Recensione
USA, 2020. Gli ultimi quattro anni sono stati un punto di svolta per il mondo e per gli equilibri tra le potenze. Molti stati storicamente alleati guardano con sospetto alle stelle e strisce e dopo la dismissione del Patto Atlantico non è facile per gli statunitensi trovare alleati. La situazione in Corea è destinata a mutare nel volgere di un battito di ciglia e il Messico ha trovato nuovi alleati nei paesi centro e sudamericani.
L’Arsenale della Democrazia è ad un punto cruciale della sua storia e le elezioni si avvicinano: cosa sceglierà il popolo americano dopo 4 anni di Trumpismo?
Italia 2034. In un’Europa in cui l’Unione non esiste più e la NATO è stata sciolta dal Presidente Trump. Il bel paese cerca di ricavarsi un ruolo di prim’ordine costituendo il cosiddetto “Blocco Italiano”, di cui fanno parte Svizzera, Austria e Croazia. Economicamente il paese è ripartito: nonostante la grave congiuntura internazionale e i conflitti scoppiati nell’ultimo decennio (non ultimo quello tra le due Coree), il PIL italiano è finalmente positivo e la disoccupazione a livelli talmente bassi che nemmeno gli anziani ricordavano. Un vasto programma di investimenti sulle infrastrutture, sulla sanità e sull’economia e tagli sulla difesa hanno permesso di abbassare le tasse e far ripartire il paese e alla politica a riprendere il consenso e la fiducia un tempo perduti, scongiurando il pericolo della deriva autocratica. Sarà quello della neutralità il sentiero giusto per fare dell’Italia la potenza egemone del Mediterraneo, un nuovo faro di civiltà nel nebbioso futuro di questo XXI secolo? (Non lo saprò mai perché la nuova patch mi ha reso inservibile il salvataggio, ndr)
Quanto mi piace scrivere introduzioni di questo tipo non si può raccontare. E quanto mi piaccia giocare dei titoli che mi permettano di fare questo tipo di roleplay neanche.
Perciò bando alle ciance, che vado a presentarvi questo Realpolitiks!
Genere e ispirazione
Realpolitik è “un termine usato per descrivere politiche basate su di una concreta pragmaticità, rifuggendo da ogni premessa ideologica o morale”, ed è anche quello che c’è scritto come introduzione a tutti gli articoli che parlano dell’ultima fatica dei polacchi Jujubee, che ringrazio molto per avermi permesso di passare un po’ di tempo con la loro fatica.
Ma voi queste cose le sapete perché siete nerd di un certo livello, quindi passiamo a definirne il genere: si tratta senza dubbio di uno strategico del genere Grand Strategy (e se non sapete di cosa stiamo parlando non dovete far altro che cliccare qui per leggervi un mio sproloquio in merito), ovvero di quelli che vi mettono al comando di una ben precisa nazione permettendovi di controllarne tutti gli aspetti per portarla, si spera, alla gloria.
Il pensiero, ça va sans dire, corre ai titoli a marchio Paradox, maestra e decana del genere: questo Realpolitiks è però ambientato ai giorni nostri (anzi, tra 3 anni, per essere precisi), epoca con cui lo studio svedese non si è mai cimentato e che manca di vere e propri titoli imperdibili.
Qualcosa c’è, come ad esempio la serie di Geopolitical Simulator, ma sinceramente ho sempre trovato l’offerta piuttosto risicata, persa nel mondo di eccessive e confusionarie statistiche, sovrabbondanti concetti e bug a pioggia (pur non essendomici colpevolmente impegnato chissà quanto). Invece Realpolitiks vuol presentarsi da principio come più user-friendly, più semplice da gestire e, semplicemente, più accattivante della concorrenza.
L’avevo notato nella lista dei giochi in arrivo su Steam qualche giorno prima del rilascio ufficiale e avevo pensato “ecco l’ennesimo gioco dal concept interessante che naufragherà nella marea dei suoi bug infiniti e della sua pessima giocabilità”. Poi noto come su Youtube, nel giro di due giorni, comincino a spuntare come funghi video di gameplay. In classifica di vendite lo vedo ben piazzato (complice il prezzo aggressivo) e Steam continua a suggerirmelo.
Ve l’ho sempre detto io, che il pregiudizio è una brutta bestia.
Gameplay
Realpolitiks ci pone di fronte alla sfida di portare una nazione del 2020 verso il 2100. Facile no, per noi che al bar e di fronte al giornale siamo tutti premier, giusto?
In realtà gli scenari possibili sono tre, il primo dei quali è quello su cui mi sono concentrato maggiormente e comincia proprio nel 2020; gli altri due sono troppo nel futuro e con nazioni troppo di fantasia per attrarmi più di tanto.
Il gioco ci suggerisce, scelto lo scenario, alcuni stati interessanti da giocare suggerendo degli obiettivi storicamente “plausibili” o legati alla storia di quel paese anche se in realtà possiamo prenderne uno qualunque del mondo, esclusi quelli piccoli piccoli tipo San Marino, Liechtenstein e Andorra, purtroppo.
E poi? E poi comincia il bello. Ma anche il brutto, ma vi spiego tutto, non preoccupatevi.
La partita si svolge su un mappamondo zoomabile diviso in aree, a metà tra la mappa di un Europa Universalis e quella di un classico RisiKo! da tavolo e già da questo aspetto potremmo balzare a facili ed illusiorie conclusioni come “allora è Europa Universalis ambientato nel 2020, evviva!”. Insomma.
La situazione del nostro stato è rappresentata in schede che riassumono politica, economia, esercito e relazioni diplomatiche; è possibile, come nei titoli Paradox, applicare dei filtri alla mappa per visualizzare una quantità di informazioni più o meno utili. Sulla destra invece potremo visualizzare messaggi, eventi e programmi in corso.
I programmi sono lo strumento più importante che abbiamo per dirigere la politica del nostro paese: sono in pratica le macroazioni che il governo intraprende per gestire la cosa pubblica.
Essi sono suddivisi in macroaree e strutturati come un albero (come la ricerca scientifica in Civilization, giusto per intendersi) Ad esempio, avremo programmi riguardanti miglioramenti delle infrastrutture, altri riguardanti l’istruzione e la ricerca, per poi passare all’economia, fino ad arrivare all’esercito. I programmi, inoltre, rappresentano sicuramente anche il settore della ricerca scientifica e dell’avanzamento tecnologico, poiché attuandoli progrediremo nel settore della lotta alle malattie, oppure doteremo il nostro paese di armi avveniristiche o ancora di una rete di satelliti di sorveglianza e così via. Addirittura un intero ramo, il Dipartimento di controllo della società, sembra uscito dalle peggiori distopie, tra chip da installare sotto pelle, censure e propaganda. Figata.
Ciascun programma costa in danaro, in tempo di attuazione e punti azione: essi non sono altro che una rappresentazione dell’efficacia del Governo nel prendere decisioni ed attuarle in modo efficiente. Tutto abbastanza semplice come concetto e sostanzialmente gradevole da gestire.
Insisto sui programmi perché essi sono il cuore del nostro governo: tramite essi si riuscirà anche a modificare gli indicatori che definiscono il nostro tipo di politica: l’interventismo, il controllo, il militarismo sono tutti parametri che ci porteranno ad essere il più fulgido esempio di democrazia o la più repressiva delle dittature. Avremo anche dei macroprogrammi ad hoc per le emergenze, come la “Ricostruzione post-bellica”.
A tal proposito, in Realpolitiks le tipologie di governo sono tre: democrazia, autocrazia, totalitarismo. Stop. Esse saranno appunto definite dai parametri di cui sopra e permetteranno o meno di intraprendere alcune azioni: ad esempio, essere un totalitarismo ci renderà più semplice dichiarare guerra alle altre nazioni, tanto per dirne una.
Già che ci siamo, parliamo della diplomazia: qui possiamo già trovare una delle grosse discrepanze con i titoli Paradox, che sono a mio avviso il top in quel campo. Le azioni possibili da compiere verso gli altri sono abbastanza limitate e confinate in due sezioni: diplomazia e spionaggio. Quest’ultimo permette di intraprendere azioni sottobanco come il rovinare la reputazione, i colpi di stato e tutte quelle belle specialità dei servizi segreti più aggressivi.
Una volta che avremo migliorato le relazioni e in presenza dei giusti parametri, potremo invitare gli altri stati in un “blocco”, una sorta di unione o alleanza che porterà benefici non solo militari, ma ad ampio spettro, se saremo in grado di gestire correttamente le politiche nel blocco. Nella mia prima partita, il Blocco Italiano era costituito dall’Unione Italo-Austro-Croato-Svizzera con libera circolazione e moneta unica!
Quando le cose invece andranno molto male, cosa meglio di una bella guerra per appianare le discussioni? Ecco, la gestione della guerra è una di quelle che ti piace o ti fa schifo: niente truppe da spostare o controllo diretto sulle battaglie. Una volta dichiarata la guerra, avremo a disposizione una schermata di riepilogo che ci permetterà sia di controllare l’andamento della tenzone, sia di dare gli ordini alle nostre truppe con le tattiche generali da seguire, come se fossimo il capo di stato maggiore: se non si fosse ben capito, vi faccio un esempio.
In base all’andamento della campagna di guerra avremo la possibilità di ordinare il bombardamento dei porti o delle strade, di ordinare un’avanzata, di mandare le truppe ad assediare le principali città o di ricorrere a tattiche di guerriglia urbana, solo per citarne alcune. Lo so che ve lo state chiedendo e quindi ve lo dico. Si, ci sono le armi atomiche. Si, potete ordinare bombardamenti nucleari.
Ho letto in giro che a molti la gestione della guerra fatta così non piace, ma io la trovo piuttosto singolare e nient’affatto male come sistema.
Per chiudere il quadro della diplomazia, vi accenno alla presenza delle Nazioni Unite: vi partecipano le prime 10 nazioni al mondo e possono proporre mozioni globali che per essere attuate devono essere votate sopra una soglia di consenso.
Ultimo meccanismo importante che mi preme descrivervi è quello degli eventi: si tratta del modo che ha il gioco per tenervi sempre in azione. Tramite finestre, il gioco vi chiederà di prendere delle decisioni su questioni importanti, su opportunità che potrebbero fruttare profitto, sull’avvio di particolari politiche, come ad esempio un programma spaziale (c’è la possibilità di colonizzare il sistema solare, sappiatelo!) o di finanziare eventi come i Giochi Olimpici.
Nulla da dire, movimenta di parecchio il gioco anche se non mi sono sempre ben chiari i trigger o cosa li attivi. O le catene degli eventi. Ma forse meglio così.
Per quel che vi ho detto finora, sono certo che vi starete ponendo il dubbio se siamo in presenza proprio di un titolone che impensierisce Europa Universalis e cugini oppure no, vero? Perciò balziamo ai prossimi due capitoli, grazie. E abbiate pazienza se sono andato lungo.
Realismo
Ecco, qui voglio affrontare il vero punto focale per capire se questo è un gioco che possa piacervi.
Dimenticatevi Europa Universalis o tutti quei titoli fatti per gli amanti del “realismo” o delle ucronie verosimili, perché in Realpolitiks avvengono fatti ben strani. A parte le guerre che scoppiano anche tra stati improbabili e i bombardamenti atomici non sanzionati, la diplomazia sembra più ottocentesca che contemporanea. All’inizio si parte da un tabula rasa totale, niente UE, niente NATO, niente di niente. Bisogna costruire dei Blocchi per avere alleati, e tanti stati in un blocco sono dispendiosi da mantenere. E alcuni blocchi formati dall’IA mi lasciano perplesso o divertito, a seconda del caso.
Insomma, non si tratta di un titolo che punta al simulare per filo e per segno la situazione geopolitica internazionale, ecco. E manco ci prova. E manco è detto che voglia farlo a tutti i costi.
Facendo queste considerazioni e quelle che vi espongo nel prossimo paragrafo sono giunto alla mia personale conclusione che…ve lo dico dopo.
Difficoltà
Ma che razza di paragrafo è, “Difficoltà”? Dite un po’, ve lo aspettereste in un Dark Souls, un paragrafo del genere perché si sa che quello è un fattore importante.
Eh ma anche qui.
Semplicemente per il fatto che il gioco mi è sembrato un po’ troppo sbilanciato e in un certo qual modo, semplice. Ma è un semplice tra virgolette.
In 14 anni la mia Italia aveva il top dell’economia mondiale. Aveva abbattuto la disoccupazione. Non so, mi sarei aspettato qualche difficoltà in più, ma quello che ho fatto è stato semplicemente attuare con criterio i programmi stando attento a tenere un certo equilibrio.
Attenzione però: non sto affatto dicendo che io sia un super giocatore di grand strategy e quindi levatevi tutti che vi asfalto con le mie capacità gestionali, nient’affatto. Ma che ho avuto questa sensazione di fondo, che il gioco sia innanzitutto da bilanciare meglio su alcuni aspetti (in primis l’economia) e che voglia comunque presentarsi come un grand strategy abbastanza entry level che ti permette di giocartela e divertirti senza imparare migliaia di variabili, percentuali e loro interazioni. Non per forza deve essere un difetto, eh.
Credo che l’accento di Realpolitiks sia tutto sul divertimento. Ma ne riparliamo nelle conclusioni.
Grafica e sonoro
Qui andiamo facili: la grafica è piuttosto semplice, la mappa in 3d zoomabile (poco) è carina da vedere ma le icone mi sono sembrate proprio “cheap” e poco raffinate come design. Però questa critica non mi sembra così costruttiva. Così vi parlerò della musica, un po’ ripetitiva ma gradevole e anche quasi epica.
Ah, giusto: le schermate di caricamento, quelle sono belle: politici attuali tipo Putin, Merkel, Obama e Trump ritratti in una ipotetica vita “normale” che giocano a Realpolitiks. Figo.
E soprattutto ciò corrobora la mia ipotesi che il realismo e il prendersi troppo sul serio non fosse nelle intenzioni degli sviluppatori.
Conclusioni
Arrivati alle conclusioni, bisogna capire una faccenda importante: ma allora sto Realpolitiks merita o no? Non posso far altro che rispondervi, come finora vi ho ripetuto allo sfinimento, “dipende”.
Non c’è la classe di un Europa Universalis, e il gioco non è realistico né si fa troppi problemi a voler sembrare verosimile. Anzi, succedono bordelli abbastanza improbabili e la difficoltà è bassina (poi non so, magari col Burkina Faso è tosta. Proverò).
Ma la sapete una cosa? Io ho voglia di continuare la mia partita perché mi intriga farlo. Questo gioco è, a mio avviso, divertente pur con tutti i suoi difetti. E a volte potrebbe bastare anche solo questo, per farmi pensare che alla fine non contano solo i classici parametri per decretare se un gioco è brutto o bello. D’altronde questo tipo di giochi mi attira molto (e non ne ho mai fatto mistero) anche per quelle storie improbabili e allostoriche che se ne possono trarre. Che male c’è?
È una faccenda piuttosto personale e me ne rendo conto, non voglio consigliarvi di tirar fuori i vostri i soldi e lanciarli nel cestino. Se leggete in giro, a partire dalle recensioni su Steam, le opinioni sono piuttosto polarizzate. Io non vi dico da che parte stare e ci mancherebbe, ma ho voluto offrirvi spunti sui quali riflettere.
Una cosa è certa: sui giochi che reputo fortemente scadenti non ci avrei speso tutte queste parole, ve lo assicuro. E l’avrei già disinstallato, finito l’articolo.
Se cercate un grand strategy introduttivo, non realistico ma divertente, una fermata qui potete farla. Gli sviluppatori mi sono sembrati molto interessati ai feedback del pubblico e voglio essere fiducioso che correggeranno, aggiungeranno e faranno tutto ciò che si fa ai giochi di questi tempi, che quando escono sono una piattaforma in continua evoluzione. Già è uscita una patch che tenta di risolvere alcuni problemi maggiori segnalati dagli utenti.
C’è pure la demo per provarlo gratis come ai vecchi tempi, cosa cercate di più?
Realpolitiks è disponibile soltanto su PC, tramite piattaforma Steam, sulla quale potete trovare anche una demo giocabile per farvi un’idea se con il mio articolo vi avessi confuso un attimo.
Nerdando in breve
Realpolitiks non è un capolavoro, non è un Europa Universalis ambientato nel XXI secolo, ma non è nemmeno la schifezza colossale descritta da alcuni, anzi. È uno strategico non troppo complicato o difficile che per il momento mi sta divertendo, intrattenendo ed intrigando. Vediamo cosa sceglierà di divenire in futuro, io intanto continuo a giocarlo.
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