Novembre 2020 è iniziato con un incontro piacevole e frizzante: Elettra Lamborghini, cantante e regina indiscussa del twerking, diventa la protagonista del fumetto per ragazzi Elettra Lamborghini e la dea del ritmo. Edito da Beccogiallo e disponibile in libreria dal 29 ottobre, l’opera è nata dalla collaborazione fra l’artista e un folto numero di persone, fra le quali: Marco Tamagnini (soggetto), Luca Vanzella (sceneggiatura), Salvatore Callerami (disegni) e Ilaria Catalani (character design). All’incontro che si è tenuto in diretta streaming in occasione di Lucca ChaNGes hanno partecipato sia la cantante, che lo sceneggiatore.
Il fumetto parla proprio di lei, ci dice la cantante, la quale è consapevole di avere un carattere adatto a interagire sia con gli adulti che con i piccini. Spera che in un periodo come quello nel quale ci troviamo, il fumetto che esce possa portare leggerezza a tutti quanti.
Da piccola, ma proprio piccola piccola, leggeva Paperino, ora non è il genere che preferisce: predilige libri sulla psicologia, il cibo e il benessere interiore. Eppure è molto fiera di averne prodotto uno. Ci dice, sorridendo con gli occhi, perché la mascherina le nasconde il volto.
Di fronte alle domande sulla genesi dell’opera, ci racconta di aver sempre ricevuto richieste che la invitassero a raccontare la sua storia scrivendo un libro, ma non ha mai ritenuto di avere qualcosa da raccontare. “Tutti possono scrivere un libro oggi giorno, chi sono io per dover raccontare la mia storia, non è niente di speciale.” Tuttavia, il formato che le ha proposto Beccogiallo è riuscito a farle cambiare idea, perché nei disegni ha potuto incanalare tutto il ritmo che l’accompagna, permettendole di far emergere sé stessa.
Inoltre, un libro a fumetti è sicuramente il mezzo più indicato per raggiungere il pubblico più giovane, al quale si approccia essendo sé stessa. Alla domanda in tema, risponde: “Non mi approccio, francamente dovrei farlo e forse stare più attenta alle parole che uso, ma magari piaccio proprio perché sono spontanea e dico quello che mi sento, cosa che a quanto pare funziona ed è il mio punto forte. Chi mi scrive spesso dice che non mi conosceva, che mi pregiudicava ma anche che seguendomi ha cambiato opinione su di me. Allora avanti così.”
Parlando alla storia raccontata in Elettra Lamborghini e la dea del ritmo, nel fumetto la protagonista si salva ballando il reggaeton, un genere che attualmente è abbastanza bistrattato. Ma perché? “Forse sono solo pregiudizi stupidi che vengono attribuiti. Certo, in latino americano il reggaeton ha un vocabolario un po’ più acceso, come in Italia oggi lo ha la trap.” Tuttavia, non è l’uso di un vocabolario un po’ scurrile ciò che definisce il genere musicale, ma il ritmo e la vivacità che trasmette. “Quando arrivo in studio dico agli atri ‘Okay, adesso ci divertiamo!'” La musa ispiratrice del suo successo, è proprio il divertimento. Anche lo sceneggiatore, poco dopo, conferma la sua versione: essendosi approcciato alla musica trap per lavoro, ne ha infine compreso il successo. “Forse non mi definirei un vero fan” ci dice Luca “ma sicuramente ora capisco come mai piaccia così tanto.”
Luca, lo sceneggiatore, si è approcciato alla sceneggiatura di questo volume in un modo nuovo rispetto al solito: abituato a scrivere biografie postume, si è ritrovato a poter collaborare con una protagonista ancora in vita, il che gli ha facilitato il lavoro. Lui è stato il primo a divertirsi e questo è sicuramente un buon punto di partenza: “Se mi diverto io, si divertirà anche il pubblico a casa.”
Nel fumetto abbiamo una versione di Elettra che è lei, ma non esattamente lei: quanto c’è di vero? In realtà, l’artista si definisce trasparente: il personaggio che ha creato non è finzione, è fatto a reale immagine di com’è. Per questo cerca sempre di dare il buon esempio, ma senza mai forzarlo: il buon esempio non deve essere solo un’immagine, ma una genuina trasparenza di come si è, perché dal pubblico viene percepita la sincerità. Crede che i bambini la vedano un po’ come un cartone animato, un po’ come una sorella maggiore: una figura che non potrà mai far loro del male, e per questo, molto spesso, quando la incontrano dal vivo si commuovono.
Luca conferma la versione della cantante, dicendo che, tolto il filtro parolacce, per il resto è rimasta abbastanza identica a quello che è, dal latte di soia al gelato al pistacchio, dai tormentoni che la caratterizzano alla sua essenza spumeggiante.
Divertitasi tanto nella produzione dell’opera, non si preclude la possibilità di un futuro ritorno fra vignette e balloon, per quanto di esperienze in cui cimentarsi ce ne siano ancora moltissime.
È stata un po’ sfortunata, perché l’edizione 2020 di Lucca Comics & Games è la prima alla quale partecipa. Ha già visitato la città più volte, ma mai durante la fiera. Che il prossimo anno sia l’occasione giusta per vederla dal vivo, magari a presentare un nuovo volume? Solo il futuro ce lo dirà, intanto si dice rasserenata dal fatto che anche Lucca Comics si sia adattato al contesto sanitario, scegliendo di preferire interamente il digitale.
Tornando ai temi del fumetto, le viene chiesto quale si aspetta che siano i messaggi che possano essere veicolati alle nuove generazioni attraverso il suo personaggio. “Elettra legata alle macchine non esiste più, non devo sentirmi in colpa se sono nata in questa famiglia. Io faccio questo perché a me piace, la musica è sempre stato quello che volevo fare. Per me c’è solo Elettra la cantante, e sono contenta che molte persone non guardino più al cognome. Molti pensano addirittura che il mio sia un nome d’arte.”
Per quanto riguarda l’esempio, pensa che non ce ne sia uno da dare: non sente il bisogno di raccontare al pubblico “un’Elettra”, perché, ci dice, “sono una persona come voi, ho solo un cognome famoso, ma è il carattere di una persona che fa la differenza.”
Conclude l’incontro rispondendo proprio alla mia domanda: “Cara Elettra, se potessi fare la cosplayer di un personaggio, quale sceglieresti e perché?” Dopo averci pensato un po’, raccontandoci di quanto sia rimasta stregata da alcuni abiti visti in Giappone, ci chiede se ci sono regole, se può interpretare anche un personaggio inventato da lei, ma alla fine, complice probabilmente i ricordi d’infanzia, ci dice: “A me piacerebbe vestirmi da Pippo, con tanto di maschera e scarpe ingombranti.”