Recensione
Siamo abituati a pensare ad Alan Moore come all’autore innovativo e caustico che ha dato vita a capolavori di estremo spessore e in grado di rivoluzionare il panorama fumettistico di tutti i tempi. Opere dense, impegnative e filosofiche. Eppure, prima di tutto questo, Alan Moore è stato anche autore di strisce umoristiche sul Northants Post per ben sette anni. O almeno lo è stato il suo alter ego Jill de Ray.
Maxwell il gatto magico rappresenta una parentesi semisconosciuta nella produzione di Alan Moore, eppure è di incredibile interesse per comprendere a tutto tondo il poliedrico autore inglese.
Grazie a Panini Comics, Maxwell il gatto magico è arrivato per la prima volta e in edizione integrale in Italia: ho potuto così leggerlo e perdermi in un immaginario niente affatto prevedibile.
Trama
In una normale mattinata come tante, il gatto parlante Maxwell precipita dallo spazio sulla Terra e finisce nel giardino del piccolo Norman Nesbitt. È così che hanno inizio le avventure di Maxwell il gatto magico nell’Inghilterra a cavallo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta: con uno sguardo cinico, pungente e disincantato, Maxwell commenta gli episodi dell’attualità, ragiona sugli eterni dilemmi umani, fa la conoscenza di peculiari personaggi e non disdegna la più crudele e cruenta caccia al topo.
Stile
Molto più di una striscia, Maxwell il gatto magico si distacca nettamente dallo “stile Peanuts” per dare libero sfogo all’estro autoriale tipico di Alan Moore, caustico e rivoluzionario.
E sebbene lo stesso autore non ricordi questo suo primo lavoro in termini lusinghieri, come possiamo leggere nella postfazione del volume, Maxwell il gatto magico si dimostra una lettura interessantissima, fosse anche solo in termini filologici di studio e approfondimento del suo autore.
Come lui stesso ricorda, Alan Moore era agli inizi della sua carriera nel 1979, quando accetta di scrivere e disegnare una striscia per bambini sulle pagine del Northants Post. Non è certamente quello che sogna di fare, ma riesce a plasmare la materia alla propria personalità: già nello pseudonimo scelto, Jill de Ray. La pronuncia del nome d’arte, infatti, è incredibilmente simile a quella di Gilles de Rais, serial killer di bambini nella Francia del Quattrocento.
Se a livello grafico i sette anni di pubblicazione di Maxwell il gatto magico non mostrano particolari cambiamenti, a livello di tematiche l’evoluzione è palpabile. Da soggetti più “adatti a tutti”, gradualmente si scivola nel cruento e nel politicamente scorretto, cambiando decisamente il target di riferimento iniziale.
Pur strettamente legate all’attualità inglese di quegli anni, le strisce di Maxwell il gatto magico risultano piacevoli lette anche oggi, soprattutto perché permettono di scorgere il germe del futuro Alan Moore in un campo totalmente diverso da quello in cui siamo abituati a collocarlo.
Edizione
Quella di Maxwell il gatto magico è un’edizione pazzesca! Non solo perché è di fatto la prima e unica pubblicazione delle strisce di Jill de Ray in Italia, per di più in versione integrale, ma anche perché è arricchita da una serie di contenuti pensati per immergersi totalmente e approfondire il pensiero di Moore riguardo al suo lavoro.
Panini ha realizzato un volume di grandi dimensioni, cartonato e in carta opaca, che restituisce appieno una pietra miliare che non può mancare nelle librerie di ogni appassionato dell’autore di Northampton.
È già disponibile al prezzo di copertina di 22,00€.
Nerdando in breve
Maxwell il gatto magico è uno sguardo inedito sui primi passi di Alan Moore, in una veste per lui insolita ma già in grado di rispecchiare lo stile caustico e anticonformista del suo autore.
Contenuti