Recensione
Il connubio tra fantascienza ed horror sembra essere uno dei più abusati e felici: d’altronde la fantascienza, da parte sua, fornisce la possibilità di calcare sulla stranezza delle ambientazioni, per far risaltare in questo modo l’inquietudine e lo straniamento.
In particolare l’ambientazione spaziale, con i suoi grandi silenzi, la desolazione, la solitudine e l’asprezza di un habitat così estremo si presta perfettamente ad angosciare (basti pensare ad Alien, ad esempio). Inoltre, sono incalcolabili le volte che credevo di aver trovato un promettente film di fantascienza da guardare, per poi scoprire con mia somma delusione che si trattava di un horror che sfruttava l’ambientazione a suo vantaggio.
The Disciples, miniserie scritta da Steve Niles (30 giorni di buio) e disegnata da Christopher Mitten (Batman, Wasteland) sotto l’egida della casa indipendente Black Mask, è un puro esempio del fortunato connubio tra ambientazione fantascientifica spaziale e horror ed è Edizioni BD a portarla in Italia in volume unico a partire dal 13 aprile.
Trama e personaggi
La trama imbastita da Niles per The Disciples è abbastanza classica: i nostri protagonisti sono tre mercenari che girano per il Sistema Solare a bordo di una nave, Nessie, sbarcando il lunario con missioni di vario genere.
Manco a dirlo, quella raccontata nel volume partirà come una semplice missione di recupero e finirà a schifo perché siamo in un horror e così deve andare. Recuperare chi? La figlia di un riccone che è scappata con i pazzi di una setta religiosa fondata da un altro riccone che, non contento di aver fondato una città in California, decide di fondarne un’altra su Ganimede, satellite di Giove e portare lì tutti gli invasati discepoli suoi. Ah, questi ricchi, che stravaganti.
Così, per riempire, il ricco convertito in santone mi sembra moltissimo Padre Comstock di Bioshock: Infinite. Oramai vedo analogie ovunque.
Devo dire che l’ambientazione è riuscita, perché fondamentalmente tutta la vicenda è ambientata parte sulla nave spaziale del trio, parte su Ganimede e trasmette proprio quel senso di solitudine ed inquietudine che ci aspettiamo in un racconto del genere. Il setting temporale è un futuro (non saprei dirvi quanto remoto) in cui i viaggi spaziali sono abbastanza una routine e l’umanità colonizza i pianeti e le lune del Sistema Solare un po’ come gli pare: hai i soldi, vai lì e prendi possesso.
Per la sezione “Approfondisci con Nerdando”, sappiate che gli USA negli anni passati hanno approvato una legge di sfruttamento delle risorse del Sistema Solare molto simile.
Mi è piaciuto come Niles abbia approcciato al viaggio spaziale, utilizzando un classico “ipersalto” ma rivisto in un modo che mi ha richiamato alla mente The Expanse (sia la serie che i libri): i piloti si imbragano e sono connessi a sistemi di supporto vitali che presumo li tengano in vita e li mettano in condizione di sopravvivere a violentissime accelerazioni. Proprio bellino.
Purtroppo Niles incespica un po’ su un aspetto sul quale io mi trovo abbastanza critico: i personaggi. Quelli troppo piatti e non sviluppati io non li reggo molto. E questi, protagonisti compresi, hanno lo spessore di un segnalibro di pergamena.
Ci sta tutto che si voglia dare la preminenza al connubio storia + ambientazione, ma sinceramente preferisco “affezionarmi” a dei personaggi, soprattutto se poi gli accade qualcosa di brutto. Volete mettere la differenza nel dire “Ah, è morto” piuttosto che “NUOOOOOOOOOOO”?
La storia scorre via senza particolari intoppi, abbastanza lineare e fa il suo lavoro, passando per i classici incubi e per la fase di investigazione che fa da preludio al classico ultimo episodio carico di azione, mazzate ed ansia.
La sensazione che ho avuto è quella di un racconto che se fosse stato approfondito leggermente di più sia nei personaggi che nella parte finale ne avrebbe tratto assoluto giovamento. Così com’è è un classico sci-fi horror che intrattiene ma non rimane particolarmente nel cuore, perlomeno dal mio punto di vista.
Disegni
La parte grafica, affidata a Christopher Mitten, che avevo già apprezzato nella serie “Wasteland”, mi ha invece decisamente convinto molto di più: lo stile grafico e i toni di colore scelti sono perfettamente in linea con il tipo di storia e raccontano molto bene la vicenda.
Mitten svolge un ottimo lavoro sulle espressioni dei personaggi e li caratterizza in modo da renderli immediatamente riconoscibili, molto di più di quanto non faccia Niles con le parole.
Pollice in alto anche per le scene nello spazio, seppur con l’appunto per la colorazione delle lune di Giove che stona abbastanza ed è troppo “computer grafica”.
Conclusione
In definitiva, si può dire che The Disciples si fa leggere ed intrattiene senza particolari spunti o originalità, ma potrà piacere soprattutto a chi cerca un horror sci-fi senza troppi arzigogoli o senza troppi cervellotici riferimenti a simbologie polinesiane che se sei a leggere prima di dormire ti viene il mal di testa fino al pomeriggio successivo. Una serie che batte parecchio sulla suggestività dell’ambientazione e sulle sensazioni che soltanto il pericolo e l’angoscia dello spazio profondo possono regalare.
Nerdando in breve
The Disciples è una miniserie horror ad ambientazione spaziale che, con i suoi silenzi e l’angoscia che trasmette, si rivolge a chi cerca puro intrattenimento senza troppa cervellotica filosofia dietro.
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