Chissà se, scrivendo un libro immortale o girando un film destinato a diventare un cult, l’autore si renda conto di stare realizzando un pezzo di Storia. Probabilmente no, si limita a dare il meglio di sé sperando che l’opera venga apprezzata. Chissà, quindi, se nel 1972 Marvin Glass e Associati, mentre realizzavano la prima edizione di quello che sarebbe poi diventato Brivido, sono stati sfiorati dal pensiero che il loro gioco da tavolo sarebbe rimasto nella Storia del boardgame e nella memoria di milioni di bambini. Chissà se si aspettavano che il loro gioco, dalla meccanica così semplice ed estremamente basato sulla casualità, sarebbe riuscito a conquistare schiere di appassionati e che, a distanza di più di trent’anni, sarebbe diventato uno degli oggetti più spasmodicamente ricercati dai collezionisti. Voi ve lo ricordate? Per quanto mi riguarda, è stato un elemento fondamentale della mia infanzia: ci ho giocato fino a consumarlo e ancora adesso lo ricordo con affetto.
Prima di cedere, inevitabilmente, alle memorie personali, vi propongo però una breve cronistoria di Brivido, per presentarlo a quei pochi che non ne hanno mai sentito parlare e scoprire come casualmente, a volte, nasce un cult immortale. La genesi di Brivido, in realtà, è più lunga di quanto si potrebbe immaginare: il gioco non è nato con questo titolo, per esempio, né con una così spiccata ambientazione horror. Inizialmente, infatti, il gioco si intitolava Which Witch? (da noi tradotto in Castello Incantato). In questa prima veste, la creazione presentava già molte delle caratteristiche che avrebbero reso celebre Brivido: la plancia di gioco ripartita in quattro sezioni (a rappresentare ciascuna una stanza), il sistema di gameplay a percorso obbligato, l’elemento casuale preponderante e i famosi trabocchetti. La caratterizzazione, però, utilizzava una grafica fumettosa e colorata, decisamente lontana dall’atmosfera di terrore che tutti noi ricordiamo. Poi finalmente, nel 1985, gli autori realizzavano un restyling del gioco, scegliendo di dare una veste decisamente più dark alla plancia e agli ambienti: nasceva Brivido. In Italia il gioco viene distribuito dalla celebre e compianta MB e diventa rapidamente uno dei più apprezzati boardgame dell’epoca. La semplicità di gioco e la caratterizzazione tetra e spettrale, insieme ad un’accurata e precisa realizzazione dei componenti rendono Brivido irresistibile e lo lanciano nell’Olimpo dei giochi da tavolo.
Da bambina ero una grande consumatrice di boardgame: ne avevo (e ne conservo tuttora) davvero tantissimi. Brivido, però, ha da sempre occupato un posto speciale nel mio cuore. Come molti bambini, ero attratta dalle storie di paura e dalle atmosfere spettrali e il primo sguardo alla plancia di gioco di Brivido ha provocato in me un innamoramento a prima vista. Ricordo che ad affascinarmi maggiormente non era il gioco in sé, né la meccanica ma erano le immagini scelte per decorare la plancia. Le illustrazioni del tabellone sono tra le più accurate e dettagliate che abbia mai visto e, negli anni, le ho scrutate centimetro per centimetro, fino ad impararle a memoria. Non è stata una sorpresa, tanti anni dopo, quando ho riaperto la scatola per scrivere questo articolo, scoprire che ricordavo perfettamente tutti i dettagli grafici. Il tabellone di Brivido è composto da quattro stanze, che rappresentano gli ambienti che compongono un castello infestato. Ogni giocatore (massimo quattro) deve attraversare tutte le camere, seguendo un percorso obbligato ed evitando i trabocchetti disseminati lungo l’itinerario, fino a raggiungere la cima della torre centrale, per chiudere la bara e vincere così la partita. Gli spostamenti di ogni giocatore sono determinati da una ruota che ognuno fa girare all’inizio del proprio turno. In questo modo, le opzioni possibili sono estremamente limitate e vincolate dal risultato (del tutto casuale) contenuto nello spicchio di ruota indicato. In ogni turno, quindi, si potrà avanzare (il numero di passi verrà deciso da un lancio di dadi e sarà, di conseguenza, compreso tra un minimo di uno e un massimo di sei), risultare terrorizzati e quindi perdere un turno, oppure far rotolare il teschio stregato all’interno della torre. In quest’ultimo caso, il teschio farà scattare (sempre in modo casuale) uno dei trabocchetti nascosti, travolgendo così la pedina dello sfortunato giocatore che si troverà a sostare nei pressi della trappola. Come si capisce subito, si tratta quindi di un gioco estremamente semplice e intuibile, che permette quindi di tuffarsi immediatamente nell’avventura. Il primo ambiente che ci troveremo ad attraversare è esterno al castello e rappresenta una sorta di foresta incantata e malefica. Da bambina, era questa la sezione che mi terrorizzava di più, per la presenza dell’enorme albero famelico e terrorizzante che decora quest’area del gioco. Il tranello nascosto, in questo primo caso, si trova sulla porta di collegamento con la stanza successiva ed è rappresentato da un’armatura incantata che, se colpita dal teschio stregato, lascia cadere la sua pesante ascia sul malcapitato personaggio. Se si riesce a superare incolumi il passaggio, si arriva nel salone, che era anche, all’epoca, il mio ambiente preferito di tutto il gioco. L’area, un ambiente lussuoso decorato da tappeti rossi e parquet, è denominata anche “stanza del fantasma”, per via dell’enorme e spaventoso spettro che si può notare sul muro. Anche se, osservando con attenzione, si vede subito che non è l’unico ectoplasma presente in questa sezione, nella quale i giocatori dovranno stare attenti al pavimento traballante che, se azionato dalla caduta del teschio, li farà cadere e li costringerà ad indietreggiare. Da qui si accede alla cantina, abitata da giganteschi e spaventosi pipistrelli e da un inquietante scheletro, pronto ad animarsi e travolgere il giocatore che sosti nelle sue vicinanze. L’ultima stanza è una sorta di prigione, nella quale spicca sul muro l’ombra di un’enorme mano minacciosa. In questa sezione sono presenti le scale che conducono alla cima della torre e, nel percorrerle, bisognerà stare attenti a non essere travolti dalla caduta del teschio.
La forza del gioco, se non lo si fosse già capito dal mio panegirico, è nei dettagli grafici, in grado di trasmettere un autentico senso di inquietudine e di catapultarci immediatamente nello spirito del gioco. A proposito, se volete tuffarvi nei ricordi e assaporare le sensazioni che il gioco regala, potete dare uno sguardo al nostro album fotografico.
A distanza di anni, comunque, Brivido conserva immutato, se non addirittura aumentato, il suo fascino e, se avete la fortuna di possedere ancora la vostra copia, vi consiglio di tenervela stretta e magari provare a rigiocarlo: vi assicuro che, anche da adulti, resta un’esperienza divertente e appassionante. Inoltre, la semplicità delle dinamiche di gioco e la velocità delle partite continuano a renderlo il gioco perfetto per trascorrere una mezz’ora in allegria. Io, ora che sono riuscita a conquistarmi una copia in quasi perfette condizioni, di sicuro continuerò a conservarlo gelosamente e a rigiocarlo di tanto in tanto.
Vi lascio con una piccola curiosità: nel 1986, solo in Inghilterra e Germania, uscì una versione particolare del gioco, ispirata ai Ghostbusters. L’edizione venne distribuita con il titolo “The Real Ghostbusters – The game” ed era, sostanzialmente, identica alla versione che noi conosciamo, ma le illustrazioni utilizzavano le immagini ufficiali del famoso cartone animato (altro cult della mia infanzia, magari ne parleremo in un’altra occasione). L’unica differenza con Brivido era l’introduzione di un mazzo di carte per determinare le azioni, reminiscenza di “Castello incantato”. Come potrete immaginare, si tratta di una versione estremamente rara ed introvabile in Italia: a questo punto, è ufficialmente aperta la caccia.