Stefano: “Lù, in Fall of Light sono morto 23 volte contro il primo boss. Che belli i souls-like“.
Luigi: “Ahahahahahaha”
Ricordatemi un po’ perché siamo innamorati della sensazione della sofferenza, di quel sudore che aumenta sulle mani e che inzacchera il joypad mentre, con cieca testardaggine, clicchiamo su “continua”?
Recensione
So che avete letto quella definizione all’inizio dell’articolo e siete tutti lì belli arzilli e con le orecchie puntate come antenne.
Il titolo di cui vi parliamo oggi, ancor prima di inquadrarlo in un genere, voglio inquadrarlo per nazionalità, perché c’è da andarne fieri: infatti i ragazzi di RuneHeads, autori del gioco, hanno base a Piacenza e nondimeno sono soltanto in due!
Considerando la qualità del gioco in questione, che si chiama per l’appunto Fall of light, non si tratta per nulla di un fatto trascurabile.
Ne approfittiamo, prima di partire a ruota libera a parlare della loro opera, per ringraziare loro e 1C Company per averci permesso di provare il titolo.
Il genere
Fall of light è di certo ascrivibile a questo genere di videogiochi di relativamente nuova denominazione, che vanta come padri nobili proprio i titoli più recenti della casa giapponese From Software: i cugini Demon’s Souls, Dark Souls (con seguiti) e Bloodborne.
È un genere di moda, quello dei souls-like, è inutile negarlo, ma è una moda a mio avviso piuttosto positiva: parte della redazione è stata stregata anni fa dall’incredibile ed ineguagliato connubio di atmosfere, gameplay solido come una roccia, combat system come non ce n’è ed una difficoltà che, pur facendoti maledire tutti gli dei di qualunque pantheon, dona una soddisfazione goduriosa come nessun’altra quando un ostacolo viene superato.
I Souls sono l’emblema di un recupero della soddisfazione di finire i giochi combattendo contro ostacoli che paiono insormontabili, la riscoperta di un fattore difficoltà che si era perso ultimamente in favore di una spettacolarizzazione cinematografica che aveva portato però a titoli un po’ troppo pilotati e semplici.
Non voglio fare il nostalgico a tutti costi (che sennò Dedo mi picchia, ndr), ma volete mettere la differenza di soddisfazione tra terminare un qualunque Assassin’s Creed e Dark Souls? Con tutto che la saga degli Assassini mi piaceva anche fino a qualche tempo fa, dal punto di vista del nudo impegno non è che fossero chissà quanto complicati.
Ecco, forse ciò che la gente voleva era tornare a sudarselo, il finale. E i souls-like hanno ridonato a questi volenterosi coraggiosi quella possibilità.
Certo, stiamo parlando a grandi linee, ma quello che voglio farvi capire è che lo spirito che c’è dietro Fall of Light è proprio quello che “anima” (che giocone di parole, mamma mia! ndr) i titoli di From: l’accoppiata sfida tosta e storia criptica che anche in questo caso ci impegna fino in fondo.
Come se non bastasse, RuneHeads ha voluto inserire un altro richiamo ad un ennesimo pilastro della storia videoludica: ICO, che era di certo uno di quei titoli che della storia videoludica fanno parte e che spostano l’equilibrio sulla scelta di comprare una console piuttosto che un’altra.
ICO, ve lo ricordate? Sì, quello dove c’erano i due ragazzi che devono fuggire dal castello e lui, poco più che un soldo di cacio, per proteggerla e portarla con sé la prende per mano. Un gesto delicato e intimo, che in un solo istante mostra il rapporto che c’è tra i due sventurati e ci fa entrare subito in sintonia con loro.
ICO era un giocone ed aveva un’atmosfera unica; e mi fa piacere che qualcuno lo usi come fonte di ispirazione.
Trama
Cioè, fatemi capire: tutto questo sproloquiare di souls-like e ora mi chiedete la trama?
Come in tutti i titoli di questo genere che si rispettino e che ci piacciono, essa deve esser criptica e da interpretare.
Fall of Light non è da meno.
La intro ci svela come si sia generato un conflitto (piuttosto classico) tra il Bene ed il Male ed il mondo sia piombato in un’era di tenebra. Un padre ed una figlia avranno lo scopo di riportare la Luce nel mondo…e questo è ciò che vi basta sapere, anche perché è proprio il legame tra i due protagonisti ad avere un’impronta importante sul gameplay.
A me questo tipo di legame tra i protagonisti piace e secondo me rinforza il nostro “rapporto” con ciò che vediamo sullo schermo. Oltre a combattere per aver salva la pellaccia, curarsi di Aether (questo è il nome della luccicante figliola) sarà parte importante della nostra attività, ma questo lo spiegheremo tra un momento.
Tenete in mente che anche se ve ne ho parlato pochissimo, la trama e la narrazione sono uno dei veri pregi di Fall of Light, forse il fattore più importante che ci spingerà a proseguire: la voglia di scoprire cosa accade in questo mondo in cui la luce sembra aver definitivamente aver smesso di esistere riesce a mantenere assolutamente vivo l’interesse e, fidatevi, l’intreccio è meno banale di ciò che sembra.
Gameplay
Il punto cruciale di un videogioco che si ispiri al sacro canone impostato da From è il sistema di combattimento e su questo non si discute.
Fall of Light riprende moltissimo dalle meccaniche dei classici souls-like, quindi potete già pregustare il balletto fatto di parate, schivate, rotolate e attacchi in tempo: il tempismo è fondamentale in questo tipo di titoli, così come l’astuzia tattica: ogni colpo può esser fatale, ogni fendente può mettere fine alla nostra baldanzosità.
Ora vi dirò che in principio, non appena installato, ho trovato il sistema di combattimento un po’ legnoso, forse a causa di un hit-box (ovvero, i punti che colpisco per far danno al nemico che ho di fronte) leggermente impreciso: essendo molto importanti precisione e tempismo, questo rovinava un po’ il gusto dei combattimenti.
Sono lieto però di constatare come due patch, uscite piuttosto tempestivamente nei giorni seguenti l’uscita (è ormai passato un mese) hanno raffinato e sgrezzato molto questi problemi e la sensazione è invero molto più piacevole.
Forse il problema maggiore è nel tipo di inquadratura scelta: la visuale a volo d’uccello non è quella più indicativa per combattimenti di questo tipo secondo me, perché toglie un po’ della immersività necessaria nonché ci distacca dall’azione quel tanto che basta per dare quella sensazione di legnosità eccessiva di cui accennavo poc’anzi.
Lasciando da parte le mazzate, ci tengo a dirvi che in Fall of Light ritroveremo alcune meccaniche che forse vi saranno familiari: quella dei falò e dei santuari, che ci permetteranno di curarci e di aumentare di livello, al costo però di rigenerare i nemici presenti, tranne ovviamente i boss.
Eh sì, i boss ci sono e aspettateveli come quelli di Dark Souls: grossi, cattivi e da battere con l’astuzia e con lo studio attento dei pattern d’attacco.
Onestamente non li ho trovati insormontabili, ma dato che prima vi ho confessato di essere miseramente crepato 23 volte contro il primo di questi, confesso di essere una pippa, così capite che il mio giudizio sulla difficoltà può essere anche mendace.
Per aumentare di livello utilizzeremo le “anime” generate dai nemici uccisi, in modo molto classico.
Molto meno classico è invece il minimalismo scelto per rappresentare le statistiche del personaggio: semplicemente, non ci sono! Avremo a nostra disposizione soltanto la barra della vita, quella della stamina (che si consuma facendo azioni) e quella dell’esperienza (che si riempie con le anime dei nemici uccisi); l’inventario ci proporrà il nostro equipaggiamento, ma non vedremo un singolo numero apparire a schermo: questo fatto, che ho visto essere stato criticato in giro, a me sinceramente non dispiace poiché perfettamente in linea con il mistero del mondo di gioco.
E poi non è detto che io abbia bisogno sempre dei numeri per capire la potenza di un’arma o quanto sto crescendo: si preferisce in questo caso un approccio empirico che, ripeto, nel contesto del gioco non mi dispiace.
Le meccaniche alla ICO le ho citate prima ma mi stavo dimenticando di parlarvene, seppure già accennate: nostra figlia Aether è fondamentale perché non solo la sua presenza nei paraggi ci aumenta molto probabilmente la forza in combattimento, ma se per qualche motivo fosse uccisa o rapita dovremo fare in modo di riportarla al nostro fianco, pena il non poter proseguire.
Tali meccaniche non piacciono a tutti, e ci può stare, ma sono perfettamente in linea con la storia narrata.
Ma che bello è, poter prenderla per mano con grazia, pur essendo un guerriero ricoperto di metallo e con gli occhi rossi? Una macchina da guerra oscura, che darebbe la vita pur di proteggere lei, graziosa creatura di luce indifesa, delicata, eterea?
Non si capisce per caso che questo tipo di storie io le adoro?
Grafica e sonoro
Il motore grafico è basato su Unity e, lasciatemelo dire, fa proprio la sua gran figura!
A prescindere dalla grafica vera e propria, intesa come potenza del motore, mi soffermerei piuttosto su una direzione artistica che trovo deliziosa: a metà tra il realistico ed il plasticoso, la resa visiva ricorda, seppur non in modo completamente ortodosso, un gioco di molti anni fa che non so quanti di voi conosceranno: Ecstatica.
Altra reminiscenza è da un titolo più recente, di cui ho adorato il lato grafico, ovvero Endless Legend, proprio in virtù della sua plasticità evocativa.
Fall of Light non sfoggia affatto una marea di poligoni e a volte si nota un leggero lag (non so se per colpa del mio PC) ma a prescindere da questo, nella sua semplicità estetica, risulta molto evocativo.
Della questione della visuale dall’alto ne abbiamo parlato prima, quindi non mi ripeterò.
Dal punto di vista sonoro, le musiche mi sono sembrate di qualità: qualche dubbio lo mantengo sul doppiaggio e sugli effetti sonori, ma nulla di critico.
In conclusione
RuneHeads è riuscita a tirar fuori un’interpretazione interessantissima dei souls-like, pur con mezzi ridotti, a testimonianza del fatto che i bei giochi non si fanno solo con team di centinaia di persone e milioni di euro investiti.
Fall of light è un titolo intrigante, delizioso e un po’ grezzo, ma che cattura proprio in virtù del suo coraggio e della sua capacità di narrarci una bella storia, che risulta la parte meglio riuscita del titolo insieme alla sua affascinante atmosfera.
Nerdando in breve
Un piccolo gioiellino italiano da provare se ci piacciono i souls-like e le belle storie, un diamante grezzo che mostra grande talento da parte degli sviluppatori.
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