In una marea di eroi in calzamaglia, a volte ci scordiamo che esiste vita nel fumetto americano fuori dai supereroi. Anzi, molti scrittori sono palesemente fuori posto quando si tratta di supereroi. Ad esempio Brian Azzarello, autore di questo American Monster, pubblicato in Italia da SaldaPress.
Recensione
American Monster è ambientato nell’America profonda, quella parte non glamour, non cittadina e poco conosciuta da noi stranieri. Non è detto specificatamente dove siamo, ma l’ambiente fa pensare all’America del Sud, tra Tennessee e Mississipi. In una di queste cittadine piccole, vuote e senza niente da fare arriva uno straniero. Non uno straniero qualunque, ma un tizio alto due metri, grosso e completamente ustionato.
Il concetto del fumetto è tutto qui. L’eterno tema dei western dello straniero senza nome che arriva in città e cambia il microcosmo esistente. Da amante dei western, approvo.
Il mostro in me
Quando il canovaccio parte da una base così usata, il messaggio è quello che conta. In American Monster, Azzarello decide di analizzare delle ferite aperte dell’America moderna. Una su tutte, i reduci dalle tante (troppe?) guerre combattute dagli americani.
Senza fare troppi spoiler, alcuni dei personaggi principali sono reduci della guerra in Afghanistan e questo incide sui loro comportamenti e le loro azioni. Sarà tra queste persone il nostro Mostro Americano? Sì e no.
Azzarello vuole farci vedere come la mostruosità, interiore ed esteriore si trova dovunque, non è solo conseguenza della guerra. Per questo i personaggi sono tanti, con tante storie che s’intrecciano o che sono destinate ad intrecciarsi. Purtroppo però il fumetto s’interrompe sul più bello. Lo sappiamo tutti che capita spesso alle serie a fumetti, quindi non ci resta che aspettare il prosieguo per un giudizio più definito.
Azzarello poi, come sanno tutti quelli che hanno letto 100 Bullets, è uno che si prende il suo tempo per raccontare una storia e all’inizio di una serie non si può fare altro che vedere se gli argomenti seminati sono interessanti.
Ai disegni, Juan Doe punta all’essere la copia di Edourdo Risso ed è cosa buona e giustissima, anche solo per farmi ripensare a quel capolavoro di 100 Bullets. Purtroppo ho trovato i colori abbastanza brutti, troppi accesi e finti. È vero che oggi i colori sono sempre computerizzati, ma qui l’effetto è troppo fasullo, soprattutto quando in scena c’è il protagonista.
Nerdando in breve
C’è del marcio in Danimarca America, vuole dirci Azzarello, nei prossimi volumi sapremo quanto.
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