“Eikichi Onizuka, 22 anni, molto piacere!” è una di quelle frasi che non scorderò mai.
Great Teacher Onizuka (グレイト ティーチャー オニズカ) o GTO in breve è un manga di Tōru Fujisawa e seguito dei precedenti Bad Company e La Banda dell’Amore Puro di Shōnan. Dal manga sono stati tratti diversi live action ed un anime di 43 episodi che copre quasi tutta la storia del fumetto.
Prima di iniziare a parlarne nello specifico, anche in questo caso devo porre l’attenzione sulla perfezione delle due opening di questo anime, iconiche ed indimenticabili.
Come si evince dal titolo, la storia tratta delle vicende di Eikichi Onizuka, un ex-bōsōzoku, vale a dire uno di quei teppisti giapponesi con il culto delle motociclette, la cui banda, gli Onibaku di Shōnan, è al centro della storia dei fumetti antecedenti. Nel manga viene mostrato come l’idea di diventare un professore venga ad Onizuka dopo un incontro con una studentessa, completamente persa nel suo amore per il suo professore, un uomo ordinario ed avanti con gli anni.
Onizuka, che dall’alto dei suoi 22 anni è ancora vergine, decide che diventare un professore è quindi il modo migliore di trovarsi una ragazza e “sposarsi una sedicenne a quarant’anni”. Diventato un professore, Onizuka però inizia a prendere il suo lavoro piuttosto seriamente, ma dando la sua interpretazione personale del ruolo: assegnato a classi i cui studenti odiano i professori, dà anima e corpo (a volte letteralmente) per conquistare la fiducia dei suoi allievi, attraverso qualunque metodo, legale e non. Che richieda sottoporli alla tortura dell’acqua, fingere di lanciarli da un ponte o anche fare da manager per un’aspirante modella, Onizuka non si tira mai indietro e si butta sempre a capofitto con l’obiettivo di impartire le sue lezioni di vita. L’ultima di queste azioni estreme è di scagionare la studentessa che più l’aveva ostacolato dalla pesante accusa di tentato omicidio, autoaccusandosi lui stesso. Nel manga la vicenda prosegue oltre questo punto (anche perché l’anime uscì prima della fine della pubblicazione del fumetto) ed è attualmente in pubblicazione un seguito che si ambienta un paio di anni dopo, ma che non è affatto interessante.
Ovviamente, rimanendo nel cuore uno scansafatiche ed un combinaguai, Onizuka non fa altro che cacciarsi in problemi di ogni sorta (provocando risate a non finire) e questi, insieme al suo particolare approccio all’insegnamento, lo pongono spesso in conflitto con gli altri professori ed esponenti della società più “seria”, esemplificati dal vice-preside “Oh my Cresta!” Uchiyamada.
Tralasciando per un attimo l’ottima comicità che pervade GTO (e volendo anche l’aspetto romantico), credo che sia proprio l’aspetto irriverente e anticonformista di Onizuka l’elemento fondamentale dell’opera e quello che l’ha portata a raggiungere il successo enorme che ha avuto; è anche purtroppo un aspetto che è difficile da comprendere fino in fondo qui, dall’altro lato del pianeta.
Il Giappone, come molte altre nazioni orientali, è una società dai caratteri profondamente collettivisti. In questo tipo di condizioni sociali agli studenti, nonostante si tratti di ragazzi e ragazze ancora giovani ed alle prime esperienze, viene assegnato il compito di rispettare l’apparato costruito sopra di loro e di seguire il percorso fatto di studi, esami d’ammissione, disciplina e silenzio.
Coloro che non seguono questi precetti, come lo stesso Onizuka da giovane, vengono considerati feccia, membri non produttivi di una società che invece vorrebbe vederli fare quella che è considerata la loro parte; i primi a porsi in questo modo sono spesso gli stessi professori, a loro volta vittime di un sistema spietato che li costringe ad incatenare mentalmente i propri studenti per poter progredire; Uchiyamada è l’esempio palese di ciò: sebbene all’inizio sembri un antagonista per Onizuka, mano a mano si scopre come in fondo sia un uomo che è stato incanalato su ambizioni prestabilite e la cui frustrazione per coloro che vogliono uscire da questi binari è una sorta di risentimento per non aver mai avuto il coraggio lui in primis di ribellarsi.
Fujisawa sembra voler mostrare come tutto l’astio che gli adulti accumulano in una vita iperstressante, necessaria per poter progredire in un paese ultracompetitivo come il Giappone, venga scaricato sui propri figli e studenti, creando sofferenze ed incomprensioni. Di riflesso però, non sembra voler abbuonare alla parte giovane della società le sue bravate e spesso condanna l’atteggiamento da bulli di ragazzi e ragazze.
Il “nemico” è la mancanza di comunicazione, quel muro di cui Onizuka parla sin dal primo episodio e che si mostra intenzionato ad abbattere: studenti e professori devono avere il coraggio di prendersi le loro responsabilità e comportarsi gli uni con gli altri da persone, mettersi sullo stesso piano ed uscire dalle imposizioni gerarchiche che pervadono la cultura giapponese.
La vera lezione di Onizuka è quindi questa: dall’inizio alla fine ha il coraggio di rivolgersi a muso duro con tutti, studenti, professori, genitori, perché il compito di formare delle persone decenti è qualcosa che non si svolge con autoritarismo ed offese.