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La Grande Odalisca: Di rapine, francesi e fumetti

La copertina di

La copertina di “La Grande Odalisca”

Bisogna uscire allo scoperto: quanti di voi amano i francesi?

Su, su non fate i timidi. Alzate le mani.

Come? Così pochi? Beh, non posso darvi torto.

Tempo fa un mio amico (olandese), parlando dell’integrazione europea, mi ha detto che secondo lui ci sono tre cose che uniscono gli europei: l’Eurovision, la Champions League e l’odio per i francesi. Non mi è venuto in mente da controbattere.

Ma perché i francesi sono così odiati?

Non sta a me dare una risposta a questa domanda complessa, ma penso che c’entrino lo sciovinismo e l’arroganza che hanno da sempre in francesi, con la loro mania di grandeur e il costante francesizzare tutto (l’ordinateur? Ma scherziamo). Forse sono i soliti stereotipi, forse no.

Comunque una cosa è certa, piaccia o meno i francesi fanno i fumetti più belli del mondo (anche grazie ai belgi, ma ovviamente questo non si dice). Non ci sono supereroi o adolescenti depressi che tengano, la Francia è la terra promessa dei fumetti, per qualità, varietà, cura delle edizioni e considerazione.

Tutta questa premessa per parlare di un fumetto uscito ormai un annetto fa, ma che io, con la mia consueta velocità, ho preso la settimana scorsa durante la gloriosa Pescara Comix (tirando anche sul prezzo perché sono un signore). Il fumetto si chiama La Grande Odalisca ed è un’opera di Bastien Vivès insieme al duo Ruppert & Mulot.

Il primo è un autore lanciatissimo che ha scritto un fumetto praticamente muto (Il Gusto del Cloro) che sembra quasi disegnato e colorato usando Paint (si tratta comunque di un gran fumetto) oltre ad una specie di manga in cui tutti si menano (Last Man). Gli altri due, mi informa la copertina del volume gigante Bao, sono due stelle di prima grandezza del fumetto indipendente. Internet mi conferma che hanno pubblicato un paio di fumetti anche in Italia per case editrici da radical-chic. Di più non so.

Tornando all’opera in questione, la trama è semplice: una coppia di ladre vengono incaricate di rubare il quadro La Grande Odalisca di Ingres dal Louvre (chissà perché quel quadro). Reclutano una terza collega e cercano di farlo. Fine.

Aspettate, un trio di ladre? Belle e discinte? Dove l’ho già sentito?

Originalità a parte, la storia è comunque interessante, ma si perde in un bicchier d’acqua. Innanzitutto sui personaggi. Sono abbozzatissimi. Carole è quella triste con le tette, Alex è quella spensierata che scopa, Sam è quella nuova. I personaggi sono davvero tutti qui. Un po’ poco, soprattutto se non bilanci focalizzando sul furto. Cosa che non viene fatta.

Il furto passa in secondo piano, non si capisce bene qual è il piano finché non attuano il colpo. La preparazione è pochissima. Nel mentre, le tre fanno anche in tempo a diventare signore della droga in Messico (???) liberando il loro fornitore di armi. Un intermezzo che ha come unico scopo farci vedere le protagoniste in bikini e far divertire una delle tre (indovinate voi quale).

In tutto questo restano oscure le motivazioni di tutti personaggi e i loro dubbi. Si capisce che Alex e Carole sono amiche da una vita (ci viene anche mostrato come si incontrano nell’epilogo) ma non si capisce perché Carole è sempre col broncio né come hanno fatto a diventare ladre professioniste. E non si sa niente del ricettatore Durieux, che potenzialmente era interessante.
E allora bocciato su tutta la linea? Beh, no.

A fare da contraltare a questi lati negativi ci sono i disegni. Nonostante l’aria da Paint che si respirava in Il Gusto del Cloro (cosa comunque legata ai colori), Vives è un bravo disegnatore. Nelle altre sue opere, il disegno è basato su una linea continua, aggiornando la lezione di Hergé e la sua línea clara. Non so se per via dei collaboratori, ma qui lo stile è un tantino diverso, con molti particolari negli sfondi (nelle due scene nei musei, o nell’epilogo) e colori che completano benissimo il disegno essenziale. Ma le linee sono tutte spezzate e i colori pastello quasi fanno pensare a quadri impressionisti (d’altronde sono quadri impressionisti quelli che vogliono rubare). I bei disegni, per quanto non convenzionali, sono amplificati dall’edizione gigante della sempre ottima Bao.

Inoltre, le scene d’azione sono realizzate benissimo, molto realistiche e divertenti. Il furto al Museo d’Orsay è un’ottima scena che mischia alla perfezione azione e comicità. Il finale al Louvre è degno di film di Hollywood, con botti e sparatorie. Tranne che il finale non è quello solito da film hollywoodiano.

Il finale, senza dare spoiler, è un po’ affrettato, non chiude niente e lascia più di un dubbio. Se non altro, pare che ci sarà un seguito, perché in Francia è stato un volume campione di vendite. Quindi non mi pronuncio di più, ma attendo di capire se e come proseguirà.

Insomma, ora dovrei dirvi se vale la pena spenderci soldi o meno. Diciamo che la risposta è: dipende. Da che dipende? Da cosa interessa. Se siete appassionati di storie di furti, Ocean’s Eleven è il vostro film preferito (c’è anche gente a cui piace oh, che vi devo dire), state progettando di rubare le Gioconda e vi serve ispirazione, allora non è il fumetto per voi perché è deludente sotto questo punto di vista. Se invece vi piacerebbe leggere una storia leggera, ben disegnata e diversa dal solito (a meno che non siete lettori di BD abituali) da parte della next big thing francese, allora sì. Comprate e leggete.

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