Neon Genesis Evangelion (新世紀エヴァンゲリオン, il cui significato in giapponese è “Vangelo della Nuova Era”, laddove il titolo occidentale scelto è traducibile dal greco come “Vangelo della Nuova Genesi” a voler fare i pignoli) è una fonte di confusione e discussioni fini a sé stesse ideata nel 1995 dal troll ante-internet Hideaki Anno e dalla casa di produzione GAINAX.
Anno era già stato il creatore di “Il Mistero della Pietra Azzurra” ed era chiaramente affascinato dall’opportunità di unire temi filosofici ed apocalittici ad anime (apparentemente) per ragazzini, una tendenza che in “Il Mistero della Pietra Azzurra” diventa più e più evidente con il progredire della trama.
In collaborazione con la GAINAX decise nel 1994 di dare libero sfogo all’idea di plasmare una cosmologia basata prevalentemente sulla cabala e le religioni abramitiche in generale, ma a questo però aggiunse una mossa geniale, ovvero associare a questa tematica un classico dell’animazione giapponese: i robottoni.
Nacque così Evangelion e nel 2001 arrivò sugli schermi italiani, in un periodo in cui per qualche motivo i cartoni con i robot, tipo Mazinga o Daitarn III, mi facevano schifo. Per qualche ragione però decisi di dare una speranza a questo Neon Gienesis Evangielion (pronunciato così ovviamente).
La trama della serie, composta originariamente da 24 puntate e da 2 tentativi di deviare gli spettatori al lato oscuro, segue l’agenzia militare NERV (che si pronuncia nerf perché è tedesco, ma come per Evangielion l’avrei scoperto molto dopo) che combatte contro gli Angeli, misteriosi mostri che vogliono l’estinzione dell’umanità, tramite l’uso delle Unità Evangelion, pilotate da ragazzini di quattordici anni con evidenti problemi di personalità: l’apatica Rei Ayanami, l’egocentrica Asuka Soryu Langley e l’insicuro Shinji Ikari, tra l’altro figlio estraniato del comandante Gendo Ikari.
Evangielion iniziava con una serie di scene confuse (dopo una sigla favolosa ma anch’essa piena di scene insensate e che in realtà sono quasi tutte spoiler, l’ho già scritto che Anno è un troll?); poi però si arrivava all’apparizione di un paio di elementi che un uomo più saggio di me ha definito “cose che il vostro bambino interiore amerà”: un mostro gigante che faceva esplodere edifici e postazioni missilistiche con “croci esplosive”; un robot gigante con un pugnale e un mitra enorme; il mostro e il robot che fanno a botte, fino alla sconfitta del primo.
Da un lato mi sentivo come se mi fossi subito innamorato di quest’anime, con l’azione fluida ed i combattimenti spettacolari e non pacchiani come negli anni ’70 e ’80 (lo stesso dicasi del design dell’EVA 01, un vero capolavoro, soprattutto in confronto ai cubettosi robottoni a cui ero abituato).
Dall’altro però mi sembrava ci fosse qualcosa di diverso: per quanto all’inizio non ci siano praticamente riferimenti alla cosmologia creata da Anno (e non ce ne sono praticamente per niente per i primi episodi), si nota distintamente un’atmosfera diversa. Non era il mondo dei Power Rangers, dove arrivava il cattivone di turno, lo si sconfiggeva e tutto tornava bello e felice; paradossalmente i momenti in cui si combatteva sembravano gli unici in cui tutti i personaggi fossero “on the same page” per dirla all’americana, uniti dal dover affrontare un pericolo più urgente dei silenzi imbarazzati, dalle incomprensioni e dalle attenzioni mancate e richieste che riempivano il resto della puntata.
Ad ogni modo, la prima parte della serie segue un pattern ben definito in cui compare un Angelo e i piloti devono affrontarlo e sconfiggerlo, mentre i conflitti personali all’interno della NERV crescono e inizia ad emergere la verità sul passato dei personaggi, sugli Angeli, sugli EVA e sul Second Impact, un presunto impatto di un meteorite che ha quasi estinto la vita sulla Terra e che ovviamente in realtà è opera del primo angelo, Adam; iniziano anche a comparire elementi più misteriosi come la Seele, una sorta di Illuminati che controlla la NERV, e il “progetto di perfezionamento dell’uomo”.
Questa parte è fantastica ed è probabilmente tra le migliori opere d’animazione mai prodotte (o almeno tra quelle con cui sono venuto in contatto io).
I personaggi sono tutti ben caratterizzati e, nonostante presentino quasi tutti menti piuttosto deviate, sono relativamente multidimensionali; i combattimenti con gli Angeli però rimangono il punto forte: i poteri che hanno sono spesso geniali e l’aura di mistero che li circonda li rende solo più affascinanti, lo stesso dicasi degli EVA, armi di distruzione tanto splendide quanto complesse. Il culmine è raggiunto dalla mirabolante puntata della “sincronizzazione al 400%” di Shinji con l’EVA-01.
Da lì in poi la produzione iniziò ad avere problemi con le scadenze e con i fondi e decise di diminuire la quantità e la qualità dell’azione, in favore di una narrazione più psicologica. Questo poteva essere un bene, considerando che mancavano ancora pochi Angeli alla fine e c’erano ancora molte domande che necessitavano risposte.
Il problema è però che per ogni sottotrama che veniva risolta altri due, tre, quattro interrogativi spuntavano fuori. Vari personaggi principali, invece di arrivare ad un compimento nella loro evoluzione all’interno della storia, vennero semplicemente eliminati o messi da parte. Finché non si arrivò all’episodio 25.
Come ho detto prima, Neon Gienesis Evangielion è composto da 24 puntate e 2 crimini contro l’umanità (il capo d’accusa è genocidio di aspettative). Dopo tutto ciò che viene costruito durante la serie, sembra che gli autori si ritrovarono semplicemente a corto di idee e decisero di adottare uno stratagemma letterario/cinematografico ben noto: il fare un finale puramente introspettivo e psicologico, tutto fondato su simbolismi e significati celati. Questa scelta in alcuni casi funziona, vedi Fight Club (libro), ed in sé come scelta non sarebbe stata male, se stessimo parlando di una serie totalmente diversa.
Al tempo ricordo che ci rimasi malissimo, un trauma che tuttora mi accompagna; non ero però il solo, dato che le critiche piovvero da ogni dove. Fu allora che Anno realizzò qualcosa che avrebbe segnato il resto della vita della sua opera: poteva fare un finale alternativo.
Così, pochi anni dopo uscirono Evangelion: Death & Rebirth, che riassumeva le prime 24 puntate della serie, e The End of Evangelion, che doveva dare il finale “vero” alla serie, se non fosse che anche questo lasciava aperti interrogativi di vario genere ed era a tratti confuso ed inspiegabile (per quanto però fosse ritornato ad avere scene di azione decenti ed in generale fosse un milione di volte meglio dell’abominio che erano le ultime due puntate). Ah, inoltre MTV non li trasmesse mai, per cui mi ci vollero mesi di ricerche su internet per trovarli sottotitolati.
Anno però non era soddifatto, così iniziò con gli spin-off: che ne dite di Evangelion Iron Maiden, la versione shojō della storia? E di una versione school-life in cui gli Eva non sono robot ma armi tipo pistole o lance?
E poi semplicemente scelse di ricominciare tutto, con 4 film nuovi di zecca che dovevano cambiare un po’ la trama (magari spiegandola meglio) ed invece finiscono per renderla ancora più assurda e sconclusionata (per quanto il quarto non sia ancora uscito e non so se mai uscirà).
La sensazione rimastami è che semplicemente si trattasse di un progetto troppo ambizioso e complicato e che alla fine l’autore si sia trovato tra le mani con un intreccio insbrogliabile anche per lui.
Da qui nasce il mio rapporto di amore ed odio con Evangielion: è un’opera magistrale, capace di sperimentare e di innovare spingendosi in campi dove l’animazione fino ad allora si era tenuta alla larga; è anche un intrattenimento di alta qualità e non solo per l’azione: è di quelli che ti fa sentire i conflitti e le insicurezze dei personaggi nel profondo, per quanto possano sembrare insopportabili a volte, e alla fine ti lascia sempre quel senso di amarezza ed inevitabilità, come a voler farti capire che combattere per salvare il mondo non è bello, non è eroico e non risolve i tuoi problemi personali e che infine anche i rapporti più naturali, come quello tra padre e figlio, possono estraniarsi e deteriorarsi fino ad un punto di non ritorno.
Questa visione profonda e malinconica è forse anche più interessante e cruciale del successo di Evangelion di quanto non lo sia stata una cosmologia tanto complessa quanto confusa e che tutt’oggi non ha una vera conclusione.