Come tutti voi sapete, a meno che non abbiate vissuto sotto una pietra, da un paio d’anni a questa parte la Marvel ha iniziato a creare un universo condiviso tramite film e serie tv. In tv il primo prodotto del Marvel Cinematic Universe è stato Agents of S.H.I.E.L.D. dedicata all’agenzia spionistica che perde almeno un Helicarrier a film, poi Agent Carter, dedicata alla fidanzata di Capitan America. Due serie normali, tranquille e abbastanza nerd ma nulla di cui strapparsi i capelli. Ad aprile è iniziata quella che può essere considerata la seconda fase del MCU sul piccolo schermo con Daredevil prodotto da Netflix.
Il 20 novembre invece ha debuttato la seconda serie Marvel prodotta da Netflix: Jessica Jones. Al che praticamente tutti voi, tranne i nerd all’ultimo stadio come me, avrete detto: e sticazzi? Chi è Jessica Jones? Che fa? Di chi è la figlia? (Ok quest’ultima domanda la fanno solo in Abruzzo).
Ora, con la serie già uscita e disponibile per tutti, ci saranno molte più persone che sanno le risposte a queste domande. Io invece ho finito questa settimana la serie, perché non riesco a fare le maratone come una volta.
Partiamo con ordine: Jessica Jones è il nome del personaggio principale della serie a fumetti Alias, uscita quasi 14 anni fa (ahimè come passa il tempo), ad opera di Brian Bendis e Michael Gaydos.
Si, ma in sostanza di che parla Alias/Jessica Jones? Quant’è diversa la serie dal fumetto?
Allora, Alias parla di Jessica Jones, supereroina in pensione che ha aperto un’agenzia investigativa (chiamata appunto Alias) a New York dove sono tutti gli altri supereroi Marvel.
Tutti i numeri della serie, tutti e 28 disegnati da Gaydos con solo qualche aiuto di Mark Bagley per qualche flashback, raccontano da un angolo diverso, più reale e forse un po’ squallido l’universo Marvel, con numerose guest-star e qualche connessione ad altre serie (primariamente il ciclo di Daredevil dello stesso Bendis).
Alias fu la prima serie Marvel ad uscire sotto l’etichetta MAX – etichetta durata poco ma molto importante – in cui la Marvel provava a fare storie più adulte, senza problemi di censura. Questo significa che la serie affrontava tutti gli argomenti in maniera più matura e realistica di quanto si fosse mai visto.
Per la prima volta, in Alias i supereroi diventavano quasi tutti estremamente umani. Nella serie succedono una catena di eventi che normalmente non vediamo. Niente di troppo scabroso, ma ad esempio ad un certo punto Jessica va in un ristorante con Carol Danvers (o Ms. Marvel/Binary/Warbird/Capitan Marvel, fate voi) e le due spettegolano di chi è andato a letto con chi tra i vari supereroi. Argomento che non è mai stato troppo sviscerato, purtroppo.
Qui vi farò un piccolo elenco di cose che ci sono nel fumetto ma che non ho visto nella serie tv: Jessica impreca come uno scaricatore di porto, fuma costantemente sigarette, si ubriaca più spesso che nella serie tv, si scopa due supereroi e con uno dei due ha probabilmente sesso anale, Capitan America ha una tresca con una tizia e Jessica riprende tutto su una videocamera, Carol Danvers diventa una stronza quando ha il ciclo, Jessica per investigare si finge un uomo in una chat gay (e incontra uno con il nick ‘Ano bollente’), da ragazzina ha una cotta per il compagno di classe Peter Parker (si, quel Peter Parker) e si masturba con una foto della Torcia Umana.
Basta questo piccolo elenco per chiarire perché Alias fu una serie di rottura e irripetibile (ve la immaginate la Disney approvare una serie del genere oggi?). Chiaramente non è solo perché ci sono le parolacce e si parla di sesso. Anche se questo aiuta.
Alias è il fumetto perfetto di Bendis. Per chi non lo sapesse, Bendis ha una stile molto particolare, ed è l’autore più simile a Tarantino che lavora sui fumetti. Questi significa che Alias è pieno di dialoghi, anche insignificanti rispetto alla storia principale. Un po’ come l’inizio di Le Iene.
Inoltre Bendis chiede agli artisti di strutturare le vignette in maniere poco convenzionali e con abbondanza di splash page, cosa che ve lo farà odiare profondamente se leggete qualche sua serie su un tablet.
Gaydos ai disegni asseconda bene le sceneggiature e non si inventa niente di strano. Di contro, i combattimenti sono tutti molto statici, ma tanto Bendis li ha sempre scritti male, quindi chissene. Stranamente pure nella serie tv i combattimenti sono un po’ mosci, quando si dice essere fedeli alla fonte.
Alias fin da subito sembrava una serie trasportabile in tv (d’altronde Bendis scrive in maniera molto cinematografica) e in effetti l’idea c’era già da un paio d’anni. Melissa Rosenberg (di cui tutti vogliamo dimenticare Twilight) aveva proposto l’idea già nel 2010. Qualche anno dopo e dopo un cambio di produzione, la serie su Alias effettivamente arriva, sempre supervisionata da Rosenberg, ma questa volte grazie a Netflix e al suo progetto di universo Marvel urbano.
Rispetto al fumetto cambia innanzitutto il nome: via Alias, per non pensare a quella serie di J.J. Abrams con Elektra/Jennifer Garner ed ecco Marvel’s Jessica Jones. Per il resto il concetto è lo stesso, cioè investigatrice privata sboccata e coi superpoteri.
La maggior parte delle storie del fumetto sono di fatto intraducibili in tv perché troppo legati ad altri personaggi e a fatti non presenti finora nel MCU. La serie quindi ruota attorno all’unico ciclo di storie della serie Alias che si poteva adattare, l’ultimo, quello relativo all’origine di Jessica Jones. Scelta ovvia ma giusta perché spiega e inquadra il personaggio.
Jessica è interpretata da Krysten Ritter, molto credibile nei panni scazzati della protagonista. Cambia di poco il contesto, perché il Marvel Cinematic Universe non ha alcuni dei concetti dell’Universo Marvel tradizionale, come l’odio per i mutanti o la droga che ti da i poteri.
Cambia l’amica del cuore di Jessica: via Carol Danvers, ormai lanciata verso il suo film nel 2019 e al suo posto Trish “Patsy” Walker, nota a me e ad altri tre nerd come Hellcat. Nella serie Trish, interpretata da Rachel Taylor, è una star radiofonica ed ex star bambina con tanto di madre orribile, più o meno come nei fumetti. Non è ancora Hellcat (personaggio dal gran costume), ma chissà in futuro.
Compare anche per la prima volta Luke Cage, che l’anno prossimo avrà la sua serie Netflix. Io adoro Cage e Mike Colter è grande e grosso abbastanza da renderlo credibile. Sono ufficialmente in hype per la sua serie.
Sia la saga a fumetti e la serie tv hanno come cattivo principale l’Uomo Porpora, o Killgrave, interpretato da David Tennant (o il Decimo Dottore, fate voi). Prima di tutto, Tennant è mostruoso. Killgrave nei fumetti è quasi sempre stato un personaggio in bilico tra il ridicolo e il perverso, con il potere di controllare le menti tramite la sua voce. Tennant lo rende un cattivo spaventoso e credibile, forse l’unica risposta Marvel al Joker. I confronti tra lui e Jessica, sopratutto all’inizio della serie, sono da brividi.
Killgrave è semplicemente un maniaco, non ha altre ambizioni o scopi. Tramite i suoi poteri fa quello che vuole, tipo zittire tutto un ristorante perché è disturbato dal casino (e ho preso un esempio banale). Tra lui e Kingpin, Netflix è riuscita a creare due cattivi coi fiocchi, mentre al cinema stiamo ancora dietro alle faccette di Loki.
Detto questo, la storia in sé è forse troppo esile per tirare avanti. Già dopo il primo episodio Jessica Jones cala quasi tutti gli assi, inclusa l’identità del villain e la relazione tra lui e Jessica. Personalmente avrei preferito due/tre episodi d’introduzione per poi concentrarsi sulla storia principale.
Invece le serie parte in quarta, scopre quasi tutto abbastanza presto e arriva alla fine col fiatone, inanellando intorno agli episodi 9 e 10 una serie di momenti di rara stupidità per allungare la storia. E non fatemi nemmeno commentare la sottotrama relativa a Jeri Hogarth (un’invecchiata Carrie-Ann Moss) e il suo lesbi-divorzio (una coppia lesbica! Guarda quanto siamo moderni e cool!).
Nonostante la storia zoppichi in qualche punto, l’atmosfera è azzeccata, prendendo in pieno il mood della serie (al netto di un minor turpiloquio e del divieto di fumo). La New York di Jessica Jones è una metropoli grande, vasta e variegata. Siamo nello stesso universo dei Vendicatori (non riesco a chiamarli Avengers) ma siamo lontanissimi da quel mondo. Daredevil è molto più claustrofobico al confronto.
Il vero punto forte sono le iterazioni tra i personaggi. Se il rapporto tra Jessica e Killgrave è il fulcro totale della storia ed è quello più disturbato, quello tra Jessica e Trish è il rapporto meglio definito e meglio raccontato. Le due sono credibili come amiche/sorelle e si completano alla perfezione.
Allo stesso modo la storia tra Jessica e Luke è realistica per quanto lo possa essere una storia tra una tipa superforte e un tizio dalla pelle indistruttibile. Anche con i personaggi minori, come i vicini (tutti insopportabili), l’avvocato e il poliziotto Simpson (che è una citazione, non dei cartoni animati omonimi, ma di Nuke, creato da sua maestà Frank Miller per il gran finale di Daredevil: Rinascita) i rapporti umani sono sempre ben rappresentati.
Marvel’s Jessica Jones è una gran serie, probabilmente meno pirotecnica di Daredevil, ma c’entra anche il fatto che il personaggio alla base è troppo recente per avere lo spessore del Cornetto. La storia sbanda qua e là, ma è comunque un prodotto fedele alla fonte originale e che intrattiene. Da fan dei fumetti e del fumetto originale sono rimasto molto soddisfatto e ne voglio di più e se anche una spettatrice neutra come la mia fidanzata ha apprezzato, direi che Netflix ha fatto centro di nuovo. Ora aspettiamo la seconda stagione di Daredevil e Luke Cage per continuare l’invasione Marvel anche in tv.