Recensione
Da bambino adoravo Lupin III (come tutti, credo). Ogni tanto quindi ho voglia di leggere altre serie a fumetti simili su ladri e furti. Ecco che arriva Robert Kirkman con la sua cumpa di scrittori e crea Thief of Thieves nel 2011, pubblicato recentemente in Italia da saldaPress in sei pratici volumi che coprono tutti i numeri usciti finora (la serie è ancora in uscita).
La storia
Thief of Thieves inizia con una premessa strabusata per questo tipo di storie: Conrad Paulson, alias Redmond, il più grande ladro del mondo, vuole ritirarsi a vita privata. Per farlo rinuncia persino al proverbiale ultimo colpo, un classico che di solito finisce male in queste storie. Ovviamente non finisce qui, altrimenti sei volumi di che parlano? Redmond non solo continuerà a rubare ma dovrà pure fare i conti con problemi personali e professionali.
Non manca praticamente nessuno degli elementi tipici del genere, a partire dal Zenigata/Ginko della situazione, cioè l’agente FBI Liz Cohen ossessionata da Redmond. C’è anche la bella di turno, Celia, c’è la famiglia (vera) di Redmond e c’è la squadra, anche se è forse l’elemento più debole, perché lasciato quasi sempre sullo sfondo, al punto che manco mi ricordo chi c’è. Ci sono delle quote etniche ma a parte questo, non mi ricordo nessun personaggio.
Man mano che la storia procede cambieranno molti personaggi, dagli avversari agli alleati, ma cambieranno anche gli obiettivi, grazie al figlio di Conrad, Augustus. Sembra tutto bello e divertente e in effetti lo è, ma c’è un problema.
Per quanto interessante e avvincente, la storia principale introdotta nei primi numeri dura fino al quarto volume e regge benissimo, crescendo in difficoltà (e diminuendo in credibilità). Quando però questa parte si chiude, la serie arranca decisamente e gli ultimi due volumi faticano ad appassionare, seppur cercando di dare una nuova direzione alla serie.
Gli autori
Questo è dovuto anche alla rotazione degli autori coinvolti. La serie è nata da un’idea di Robert Kirkman, ma sostanzialmente è scritta da altri autori che cambiano quasi ad ogni volume. Quindi la qualità delle storie è anche legata a chi è effettivamente lo scrittore. Il primo volume è di Nick Spencer (quello di Cap Hydra, tra le altre cose), il secondo strettamente connesso al primo è di James Asmus (che francamente non conoscevo). Per me sono quelli a mio parere migliori per storia e sceneggiatura. Relativamente realistici, duri ma non gratuiti, compongono un thriller d’azione di alto livello, veloce e scorrevole con situazioni memorabili e divertenti dove conta più la strategia delle mazzate.
Dopo di loro arriva Andy Diggle (The Losers, Devil ecc.) e con lui la qualità resta alta, ma la serie ha un’impennata di azione e anche la storia diventa più grande ed esplosiva. Sono l’ultimo che si lamenta se leggo fumetti in cui esplode tutto, però dal suo arrivo in poi, la serie diventa enormemente inverosimile e con un accumulo di situazioni spesso eccessive. Non c’è un secondo di tregua nei suoi volumi che portano alla chiusura delle trame iniziate prima e includono una trasferta a Venezia con le ovvie implicazioni mafiose.
Se le prime parti sembrano Ocean’s Eleven, qua siamo più in zona Fast & Farious (dal quinto in poi). Non che ci sia niente di male, sono entrambe delle gran serie, solo un po’ diverse tra loro. Inoltre il sesto volume apre delle situazioni che probabilmente verranno risolte in seguito, ma confesso che le ho trovate poco interessanti (e Diggle continua a scrivere personaggi secondari con poco da dire).
I disegni
A tenere tutto omogeno ci pensa il disegnatore che è sempre lo stesso, Shawn Martinbrough (Luke Cage Noir). Il suo stile fa pensare quasi immediatamente a Sean Phillips, anche per l’ambientazione realistica e nera. Magari i colori e gli sfondi sembrano un po’ finti, ma è un una lamentela un po’ da pignolo, lo so. Per il resto i disegni sono sempre di buon livello, ovviamente non si rimane a bocca aperta a rimirare le tavole, ma non è la storia giusta per farlo. Anche perché Martinbrough azzecca la cosa più importante, le sequenze d’azione e per questo fumetto è tipo l’ottanta per cento del lavoro.
In conclusione
Thief of Thieves è un fumetto d’azione non di pensiero e in quanto tale è una lettura molto divertente. Ha ritmo (pure troppo, alcuni numeri si leggono rapidissimi un po’ per la tensione narrativa, un po’ perché senza grossi dialoghi) e ha delle solide basi per intrattenere. Soprattutto i primi volumi sono una storia chiusa perfetta che molti film si sognano di avere. È indicata per chi magari legge solo supereroi e vuole qualcos’altro senza dover finire per forza a leggere fumetti (pardon, graphic novel) di concetto disegnati male ma che fanno intellettuale snob; ma è una bella lettura pure per chi cerca un fumetto d’azione che non ti fa sentire scemo. Ora non ci resta che attendere l’inevitabile serie tv già in lavorazione (Kirkman ha amici importanti dopo The Walking Dead).
Nerdando in breve
Azione, rapine, inseguimenti, ladri, ladre seminude, quadri, spari, mafia, droga e famiglia. Tutto questo è Thief of Thieves.
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