confusionaria soprattutto sul tabellone, la cui volontà è quella di evocare l’estetica dei manoscritti miniati.
L’intento è buono ma realizzato, secondo chi scrive, non del tutto: non sono uno dei detrattori che ha bombardato di recensioni negative il gioco solo per questo motivo, anzi, l’aspetto grafico non mi dispiace, ma sul fatto che il tabellone non sia del tutto chiaro di primo acchito, concordo.
Bisogna farci parecchio l’abitudine, ecco. D’altronde l’illustratrice, Jacqui Davis, non è l’ultima arrivata.
Sul resto dei componenti non posso far altro che inchinarmi al cartone bello duro, alle plance dual layer, alla generale alta qualità di tutta la componentistica, compresi i manuali, ben scritti e ricchi di dettagli.
Come si gioca
Village Big Box promette una sfida da 1 a 5 giocatori, per una durata che varia da 1 a 2 ore in base al numero di sfidanti e al numero di espansioni che aggiungiamo alla partita.
Di certo non voglio tediarvi con i dettagli su tutto il regolamento, che trovate come di consueto sul sito di Asmodee, ma voglio darvi una infarinatura sul flusso di gioco.
In Village Big Box ciò che faremo è tentare di rendere la nostra famiglia la più prestigiosa del villaggio, di modo che i nostri familiari siano ricordati nelle Cronache, che sostanzialmente è il modo per far punti; ovviamente, chi ha più punti a fine partita, vince.
In generale, Village Big Box offre una discreta libertà di azione e saremo noi a doverci creare la strada verso il successo: partiremo con la prima generazione di familiari, che potranno essere impiegati in vari mestieri e funzioni pubbliche; potremo farli diventare artigiani, fattori, viaggiatori, commercianti, politici o alti prelati, e ciascuno di questi mestieri ci permetterà di accedere a risorse o bonus di vario tipo.
Riassumendo di molto, Village Big Box è un piazzamento lavoratori.
La plancia principale di gioco è suddivisa in zone, ciascuna delle quali corrispondenti ad una delle occupazioni di cui vi parlavo: all’inizio di ogni round si pongono in queste zone dei cubetti colorati, chiamati influenza, che rappresentano risorse “morali” come l’Abilità, la Conoscenza, la Fede o la Persuasione, che servono per compiere azioni nel villaggio.
Al proprio turno, si può scegliere di prelevare uno di questi cubetti, piazzarlo nella propria riserva e piazzare il proprio meeple in quella zona, facendogli compiere una delle tante azioni disponibili, tra l’imparare un mestiere, viaggiare, raccogliere grano, fare figli, vendere al mercato e chi più ne ha, più ne metta.
Occhio, perché tra i vari cubetti ci sono quelli neri, che rappresentano la peste, e questi andranno ad assottigliare le speranze di vita dei nostri amati meeple.
E qui ci colleghiamo all’altro meccanismo fondamentale del motore di gioco: molte delle azioni chiedono di spendere del “tempo”: ciò vorrà dire che dovremo far avanzare l’indicatore tempo presente sulla nostra plancia. Non appena tale indicatore avrà compiuto un giro completo, vorrà dire che sarà venuto il momento per uno dei nostri amati meeple di rendere l’anima al cielo: una delle caratteristiche di gameplay più ricordate (e, all’epoca, innovative) di Village è proprio questa, il dover far morire i meeple al momento giusto per ottenere punti!
Cosa c’è di più germanico, dal punto di vista del gameplay?
Infatti, una volta deceduto un meeple, esso potrà trovare spazio sulla cronaca del villaggio, se ancora c’è posto per lui, oppure essere tristemente dimenticato e finire nella fossa comune dietro la chiesa, e noi non ne ricaveremmo alcun punto. Che tristezza.
Il gioco finirà non appena lo spazio sulla cronaca del villaggio o nelle fosse comuni sarà terminato, decretando il vincitore ai punti.
Detto così, sembra tutto molto, troppo semplice, ma ciascuna delle varie vie che sceglieremo di intraprendere ha delle sfumature che rendono questo gioco veramente divertente e piacevole nello svolgimento.
Ad esempio, potrei citare le carriere politche ed ecclesiastiche, che a fine partita danno molti punti, ma che si perseguono in modi molto diversi; o il fatto che avere dei familiari che lavorano come artigiani ci può garantire dei beni, che potremo andare a vendere al mercato, e i clienti soddisfatti significano punti a fine partita. O ancora, la parte del viaggio, che con l’espansione del Porto diventa ancora più interessante, variegata e ricca di spunti e possibilità.
Ciò che mi piace molto in Village Big Box è proprio il potersi costruire una strategia fatta di concatenazioni tra mestieri, risorse e generazioni, e dona una grande soddisfazione durante tutta la partita, grazie anche al tema che qui si sente molto di più rispetto alla media dei giochi in stile tedesco.
La scalabilità del gioco è a mio avviso ottima in tutte le configurazioni, compreso il gioco in solitario, con un automa che si gestisce facilmente, è compatibile con tutte le espansioni e garantisce una sfida adeguata.
La longevità, beh, è garantita dalla mole sostanziosa di materiale nella scatola, che può essere miscelato a nostro piacimento, creando sfide sempre diverse!
Le espansioni
Village in edizione Big Box contiene tutto ciò che sia mai stato pubblicato per Village, e anche di più: io ad esempio ho apprezzato in modo particolare l’espansione Porto, che va ad arricchire molto il gioco base, ed in un certo senso va anche a riequilibrarlo, poiché l’azione viaggio diviene quasi un gioco nel gioco, ed è molto più utile ed interessante da sviluppare.
Le altre due, Locanda e Matrimonio. seppur divertenti, non modificano in modo radicale il gioco, ma lo allargano e lo allungano, aggiungendo “cose”: valutate anche in base a quanto volete far durare la partita!
Diciamo che se avete la vecchia edizione con le espansioni e volete questa solo per Matrimonio, beh, forse ci penserei su.
La presenza di tutte queste espansioni, come dicevo rende la rigiocabilità davvero alta; da par mio, penso che la mia configurazione preferita sia il base più il Porto, semplice semplice.
In conclusione
Village è un titolo che è entrato nel cuore di molti giocatori da tavolo da quando uscì più di 10 anni fa, e si è meritato di essere ripubblicato e non abbandonato all’oblio del fuori produzione.
C’era un certo movimento nel mercato dell’usato, e le espansioni erano divenute introvabili se non a prezzi disumani.
Questa nuova edizione cade a fagiolo, seppur gran parte della community non abbia gradito il cambio di veste grafica: una modernizzazione come concetto era legittima, e anche l’intenzione di virare verso un’estetica parecchio legata al tema; tutto ciò, però, a scapito della leggibilità del vecchio tabellone, comprensibile al primo sguardo.
Veste grafica a parte che, ripeto, non è a mio avviso da bocciare in toto ma c’è da farci l’occhio, sotto il cofano c’è sempre il vecchio Village, un gioco che senza dubbio merita un posto sul vostro scaffale (che sia grosso, mi raccomando!), soprattutto se vi piacciono i gestionali: ho amato il tema, il fatto che sia presente nel gioco e non solo un orpello, e soprattutto il divertimento e la soddisfazione che regala al tavolo, immutate nel tempo.
Ultima nota che mi permetto di aggiungere: con tutto il ben di Dio che vi portate a casa nello scatolone, il prezzo suggerito è più che onesto. Se poi cercavate proprio di recuperare questo titolo da tempo, beh, meglio di così si muore!
Nerdando in breve
Enorme riedizione di un gioco molto amato datato 2011, Village Big Box si conferma dopo tanti anni un gioco da avere in collezione se si amano i gestionali: ora si può recuperare senza vendere un rene, a patto di abituarsi ad una grafica nuova e diversa dai soliti cliché.
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