Sin dall’antichità, la caccia è una delle attività che ci ha definiti come società, in parallelo allo sviluppo dell’agricoltura e poi delle arti. Credo sia per questo che giochi come Wild Hearts hanno sempre un certo fascino! Andiamo a scoprire cosa ci riserva la combo EA – Koei Tecmo – Omega Force in questo nuovo gioco dove creature, folklore e crafting spadroneggiano.
Recensione
Wild Hearts si svolge ad Azuma, luogo fantastico ispirato al Giappone feudale. Qui le creature regnano sovrane e sono totalmente fuse con la natura, con scarse interazioni con l’uomo. Ma qualcosa è cambiato, e i mostri (i Kemono) iniziano ad attaccare gli insediamenti e a terrorizzare la popolazione.
Qui entriamo in gioco noi, che saremo chiamati a risolvere questa situazione per salvare Azuma. Ma non saremo armati di semplici armi, bensì avremo la possibilità di utilizzare il Karakuri, ossia un potere antico che permette di creare strutture, oggetti, persino altre armi e accampamenti, cosa che ci darà un vantaggio imprescindibile nella lotta ai Kemono.
Riusciremo nel nostro intento? Lo scopriremo solo giocando… e sconfiggendo Kemono sempre più mastodontici!
Gameplay
Diciamolo subito, così evitiamo l’effetto “elefante nella stanza”: Wild Hearts è molto simile a Monster Hunter. Inutile negarlo! Il nucleo del gioco è infatti dato dalla caccia e dall’esplorazione. Abbiamo quindi una mappa, divisa in regioni, nella quale potremo muoverci abbastanza liberamente per scovare i Kemono. Tutto ciò è molto simile a Monster Hunter, che forse grazie alla lunga esperienza riesce a gestire meglio alcuni aspetti.
Il combattimento può essere personalizzato grazie alle otto armi che avremo a disposizione, partendo dalla nostra Katana per poi avere archi, martelli, armi da fuoco e anche un’arma che può assumere ben 5 forme. Tutto bello, se non fosse che il combattimento a volte è poco preciso e confusionario, con qualche problema tecnico dato anche dall’ambiente circostante dove voi o i nemici vi potreste bloccare per qualche istante. Questo lo noterete soprattutto all’inizio del gioco, man mano che andrete avanti riuscirete a gestire meglio il combattimento, e il comportamento dei Kemono è fatto apposta per spiazzarvi e costringervi a pensare a delle strategie sempre diverse per affrontare i vari tipi di mostri.
Tuttavia c’è un’interessante novità in Wild Hearts, ossia il Karakuri, cioè la possibilità di creare oggetti e strutture che avranno varie funzioni. Le principali sono il combattimento e l’esplorazione, e ad esempio il primo tipo di Karakuri che potrete costruire, ossia delle semplici casse, vi permetteranno di raggiungere punti altrimenti irraggiungibili grazie anche alla possibilità di costruirle una sopra l’altra (e scalarle senza usare la Stamina). Questa possibilità mi ha ricordato tantissimo il crafting di Fortnite!
Infatti in combattimento potrete ad esempio salire sulle casse appena costruite per poi scatenare un attacco dall’alto più potente del solito… diciamo che il limite è nella vostra fantasia! Per poter utilizzare il Karakuri dovrete trovare delle risorse, definite “Filo“, che potrete prendere da rocce e alberi (uhm) e che dei piccoli “robot” che incontrerete durante la vostra avventura potranno anche darvi durante i combattimenti – anche qui, in maniera simile a quanto fanno i felini di Monster Hunter.
Wild Hearts è pieno di personaggi secondari che vi aiuteranno nell’avventura, e la città di Minato sarà la vostra base di riferimento per tutta la durata del gioco. Alcuni personaggi vi aiuteranno con la creazione di armi e armature e saranno anche importanti ai fini della storia, che direi essere interessante il giusto.
Audio e Video
Per quanto riguarda il comparto Audio di Wild Hearts, il doppiaggio italiano farà contenti un po’ tutti, anche se io suggerisco di tuffarsi nell’audio giapponese per un’esperienza più immersiva.
Lato Video, amiche e amici di Nerdando, c’è da mettersi le mani nei capelli, purtroppo. Per quanto la parte artistica sia bella – i colori e le ambientazioni a livello concettuale sono veramente ben fatti – la realizzazione delle particelle e delle texture è veramente inaccettabile per una produzione del genere. Non parlo poi delle telecamere, spesso e volentieri totalmente ostacolanti.
A inizio gioco c’è una sequenza, concettualmente molto intensa, che viene rovinata dall’effetto della pioggia/neve. Non sono gocce d’acqua, bensì linee seghettate che scendono continuamente lungo lo schermo e che vi faranno alzare gli occhi al cielo. Non penso sia una cosa buona per la salute del gioco, che ho provato su PlayStation 5 e che non rende minimamente bene in situazioni con molti elementi particellari. EA, Koei Tecmo, vi prego: patchate questo gioco al più presto!
Concludendo
Wild Hearts ha la volontà di essere l’alternativa a Monster Hunter, e ci riesce a metà. Se da un lato alcune cose sono fin troppo similari, la presenza dei Karakuri dà sicuramente molte nuove possibilità che vi divertiranno, sebbene anche questa non sia una novità totalmente originale. Questo mix tra Monster Hunter e Fortnite sarebbe anche un bel gioco se non fosse per dei problemi tecnici relativi alla grafica che minano un po’ il gameplay, unite ad un sistema di combattimento che all’inizio forse è un po’ spiazzante ma che poi diventa più gestibile.
Mi riserverei di rivalutare il titolo alla luce di una patch che lo renda degno di questa generazione di gaming!
Nerdando in breve
Wild Hearts vuole essere l’erede di Monster Hunter: esperimento riuscito, ma a metà!
Trailer
Ringraziamo EA per averci fornito una copia di Wild Hearts per questa recensione.
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