Recensione
Una tra le tematiche più trattate nel nuovo immaginario della letteratura distopica è quello dei social network e di come possano controllare e deviare una società, un sentore che ovviamente è presente anche nel Paese del Sol Levante.
Real Account (リアル アカウント) si inserisce in questo contesto, cercando di associare questo nuovo trend con uno molto popolare da un paio di decenni, ovvero quello dei death game, quella specie di giochi interattivi in cui i partecipanti rischiano la vita (gli appassionati di giochi da tavola come me probabilmente staranno pensando a Room 25).
Uscito nell’aprile 2014 in Giappone e portato ora in Italia da Star Comics (che gentilmente ci ha concesso di avere una copia in anteprima), Real Account è scritto da Okushou, disegnato da Shizumu Watanabe e si ambienta in un mondo in cui i principali social network si sono riorganizzati in un’unica enorme piattaforma il cui nome dà il titolo al manga stesso.
Trama
Tramite Real Account (abbreviata in ReAc) il protagonista, Ataru Kashiwagi, ha costruito una sua identità virtuale e spende la maggior parte del suo tempo rinchiuso in questa realtà fittizia.
Ataru nel mondo reale è un orfano sedicenne piuttosto introverso e che mantiene come unico legame affettivo il suo rapporto con la sorella minore. Vergognandosi della sua situazione di orfano squattrinato, infatti, evita di intraprendere qualunque relazione, rifugiandosi nell’identità che si è costruito su ReAc.
Un giorno improvvisamente diecimila persone, tra cui Ataru stesso, vengono come risucchiati all’interno dei propri cellulari e si ritrovano in una sorta di set per un gioco a premi, al cospetto di Marble, la mascotte di Real Account.
L’inquietante Marble spiega loro che ha rinchiuso le menti degli ossessionati da ReAc all’interno del mondo del social network stesso e che dovranno partecipare ad un gioco in cui la sconfitta significa non solo la morte del partecipante, ma anche di tutti i suoi follower. Inoltre tutto il gioco sarà trasmesso in diretta nel mondo reale, così che tutti possano osservare quello che sta succedendo e comportarsi di conseguenza.
Da qui in avanti il manga presenta una serie di prove a cui i partecipanti dovranno sottoporsi; parlerò delle prime due che appaiono nel primo volume, per cui chi non volesse spoiler salti i prossimi paragrafi.
[SPOILER] Le sfide
Inizia la prima sfida (che si protrarrà per tutta la durata del gioco): tutti coloro che arriveranno a 0 followers moriranno; Marble infatti sostiene che nonostante tutti i presenti possano vantare un gran seguito virtuale, nessuno, a parte familiari e fidanzati, rappresenta un vero legame e quindi di fronte al rischio di morire si tireranno tutti indietro, abbandonando il partecipante.
Come previsto dalla macabra mascotte,il seguito di molti presenti si azzera e lo stesso Ataru, fino a poco prima così convinto della genuinità dei suoi rapporti online, vede il numero di suoi followers ridursi da più di mille ad uno, sua sorella.
La seconda sfida si basa di nuovo su un disagio sociale evidenziato dalle identità virtuali: qual è la considerazione che ogni persona ha del suo stesso aspetto fisico? Su internet, per chiunque è semplice migliorare il proprio aspetto tramite filtri, effetti e fotoritocchi, ma alla fine qual è la verità ai nostri occhi ed a quelli degli altri?
Questo è il quesito posto da Marble agli sfortunati partecipanti, costretti ad indossare una pettorina con un simbolo che indica come ritengono essere il proprio aspetto esteriore tra brutto, normale e bello. Ignari della scelta, cinque giudici (scelti tra i partecipanti stessi, ma costretti a votare con sincerità dalla minaccia di morte in caso di menzogna) valuteranno uno ad uno gli sfidanti, che verranno condannati se il giudizio degli altri sarà differente da quello che si sono autoattribuiti.
La struttura narrativa di Real Account appare quindi chiara: un capitolo dopo l’altro, una prova dietro l’altra, gli sfidanti saranno costretti sempre più a guardare in faccia quella realtà da cui fuggivano rifugiandosi su ReAc, dove tutto, aspetto, amicizie, fama, è fittizio.
La fortuna di storie come queste non si basa tanto, o soltanto, sulla natura delle prove stesse e sui significati che vi si possono trovare, ma soprattutto sulla tensione che ognuna di esse riesce a creare, sfruttando un processo di identificazione con i personaggi piuttosto immediato (chi di noi infatti può dire di essere del tutto estraneo alla “realtà virtuale” dei social network?).
I disegni
Per quanto riguarda il comparto grafico, i disegni di Shizumu Watanabe sono piuttosto standard per questo tipo di manga shōnen simil-realistici (e che personalmente mi ha ricordato molto il tratto di Takeshi Obata in Bakuman), per quanto il character design di Marble meriti una menzione a parte: si tratta infatti del tipo di personaggio estremamente inquietante per il suo aspetto paradossalmente amichevole e sorridente, un po’ come l’Uomo Marshmallow.
Nel complesso si tratta di un manga decisamente orientato ad un pubblico più giovane, ma che riesce ad essere avvincente anche per occhi più adulti grazie a tematiche molto attuali e chiavi di lettura non scontate.
Nerdando in breve
Real Account è un manga che unisce due tòpos della distopia letteraria: i social network pervasivi ed i death game. In esso Ataru, ragazzo orfano e internet-dipendente, e migliaia di altre persone vengono rinchiuse nel mondo dentro ReAc, il social network che governa le loro vite, dove dovranno affrontare una serie di crudeli sfide, il cui fallimento significa la morte per il partecipante e per tutti i suoi followers.
Contenuti