È l’anno 2008 e da qualche anno in Francia e nel resto d’Europa si sta affermando una nuova e spettacolare disciplina di strada: il parkour. I social network sono pieni di video di ottimi, aspiranti e/o goffi praticanti ed i videogiochi iniziano ad attingere ad alcuni suoi principi e movimenti, fino all’arrivo del primo Mirror’s Edge. Il mondo del parkour viene trasportato su console e PC con un action platform particolarmente innovativo, incentrato e sviluppato su un’esperienza di gioco in prima persona.
A quasi dieci anni dalla sua prima incarnazione Mirror’s Edge torna con Catalyst. La protagonista è sempre Faith: appena uscita di prigione, la runner rifiuta di uniformarsi alla distopica ed iper controllata società di Glass City per tornare alla sua vecchia vita sui tetti della città. Reintegrata nella comunità dei runner, riprenderà la sua lotta alle mega-corporazioni, questa volta rappresentate dalla Kruger Holding, rubando e scambiando informazioni riservate. L’anima del gioco è rimasta la stessa: un action platform adrenalinico, veloce senza mai essere troppo frenetico, in cui fare parkour in prima persona per portare a termine le varie missioni disseminate in città e completare la storyline principale. Le novità più importanti di Catalyst sono in realtà dei cliché dei titoli di ultima generazione: open world e sistema di sviluppo del personaggio. Questa volta le sommità di Glass City sono interamente esplorabili e forniscono missioni secondarie utili per fare punti esperienza ed aumentare così le abilità di Faith, inoltre ci sono zone in cui è possibile sfidare il cronometro come nei time attack del primo titolo, ma stavolta i tempi da battere non saranno determinati dagli sviluppatori bensì dalle migliori performance dei giocatori online. Anche il sistema di combattimento è cambiato: abbandonate le armi da fuoco, viene privilegiato lo sviluppo degli scontri corpo a corpo da affrontare con spirito tattico; è importante cercare di sfruttare al massimo il posizionamento dei nemici e l’ambiente circostante ed evitare o minimizzare gli scontri quando è possibile. La parte di corsa e parkour, l’essenza del gioco, è invece rimasta fondamentalmente invariata: seguendo un percorso, gli elementi con cui è possibile interagire vengono evidenziati con un rosso acceso, mentre tutte le pareti sulle quali si può correre o ci si può arrampicare sono poco discretamente “decorate” da impronte di scarpe.
Quel che manca clamorosamente in Catalyst è la forza innovativa che caratterizzava il suo progenitore: l’idea di prendere un sparatutto in prima persona e sostituire le sparatorie con il parkour era talmente folle e geniale da risultare vincente. Pur essendo un titolo molto ben realizzato in tutte le sue parti, adrenalinico, divertente e stimolante, le novità introdotte non riescono a farlo emergere dalla massa per entrare nell’elite di questa generazione. L’introduzione del free roaming è interessante, ma rischia troppo spesso di distogliere l’attenzione dalla trama principale e rende alla lunga prevedibili e ripetitive le parti di parkour. I combattimenti corpo a corpo aggiungono molta adrenalina all’azione, ma spezzano il ritmo delle parti acrobatiche e non contribuiscono in nessun modo ad aumentare lo spessore del gameplay. Mirror’s Edge Catalyst rimane comunque un titolo valido e ben realizzato, che ha mantenuto intatta la sua anima e può fornire svariate ore di gioco adrenalinico e pieno d’azione, un acquisto azzeccatissimo per gli amanti degli action game.
Ringrazio Electronic Arts per il titolo.
Nerdando in breve
Adrenalina, corsa, parkour e tanti schiaffi in un futuro distopico dominato e controllato da mega corporazioni.
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