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Game of Thrones – Quando un fenomeno di massa si conclude

Game of Thrones

Game of Thrones

Ci siamo. Sapevamo che questo momento sarebbe arrivato ma non eravamo davvero pronti e mai avremmo potuto esserlo, d’altra parte. Game of Thrones si è conclusa, la serie che ha saputo più di ogni altra imporsi ben oltre il confine televisivo e condizionare la nostra vita a tutto tondo, la serie che ha saputo diventare un vero e proprio fenomeno di massa ha scritto la parola fine.

Dopo ben otto stagioni, il cerchio si chiude, quindi. E -ma c’era da aspettarselo d’altra parte- sembra non lasciare soddisfatto proprio nessuno. La serie TV ispirata ai romanzi di George R.R. Martin, diventati negli anni degli autentici best seller capaci di rilanciare a nuova vita il genere fantasy a livello letterario, si era da tempo distaccata dai libri ma nelle ultime stagioni ha preso una strada completamente sua, che non sempre gli spettatori hanno apprezzato. A tenere le redini della sceneggiatura, fin dall’inizio, è stato il duo composto da David Benioff e D.B. Weiss: i due, con questo finale, si sono attirati definitivamente l’odio di gran parte del pubblico.

Io ho seguito l’ottava e conclusiva stagione in diretta e, lo devo ammettere, ho avuto bisogno di un po’ di tempo per metabolizzare la conclusione che gli sceneggiatori hanno deciso di dare a Game of Thrones. Mi ha soddisfatto? Mi ha lasciata indifferente? Ho voluto pensarci un po’ su e, alla fine, buttare giù queste righe di commento, secondo il mio personalissimo punto di vista. Non una recensione alla stagione, quindi, ma una riflessione sul finale.
Sarebbe superfluo dirlo, visto che si parla appunto dell’episodio finale, ma lo specifico: da qui in avanti troverete una marea di spoiler. Se non avete ancora concluso la visione, vi consiglio di fermarvi qui e tornare a leggere solo dopo aver guardato l’episodio in questione.

Episodio conclusivo: Il Trono di Spade

Dopo cinque episodi che hanno alternato fasi riflessive ad altre concitate e ricche di eventi, siamo arrivati alla resa dei conti. Le carte in tavola sono cambiate molto rapidamente, in questa stagione, e la situazione che ci troviamo davanti alla vigilia della puntata intitolata Il Trono di Spade, è molto diversa da quella che ci saremmo potuti aspettare.

Approdo del Re è presa. O meglio, rasa al suolo. Durante la battaglia, infatti, la vena di follia che funesta da generazioni la stirpe Targaryen è esplosa in Daenerys, colpita nel profondo da più di un evento traumatico negli ultimi tempi. Molti di noi sfogano la tensione andando a correre, la Regina dei Draghi, invece, distrugge una città inerme che si è ormai arresa, abbattendo edifici e carbonizzando i cittadini terrorizzati. Una svolta che non ha convinto tutti ma che, se guardiamo con attenzione, non è così inaspettata: già nelle stagioni precedenti Daenerys aveva avuto esplosioni di rabbia incontrollata e reazioni crudeli e talvolta spropositate ai colpi che le sono arrivati. L’evoluzione del personaggio, per me, è coerente con la sua storia e con quanto ci è stato sempre mostrato di lei, per quanto posso concordare sul fatto che, in quest’ultima stagione, le tappe siano state un po’ forzate.

Sconfitti i propri nemici e conquistata definitivamente Westeros, a Daenerys non resterebbe che regnare su quel poco che resta di Approdo del Re e su tutto il Continente Occidentale. Peccato che la sete di distruzione della nuova regina non sembri affatto placata e che i suoi alleati continuino ad abbandonarla. Il primo a farlo è Tyrion, il suo Primo Cavaliere, che vede una volta per tutte deluse le speranze che aveva sempre riposto nella giovane Targaryen e decide di abbandonare il suo ruolo di consigliere. Ma anche Jon Snow (che in realtà è Aegon Targaryen, legittimo erede al Trono) sembra nutrire preoccupazioni sul comportamento della sua Regina, nonostante l’amore sincero che prova per lei.

Ed è a questo punto che le cose precipitano: Jon decide di anteporre ciò che è giusto a ciò che prova e uccide Daenerys. Si prepara ad affrontare poi la fine per mano (o per meglio dire per bocca) di Drogon. Il drago è straziato dalla morte di sua Madre ma non riesce a uccidere Jon, nelle cui vene scorre sangue di drago. Indirizza quindi il potente getto di fuoco verso il Trono di Spade, fondendolo completamente, e poi vola via con il corpo senza vita di Daenerys. Gli Immacolati, guardia della Regina, fanno dunque prigioniero Jon e, dopo un salto temporale, assistiamo al concilio dei potenti di Westeros, per stabilire il da farsi.

Tyrion sfrutta le sue abilità oratorie per convincere il concilio a scegliere un nuovo Re, che viene individuato in Bran. Lo stesso Tyrion sarà il suo Primo Cavaliere, mentre il Nord tornerà ad essere un regno a sé stante. Jon espierà la sua colpa tornando tra i Guardiani della Notte. Una fine, quindi, che è un po’ un ritorno all’inizio, anche se con un nuovo spirito: il nuovo Re ed i suoi consigliere, memori di quanto accaduto, daranno vita ad un regno più giusto e volto al bene del popolo.

Ammettiamolo: non è certo il finale che ci saremmo aspettati. Bran, che ha passato le ultime stagioni a ricordare a tutti quanto fosse distaccato dal mondo terreno e quanto fosse poco interessato al comando, accetta immediatamente di diventare Re di Westeros, pur mantenendo quella sua aria impenetrabile e disinteressata. Avevo fatto varie ipotesi su chi alla fine si sarebbe seduto sul Trono di Spade ma devo ammettere che mai e poi mai avrei preso in considerazione Bran, proprio per via della storyline che lo aveva visto protagonista. Ho visto questa scelta come un modo per ribadire il concetto di destino, che tanta parte aveva avuto nelle convinzioni di Daenerys, interpretato però in una chiave non di predestinazione ma di ciclicità. Quello che deve accadere, in un modo o nell’altro, finirà per accadere. Ed è proprio il personaggio di Bran a rafforzare questa interpretazione, quando dice a Jon “eri esattamente dove dovevi“.

Jon e Daenerys

A lasciarmi meno soddisfatta, comunque, è stato il percorso scelto per i due personaggi di Jon e Daenerys. Il ciclo di romanzi si intitola “Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco“, per cui non mi sembra azzardato definire i due come i protagonisti (di quello che comunque si configura come un racconto corale) e anche nella serie sono loro ad essere emersi come personaggi principali.

Avevo già storto il naso, lo devo ammettere, nella scorsa stagione, alla scelta di farli innamorare. A visione ultimata, comunque, capisco il significato di quella decisione: rende tutto più drammatico. E, in fondo, i due si delineano perfettamente come personaggi tragici, in tutto e per tutto, con questa conclusione. Prendiamo Daenerys: l’abbiamo seguita in un percorso di crescita fenomenale,  che l’ha vista maturare profondamente e diventare una donna coraggiosa e motivata, pronta a schierarsi in prima linea nelle sue battaglie, incurante dei rischi, e a farsi carico del destino del mondo e del suo benessere. In tante traversie a sorreggerla c’è sempre stato un obiettivo: il Trono di Spade. Anche in questa stagione Daenerys ha dovuto assorbire duri colpi, prendere decisioni difficili, affrontare sfide complesse. E alla fine è arrivata a un passo dal suo sogno, ha potuto perfino sfiorarlo con le dita. Ma tutto si è tramutato in cenere per mano dell’uomo che amava. Non riesco a immaginare una parabola più tragica, nel senso classico del termine.

Anche Jon ha subito una metamorfosi profonda nel corso delle stagioni e ha dovuto fronteggiare situazioni che avrebbero fatto impazzire chiunque. Cresciuto nei saldi principi di Ned Stark, comunque, il Lupo Bianco è riuscito sempre a mettere il dovere prima di tutto e a sacrificare addirittura se stesso per il bene comune. Tutte doti che ne farebbero un ottimo regnante, ora che è stata resa pubblica la sua vera origine. Jon non è interessato al potere e anche questo è un aspetto che lo renderebbe il pretendente perfetto per il trono. Sarebbe un sacrificio per lui, ma gliene viene chiesto uno ancora più grande: uccidere il tiranno a cui non solo ha giurato fedeltà ma che è anche la donna che ama. È una decisione pesantissima, ma ancora una volta Jon mette prima di tutto il dovere e porta a termine il terribile compito.
E poi? E poi per lui c’è la fine più ingrata: condannato all’anonimato, all’esilio e all’oblio per aver fatto quello che tutti speravano facesse.

Personalmente non ho amato un epilogo così privo di spiragli per i personaggi che ho imparato a conoscere ed apprezzare nel corso di 8 stagioni. Poi ci ho pensato su e ho capito che, forse, un finale del genere è in linea con lo spirito di fondo di Game of Thrones: la vita non è giusta e i buoni, spesso, perdono. Lo avevamo visto con  Ned Stark, il personaggio più integerrimo che si possa immaginare, già nella prima stagione ma lo abbiamo visto accadere più volte nel corso degli anni. Jon è un giusto e, alla fine, è lui a rimetterci. Daenerys ha più sfumature, non è pienamente né bianco né nero, ma alla fine viene travolta e condannata da un sentimento puro e positivo: l’amore. Non c’è speranza per i singoli ma c’è un futuro roseo per il Regno all’orizzonte. In fondo, Game of Thrones è questo e non ha mai cercato di nascondere la sua natura.

Un finale, quindi, che non mi soddisfa, anche per la marea di questioni non risolte, ma che comprendo se mi pongo nell’ottica di fondo della serie.
E adesso? Adesso non resta che aspettare i libri, per scoprire anche quell’epilogo. Ma, ne sono sicura, la parola fine è ancora lontana dal mondo di Westeros e, presto, avremo modo di tornare nel fantastico Continente con nuove avventure.

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